misura la persona si considera im-
portante, capace e di valore. Nella
ricerca psicopedagogica è ormai
opinione condivisa che il successo
scolastico non dipende solo dalle
capacità cognitive dello studente e
dalle strategie d’insegnamento dei
professori, ma anche da aspetti
emotivo-motivazionali quali diffi-
coltà relazionali, scarsa motivazio-
ne e bassa autostima (D’Urso et al.,
2000).
Dall’analisi dei questionari risulta
che 8 insegnanti su 30 non hanno
saputo rispondere se l'autostima
dei loro studenti fosse un punto for-
te o debole, mentre 4 ritengono i
propri allievi dotati di autostima
forte. Inoltre alla domanda che ri-
guarda le caratteristiche individuali
in cui gli studenti sono carenti, ri-
sulta che, sempre per i professori,
l'autostima dei ragazzi è molto bas-
sa per 9 insegnanti e abbastanza
bassa per 13, ma per 7 docenti gli
studenti hanno un’autostima buona
o molto buona.
Nei nostri colloqui con gli studenti
delle classi sperimentali, soprattut-
to in quelle che presentavano mag-
giori problemi, abbiamo riscontrato
che i ragazzi giustificano il fatto di
non studiare con frasi del tipo
"…
tanto,… è troppo difficile per me,
non ci arrivo
…", quasi a voler affer-
mare che valendo poco, poco pos-
sono dare. Questo è senz'altro un
problema di autostima, dove la
mancanza di fiducia in se stessi
sfiora il disinteresse e può trasfor-
marsi in aggressività, e tale proble-
ma deve essere tenuto in considera-
zione per l’efficacia dell’insegna-
mento nel rapporto insegnante -
studente.
Negli studenti con bassa autostima
si può constatare la tendenza ad at-
tribuire l’insuccesso a
cause interne
(mancanza di abilità o di impegno)
e il successo a
cause esterne
(fortuna,
compito facile) (D’Urso et al., 2000).
Secondo Carrozza (1999) è compito
dell’educatore promuovere nei ra-
gazzi l’aspettativa di poter control-
lare gli eventi situazionali ed incre-
mentare quindi l’autostima.
I fattori che esercitano un influsso
sull’autostima, ma anche sulla fidu-
cia, sulla sicurezza, sulla cooperati-
vità e sulla percezione di controllo
degli eventi nei ragazzi, sono per
Gordon (1991):
-
franchezza e trasparenza
; insegnante
e allievo possono essere reciproca-
mente sinceri;
-
considerazione
; ognuno sa di conta-
re molto per l’altro;
-
interdipendenza
; docente e studente
non dipendono l’uno dall’altro;
-
distinzione
; ogni studente cresce e
si sviluppa nella sua individualità,
unicità e creatività;
-
rispetto
; le necessità di insegnanti e
degli allievi sono rispettate da en-
trambi.
Tutto ciò per Gordon (1991) signifi-
ca interagire con gli studenti e fare
in modo di facilitare la soluzione
dei loro problemi ascoltandoli in
modo empatico e attivo.
A conclusione di questo scritto vo-
gliamo ribadire che il gruppo di
docenti da noi considerato è pic-
colo e sicuramente non rappresen-
tativo della popolazione inse-
gnante, ma queste poche riflessio-
ni ci sollecitano a considerare che
sarebbe opportuno sviluppare an-
che questi nuclei di indagine al fi-
ne di realizzare dei progetti coor-
dinati tra operatori e scuola. Que-
ste osservazioni vorrebbero solle-
citare un’indagine allargata ad un
numero più ampio di docenti ap-
partenenti a scuole di indirizzo
diverso, da porre all’attenta anali-
si di chi si occupa delle problema-
tiche che ineriscono il mondo sco-
lastico.
NOTA
* Le domande sono state tratte dal
questionario per il biennio del pro-
getto “Per un valore formativo del-
le discipline” dell’IRRSAE del Ve-
neto.
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Paola Marinotto
Psicologa
GORIZIA
Orientamento e scuola
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QUADERNI
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