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QUADERNI
DI
ORIENTAMENTO
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la direttiva è lo strumento legislativo
europeo che ha maggiore forza, nel
senso che dev’essere obbligatoria-
mente trasposto in legge nazionale.
Quindi voi capite il successo e la
portata di questa iniziativa. Oggi
possiamo dire che a livello europeo
esiste un pacchetto composto da una
direttiva e due raccomandazioni per
ammettere i cittadini provenienti da
paesi terzi in Europa. Quello che è
importante è che la direttiva, nello
specifico, prevede una procedura
d’ingresso veloce per i ricercatori: ci
sono dunque, e finalmente, gli stru-
menti legali perché ricercatori pro-
venienti da tutto il mondo possano
venire in Europa a lavorare. In parti-
colare, le due raccomandazioni che
fanno da corollario alla direttiva
sono già in vigore; queste, infatti,
entrano in vigore nel momento stes-
so in cui vengono adottate. La diret-
tiva dovrà essere trasposta in legge
nazionale entro ottobre 2007.
Quindi voi capite la portata di tutti
questi strumenti che, insieme, con-
corrono veramente a creare quel-
l’ambiente favorevole per la ricerca,
di cui parlavo agli inizi. Un ambien-
te che comunque permetta a un
ricercatore di capire che esistono
strumenti appositamente creati per
lui. Non mi soffermo sulla seconda
raccomandazione che riguarda l’am-
missione a breve termine in Europa,
ovverosia inferiore ai 3 mesi, princi-
palmente legata alla necessità di
ottenere un visto per poter partecipa-
re a conferenze in diversi stati euro-
pei in un lasso di tempo ristretto.
Questa raccomandazione permette
di avere molto velocemente un
unico visto che permetta di spostarsi
all’interno dei paesi che aderiscono
a Schengen.
Con riferimento alla seconda strada,
ovverosia valorizzare la carriera dei
ricercatori, il riferimento va nello
specifico alla Carta Europea per i
ricercatori e al Codice di Condotta
per la loro assunzione. Per quanto
riguarda il perché di questi strumen-
ti, diciamoci chiaramente: abbiamo
bisogno di parlare di occupabilità
dei ricercatori, abbiamo bisogno di
attrarre un maggior numero di perso-
ne nelle filiere scientifiche, passate-
mi il termine. Per far ciò, è fonda-
mentale prospettare concretamente
ai ricercatori una carriera, una pro-
fessione nella quale siano chiara-
mente individuabili diritti e doveri e,
soprattutto, tutto ciò che li aspetta.
Ebbene, come saprete meglio di me,
Carta e Codice nascono perché
innanzitutto c’era una grandissima
differenza di strutture di carriera, a
seconda delle 25 realtà europee. C’è
una grande frammentarietà di carrie-
ra a livello locale, regionale e nazio-
nale e, ovviamente, il grosso proble-
ma che tutti i ricercatori hanno sem-
pre avuto è quello di doversi misura-
re con procedure di assunzione
mediamente chiuse, non trasparenti
e locali. E qui sorvolerò.
Anche la mancanza di prospettive di
sviluppo di carriera è stato uno degli
elementi che ha sempre meno invo-
gliato e incoraggiato i giovani a
intraprendere attività scientifiche.
Carta e Codice, che sono una racco-
mandazione europea, (quindi non
c’è niente di coercitivo nel loro con-
tenuto), costituiscono una carta di
diritti per tutti i ricercatori europei e
non, e indipendentemente dalla loro
nazionalità ed età, che lavorano
nell’Unione Europea. Nello specifi-
co c’è da dire che costituiscono un
quadro di riferimento per la loro
gestione di carriera che aiuta i ricer-
catori a capire innanzitutto in che
cosa consiste il loro lavoro. Vorrei
sottolineare che questa Carta e que-
sto Codice contengono un elenco di
principi, di suggerimenti che non
sono stati meramente elencati dalla
Commissione Europea, ma sono il
risultato di una consultazione durata
9 mesi, durante la quale la
Commissione si è misurata con i rap-
presentanti del mondo universitario,
del mondo industriale, dello stesso
mondo dei ricercatori. Quindi è il
risultato di un grande e collettivo
processo di sensibilizzazione che ha
portato alla stesura di questi principi,
che naturalmente ciascun paese,
ciascun organismo, adotta su base
volontaristica. Oggi a livello eu-
ropeo ci sono 6 paesi in cui
Conferenze dei Rettori e Consigli
nazionali della ricerca hanno uffi-
cialmente sottoscritto questi princi-
pi. Per una volta l’Italia ha battuto
tutti, essendo la prima: nel luglio
2005, a Camerino, la Conferenza dei
Rettori delle Università Italiana, la
CRUI, ha ufficialmente sottoscritto
questi principi, immediatamente
seguita dal CNR, dall’Area di
Ricerca di Trieste, che si è fatta
anche capofila di un’iniziativa a
livello regionale per cui ora tutti gli
enti di ricerca della regione Friuli
Venezia Giulia sono stati chiamati a
pronunciarsi e ad aderire formal-
mente a questi principi.
Questo è estremamente importante,
perché è per la prima volta che si
sottoscrivono formalmente dei prin-
cipi, peraltro già attuati da vari orga-
nismi, che aiutano i ricercatori a
capire bene in che cosa consiste il
loro lavoro, che cosa si aspetta da
loro la società e anche che genere di
carriera deve essere garantita a un
ricercatore. Voi capite che una per-
sona che decide di intraprendere un
percorso scientifico, di diventare un
ricercatore, si può sentire un po’ più
incoraggiata a farlo perché sa che c’è
un contesto entro il quale la sua car-
riera viene ben definita. Nello speci-
fico la Carta per i Ricercatori è rivol-
ta a ricercatori, datori di lavoro e
finanziatori e la sua grande finalità è
proprio quella di creare un ambien-
te di ricerca di sostegno, una cultura
lavorativa in cui i ricercatori vengo-
no riconosciuti e si comportano da
professionisti. Come dicevo prima,
non è così scontato che un ricercato-
re venga considerato un professioni-
sta dal proprio datore di lavoro.
Per quanto riguarda il Codice, non a
caso si chiama Codice per l’assun-
zione, per il reclutamento di ricerca-
tori. Anche qui, destinatari sono i
finanziatori, i datori di lavoro ai
quali si richiede, con principi molto
semplici, di avere un atteggiamento
corretto e trasparente nel momento
in cui assumono ricercatori. Atteg-
giamento corretto e trasparente che
si deve evidenziare tanto nelle pro-
cedure di assunzione che di selezio-
ne: per esempio, nel caso di un
ricercatore che postula per un posto,
si chiede al datore di lavoro di giusti-
ficare o comunque di spiegargli per
quale motivo la sua candidatura non
è stata accettata. Direi che è una
cosa abbastanza ammissibile, nel
senso che un ricercatore ha il diritto
di sapere per quale motivo non è
andata a buon fine la propria candi-
datura. Si chiede anche di tenere
conto, per esempio, delle esperienze
di mobilità, quando si valuta nel
merito il CV di un ricercatore. Fino
ad oggi, e questo vi sarà detto dalla
professoressa Pedicchio, le esperien-
ze di mobilità in un CV vengono
considerate in modo penalizzante. Il
ricercatore, come dicevo prima, è
uno dei professionisti mobili per