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QUADERNI
DI
ORIENTAMENTO
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le situazioni degli Stati Uniti e
Giappone, che come noto rappresen-
tano un caso di eccellenza a livello
mondiale, anche a livello europeo
siamo particolarmente indietro.
L’anno 2003, infatti, mostra che l’in-
vestimento è pari all’1,14% del PIL.
Sappiamo, come è già stato detto
nelle relazioni precedenti, che l’o-
biettivo sarebbe di raggiungere il 3%.
Questa quota dovrebbe essere per i
2/3 derivante da investimenti privati.
E qui a livello nazionale abbiamo un
secondo problema: c’è un ulteriore
ritardo perché già siamo più bassi per
quanto riguarda gli investimenti
rispetto al quadro internazionale, ma
ancora più bassa è la percentuale di
investimenti che derivano dalle
imprese, nel settore privato. Come
potete vedere la situazione è peggio-
re anche confrontandoci con i nostri
vicini. Ad esempio la Slovenia, pur
essendo un paese che da poco ha
adottato un’economia di mercato, è
già a livelli superiori ai nostri. Ho
citato la quota di investimenti perché
di fatto è quella che va poi a influire
sul mercato del lavoro; perché,
ovviamente, maggiori sono le risorse
dedicate alla ricerca e maggiore è la
necessità dei ricercatori. Analoga-
mente al grafico precedente possia-
mo vedere come il minor peso degli
investimenti privati nel settore della
ricerca corrisponde a una presenza
percentualmente inferiore di ricerca-
tori nel settore delle imprese rispetto
a quello di tutta l’area dei ricercatori
(Fig. 2). Vedete che meno del 40%
dei ricercatori italiani lavora nel set-
tore privato.
Un altro problema, che però è inter-
nazionale, è quello del calo delle
vocazioni scientifiche. È un tema
che è stato oggi più volte richiamato
e che va a creare un’altra distorsione
del mercato del lavoro, perché se da
un lato già la domanda è modesta,
anche l’offerta rischia di non coinci-
dere con quelle che sono le richieste
del mondo della ricerca. Il calo con-
tinuo delle vocazioni scientifiche
influisce negativamente su quella
che è l’offerta di ricercatori. Anche
qui purtroppo l’Italia, come vedia-
mo, è, rispetto al quadro internazio-
nale, un passo indietro. Passiamo ora
a guardare la situazione regionale.
Come è già stato detto più volte
anche nel corso della mattinata, in
un panorama che dal punto di vista
internazionale è drammatico, direi,
per il nostro paese, la condizione
regionale non è così drastica. Nel
panorama italiano la regione Friuli
Venezia Giulia è infatti una di quel-
le che, rispetto alla propria dimen-
sione, investe di più in ricerca e svi-
luppo, in particolare per quanto
riguarda l’investimento in ricerca
pubblica. Vedete i dati (Fig. 3).
Complessivamente la spesa rispetto
al Pil regionale è più o meno propor-
zionale a quella nazionale. Questo
perché? È necessario dapprima
ragionare sulle caratteristiche della
domanda di lavoro e pensare a quel-
la che è la struttura produttiva regio-
nale. Perché se da un lato quello che
è un vincolo, anche a livello nazio-
nale, cioè il fatto che la struttura pro-
duttiva è costituita più che altro da
piccole e medie imprese, che quindi
hanno dei grossi limiti nelle capaci-
tà d’investire e nell’avere una funzio-
ne strutturata di ricerca e sviluppo,
dall’altro lato è vero che in regione
possiamo contare sulla presenza
rilevante di parchi scientifici.
Sappiamo che ruolo ha Area, sia
nella promozione dell’innovazione,
sia nella capacità di attrarre piccole
imprese, non necessariamente multi-
nazionali, che di fatto rappresentano
una possibilità di impiego per molti
ricercatori regionali. Accanto a que-
Fig. 3
Fig. 2