però, ero convinta che la mia
presenza in aula come
osserva-
trice
, una sorta di garante dei
buoni comportamenti di docenti
e allievi, avrebbe potuto smuo-
vere il clima stagnante e allegge-
rire la tensione; sarei stata un
occhio esterno che osserva pregi
e difetti della comunicazione
educativa, che nota eventuali
er-
rori.
Un apporto proveniente da più
punti di vista, a mio avviso,
aiuta ad illuminare, secondo di-
verse angolature, gli elementi del
contesto osservato e l’interpreta-
zione che ne segue viene elabo-
rata grazie alla correlazione di
tutti o di parte di questi diversi
punti di vista. Ma se, poi, come
asserisce Angelo Di Carlo
“l’os-
servazione si propone quindi come
una vera e propria esperienza di
formazione”
5
il percorso intra-
preso avrebbe arricchito anche
me e io, a mia volta, avrei potuto
travasare qualche stimolo signi-
ficativo, offrendolo come sugge-
rimento ai colleghi.
È iniziato, quindi, il ciclo delle
osservazioni, nelle ore di lezione
di matematica.
Durante la prima osservazione
(a metà febbraio), mi sono sen-
tita impreparata alla situazione,
non sapevo bene cosa guardare,
non riuscivo a seguire, a regi-
strare quanto succedeva in
classe; gli studenti, da parte
loro, non sapevano quale fosse il
mio ruolo. Non avevo predi-
sposto alcuna scheda di osserva-
zione e alcuni indicatori che pre-
cedentemente avevo individuato
mi sono apparsi subito inade-
guati e insufficienti per fotogra-
fare quella situazione. Ma sen-
tivo forte il desiderio di man-
tener viva la speranza di un cam-
biamento e, a posteriori, posso
dire di esser stata in grado di so-
stenere l’incertezza della situa-
zione e di frenare la mia tenta-
zione di agire subito.
Avviavo, intanto, una personale
riflessione sulle modalità dell’os-
servare, una questione per me
cruciale, e che pure Angelo di
Carlo considera centrale,
6
ossia il
problema dell’oggettività dell’os-
servazione
“a questa oggettività
ci si accosta attraverso il mondo
interno dell’osservatore che non va
inteso come un registratore indif-
ferente di eventi, ma come un in-
sieme di sentimenti e di pensieri
che entrano nel processo conosci-
tivo […]”
.
7
Il nodo era proprio in
quella mia originaria convin-
zione di poter fotografare la
realtà: se osservare è registrare
cosa accade in classe, puntare
l’obiettivo su qualcosa in modo
mirato, intenzionalmente, ho do-
vuto ben presto riconoscere che
la mia presenza come osserva-
trice condizionava, senza ombra
di dubbio, e modificava il clima-
classe e molto di più lo avrebbe
fatto in seguito, durante le suc-
cessive fasi dell’osservazione.
Un aspetto che reputo molto in-
teressante di quella mia prima
esperienza è stata la fase di ri-
lettura di quanto era avvenuto in
quella prima lezione: con la col-
lega, ragionando e ricostruendo i
vari momenti, siamo arrivate ad
alcune ipotesi interpretative
condivise ed io mi sono sentita
anche di dare alcuni suggeri-
menti riguardo l’assegnazione e
il controllo dei compiti a casa e
riguardo l’opportunità di obbli-
gare gli studenti a prendere ap-
punti durante il lavoro in classe.
Nel frattempo, partecipando al
lavoro del Gruppo pluriprofes-
sionale del progetto speciale ri-
cerca–azione sulla dispersione
scolastica, la mia collega ed io
avevamo avuto modo di esporre
il caso di questa classe: le do-
mande emerse e la successiva di-
scussione offerte dal gruppo
degli insegnanti presenti ci ave-
vano confortato e rese consape-
voli che il percorso intrapreso
era quello giusto. Da parte mia,
avevo cominciato ad individuare
una serie di indicatori per la ta-
bella di osservazione. Già a par-
tire dalla seconda “osserva-
zione”, durante la quale co-
munque mi sentivo ancora ina-
deguata, vedevo i ragazzi più
partecipi al lavoro di classe,
erano stati informati del mio
ruolo; io, d’altro canto, comin-
ciavo a rendere più sistematica
l’osservazione proprio partendo
da quegli elementi che mi sem-
bravano caratterizzare il loro
comportamento. Durante la
terza “osservazione” ho avuto
modo di interagire con i ragazzi
che mi riconoscevano e si mo-
stravano fiduciosi nel mio aiuto.
Nella quarta osservazione mi
sentivo in sintonia con la classe;
in quell’occasione alcuni allievi
mi hanno chiesto di osservare
anche durante altre lezioni come
quelle di italiano e quelle di
scienze della materia.
Avevo, intanto, rielaborato la
Orientamento e scuola
QUADERNI
DI
ORIENTAMENTO
30
33
5
A. di Carlo Osservazione e apprendimento
Quaderni di psicoterapia infantile/4, L’osser-
vazione, a cura di C. Brutti Borla Editore,
Roma 1993, p. 29.
6
Ibidem, p. 29.
7
Ibidem, p. 30.