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Informa
di pensiero alternative più sane
da incentivare nel bambino,
grazie ad un’educazione che
aiuti lo sviluppo di un locus of
control interno, che faccia speri-
mentare a piccole dosi la frustra-
zione ed insegni a gestirla, che
promuova un atteggiamento di
tolleranza anche verso chi agi-
sce in modo scorretto, cercando
delle risposte diverse dalla rab-
bia e dall’aggressività fini a se
stesse e che disincentivi la ten-
denza a procrastinare, ossia a ri-
mandare le difficoltà semplice-
mente proiettandole nel futuro.
Anche l’aspetto esteriore è un
elemento su cui la persona può
intervenire. La cura del proprio
modo di apparire può divenire
un elemento di forza affinché il
bambino timido riesca ad uscire
da quel senso di trascuratezza
che il più delle volte nella timi-
dezza si associa all’autosvaluta-
zione secondo una relazione di
tipo circolare. Trascuratezza ed
autosvalutazione si alimentano
a vicenda creando un circolo vi-
zioso che può venire interrotto
nel caso in cui il bambino inizi a
curarsi del proprio look e venga
per questo ricompensato social-
mente.
Un ulteriore suggerimento che
arriva da Zimbardo per uscire
dalla timidezza sprona la perso-
na timida a divenire il proprio mi-
gliore amico. Come sottolinea
Ianes ciò è da considerarsi in ter-
mini di una rivalutazione della
solitudine, nella quale l’individuo
può trovare se stesso. Stare be-
ne con se stessi diviene, secon-
do questa visione, un indicatore
di forza e di stabilità mentale ed
incentiva a rivalutare se stessi
come compagni e persone con
cui vivere. Questo sesto “passo”
è da vedersi come strettamente
collegato alla terza strategia, se
si pensa che è finalizzato al mi-
glioramento dell’autostima della
persona.
L’ultimo suggerimento riguarda
le abilità sociali. Per il timido una
linea di miglioramento persona-
le consiste nell’imparare a poco
a poco cosa fanno e come si
comportano le persone non ti-
mide. L’osservazione delle abi-
lità sociali e l’esercitazione delle
stesse, non solo tramite l’imita-
zione, ma anche grazie a dei
programmi strutturati quali il gio-
co di gruppo e le simulazioni,
permettono lo sviluppo di quelle
competenze che risultano di
fondamentale importanza per
uscire con successo dalla chiu-
sura della timidezza (si pensi ad
esempio ai comportamenti as-
sertivi).
A conclusione dell’intervento Ia-
nes si è soffermato su qualche
breve riflessione di approfondi-
mento degli atteggiamenti edu-
cativi che prevengono e contra-
stano la timidezza. Agli insegnan-
ti ed ai genitori suggerisce di :
- far sperimentare ai bambini il
contatto fisico sicuro: toccare e
tenere con forza e sicurezza l’al-
tra persona è uno dei modi per
stabilire una relazione di fiducia
che permette di far crescere
senza problemi di timidezza;
- parlare e lasciar parlare: in
questo modo viene acquisita la
capacità di espressione, il più
delle volte problematica nella
persona con tendenza alla chiu-
sura;
- amare il proprio alunno/figlio
incondizionatamente: amare
con un atteggiamento che dia
valore e sicurezza alla persona
indipendentemente dalle sue
prestazioni;
- educare tramite una disciplina
che abbia a fondamento delle
regole: la fermezza da parte del
genitore e dell’insegnante aiuta
il bambino a sperimentare e a
superare quelle frustrazioni che
normalmente si presentano nel
corso della vita;
- insegnare la valorizzazione del-
le diversità (ad esempio etnico-
razziali);
- dare fiducia: accettare il fatto
che il bambino debba affronta-
re (soprattutto per il suo bene)
dei rischi e delle difficoltà;
- disincentivare l’utilizzo di eti-
chette linguistiche per la valuta-
zione degli altri: Ianes sottolinea
come questo suggerimento ri-
guardi non solo il livello linguisti-
co, ma anche quello relativo
agli atteggiamenti. Un’etichetta
data in termini offensivi, anche
con scopo bonario, può portare
a delle conseguenze molto ne-
gative sulla persona, di conse-
guenza ogni educatore dovreb-
be essere rigoroso su questo, co-
sì da evitare che divenga una
prassi linguistica.
Con queste riflessioni finali viene
messo ulteriormente l’accento
sulla necessità di un impegno
forte a livello educativo affinché
si possano indebolire tutti quegli
atteggiamenti che, creando di-
sagio e difficoltà alla persona,
sono alla base di una tendenza
alla chiusura in se stessi e posso-
no portare quindi alla timidezza.
Aiutare il bambino a cogliere e
a modificare quei tipi di pensie-
ro che possono provocare emo-
zioni negative e creargli delle
difficoltà. È questo l’elemento
centrale di collegamento che si
può cogliere tra l’oggetto di di-
scussione del dott. Ianes di cui si
è parlato e l’intervento della
dott.ssa Roberta Verità, psicolo-
ga e psicoterapeuta cognitivo-
comportamentale a Roma. Con
la relazione “Favole per cono-
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QUADERNI
DI
ORIENTAMENTO
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