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QUADERNI
DI
ORIENTAMENTO
27
L’ORIENTAMENTO IN PROSPETTIVA
INTERCULTURALE
LA SFIDA DELLA SOCIETÀ MULTICULTURALE
Fabio Sesti
PREMESSA
Che l’orientamento non consista
soltanto nella scelta di un indirizzo
scolastico o di formazione profes-
sionale al termine del ciclo di istru-
zione di base e che sia una funzione
più generale di autopromozione
della persona, un processo quindi
lungo e complesso all’interno di
una situazione in continuo cambia-
mento, è ormai un dato acquisito
che non ha bisogno di ulteriori con-
ferme. Ma che aspetto assuma una
problematica del genere nel nostro
sistema educativo, in presenza di
una trasformazione accelerata della
popolazione scolastica, determinata
dall’arrivo di quote sempre più
consistenti di alunni stranieri, è
questione relativamente nuova.
Limitarsi a ragionare in termini di
mera integrazione, come se le di-
versità potessero semplicemente es-
sere “accettate” in vista di una loro
progressiva assimilazione, significa
non cogliere il dato epocale di tale
movimento e in definitiva eludere
la vera sfida che la scuola è chiama-
ta ad affrontare. Non si tratta di es-
sere, più o meno a-priori, ovvero in
modo pregiudizialmente ideologi-
co, pro o contro la società multicul-
turale ma di capire che se la
multi-
culturalità
è
un dato di fatto
e contro
la realtà è inutile combattere (“
non
ridı
¯
re, non lugı
¯
re, sed intellige˘re
” dice-
va Spinoza), il governo di questo fe-
nomeno richiede una trasformazio-
ne radicale dei nostri criteri inter-
pretativi e quindi una capacità nuo-
va di progettare la formazione delle
giovani generazioni. La tesi che in-
tendo proporre e argomentare bre-
vemente è che se le società sono de-
stinate a essere sempre più multi-
culturali, l’unica strategia vincente
per evitare i conflitti che ciò com-
porta è costituita dalla elaborazione
di una
prospettiva educativa intercul-
turale
.
Dato che spesso i termini di “multi-
cultura” e “intercultura” (e i loro
derivati) sono usati come sinonimi,
è opportuno premettere una chiari-
ficazione che ne distingua bene il
campo di applicazione: multicultu-
ra è termine descrittivo, si limita a
prendere atto del fatto che in uno
stesso territorio convivono culture
diverse, con lingue e più ancora con
sistemi di valori e processi identita-
ri differenti; intercultura è invece
termine prescrittivo, indica delle
mete, quindi non ciò che è ma ciò
che potrebbe essere se le diverse
culture entrano tra loro in contatto e
reciprocamente si “contaminano” e
si trasformano, dando luogo a una
cultura di tipo nuovo. Ebbene, se la
situazione di multiculturalità è in-
trinsecamente conflittuale, in modo
latente quando una cultura è forte-
mente dominante e le altre del tutto
minoritarie e subalterne, oppure in
modo esplicito quando quella o
quelle subalterne intendono suben-
trare alla dominante (ed è evidente
che la prima situazione tende spon-
taneamente a evolvere nella secon-
da laddove l’assetto sociale sia ca-
ratterizzato, come quello attuale, da
fluidità e dal costante rimescola-
mento demografico), la prospettiva
interculturale è l’unico mezzo per
disinnescare i conflitti e progredire
verso una situazione di rispetto e
arricchimento reciproco. In altre pa-
role, la
prospettiva interculturale è la
sola risposta educativa possibile in gra-
do di governare il processo di trasfor-
mazione sociale in atto
,
favorendone
l’evoluzione pacifica e democratica.
Il ragionamento svolto sin qui si
fonda a sua volta su una constata-
zione ancora più generale: nessuna
delle grandi questioni che l’uma-
nità oggi ha di fronte, dallo sfrutta-
mento delle risorse alla tutela del-
l’ambiente e della salute, dal lavoro
alla sicurezza e alla pace, trova una
soluzione se non in un contesto pla-
netario. Ciò significa che va assolu-
tamente fondata una universalità di
tipo nuovo per le grandi scelte di
natura etica, una universalità che
non sia ingabbiata all’interno di
nessuna cultura particolare.
Da quando sulla scena della storia
si è affacciata la possibilità della fi-
ne (“ora le civiltà sanno di essere
mortali” scriveva P. Valéry dopo il
primo conflitto mondiale, prima
ancora che l’arma “totale” facesse la
sua comparsa
1
), la necessità di una
tale visione si è fatta sempre più im-
pellente. Filosofi, uomini di cultura,
scienziati, nel momento in cui esco-
no fuori dal chiuso delle loro spe-
cializzazioni e si aprono a problemi
etici e educativi, per vie diverse si
avvicinano sempre più al senso del-
l’appello rivolto da Einstein nel
1955 agli uomini di Stato: “ricorda-
tevi della nostra umanità e dimenti-
a multiculturalità è un
processo inarrestabile di
trasformazione sociale,
pertanto richiede un
cambiamento radicale dei
nostri criteri interpretativi
e una capacità nuova di
progettare la formazione
delle giovani generazioni.
La scuola può avere un
ruolo strategico
nell’educazione
all’interculturalità
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