per condurre l’iniziativa. Inoltre, nel-
l’istituto superiore, hanno partecipa-
to all’esperienza dell’aula di ascolto
anche alcuni studenti “anziani” e
quindi esperti della realtà della loro
scuola, che hanno esercitato quindi
una funzione “tutoriale” nei con-
fronti dei colleghi appena arrivati.
Per quanto riguarda le fasce d’età, è
stata sperimentata l’apertura di cen-
tri di ascolto anche per le quinte ele-
mentari, per rispondere al problema
del disagio che emerge in modo
significativo fin dalla scuola prima-
ria. La risposta dei bambini è stata
molto positiva. Hanno molto apprez-
zato che venisse loro garantito il
rispetto della privacy, che fosse per
loro possibile prenotare l’incontro
che attendevano poi con ansia.
Molte volte il colloquio iniziava con
argomenti relativi alla scuola (le
aspettative per il futuro, l’ansia lega-
ta all’esame di quinta, l’incognita
della scuola media, la capacità di
gestire l’autonomia rispetto ai com-
piti, allo studio) per aprirsi poi ad
uno specifico più personale, sulle
difficoltà di crescere, di accettarsi
nei cambiamenti, o relazionale,
rispetto al gruppo a scuola e fuori
scuola, alle relazioni tra pari. A que-
sta età manca ancora la capacità di
leggere con consapevolezza i propri
bisogni, ma attraverso il dialogo
anche questi bambini tentano una
lettura più introspettiva, apprezzan-
do soprattutto la possibilità di avere
un adulto che dedica loro del tempo
e un atteggiamento di attenzione.
LA FORMAZIONE DEI DOCENTI
Quello che conta quindi è il metter-
si in rapporto di ascolto nei confron-
ti dei ragazzi. “Ascolto” in questo
caso vuol dire che un adulto è dispo-
nibile ad imparare, ad accettare dai
più giovani l’indicazione di come
fare per riuscire ad aiutarli. La
responsabilità nei loro confronti fa sì
che si accetti di mettersi in gioco
prima come persone, e forse solo in
un secondo momento come inse-
gnanti; pur essendo il passaggio
delle informazioni un aspetto tutt’al-
tro che marginale in questo mestiere:
ma ci sono altre strade che bisogna
aprire prima di istruire. Il rendersi
conto di come funziona l’apprendi-
mento, del ruolo essenziale che
emozioni e sentimenti possono eser-
citare sulle funzioni cognitive svolte
dalla corteccia cerebrale, ha reso
questa formazione degli insegnanti
diversa da altre consimili. La caratte-
ristica fondamentale di questa è stata
il fatto che si sono esplorate le inter-
connessioni tra il pensiero del neu-
rofisiologo Antonio Damasio e quel-
lo del pedagogista Antoine de la
Garanderie: ne risulta una teoria del-
l’apprendimento che dà spiegazioni
ed offre possibilità di risolvere situa-
zioni nelle quali le altre teorie non
sono sufficienti, perché non riescono
a dare al ragazzo un metodo tale che
resti a far parte di lui in ogni circo-
stanza della sua vita futura.
L’insieme delle proposte che costi-
tuiscono l’ossatura di questo impian-
to teorico è coerente alla formazione
di un individuo che sa riconoscere le
proprie caratteristiche positive e da
queste sa trarre ciò che gli serve per
fare il suo personale progetto di vita;
che sa stare insieme agli altri, perché
ha imparato che dagli altri può avere
l’arricchimento di un diverso punto
di vista, e sa imparare sempre perché
ha imparato a fare domande, e non
ha paura di farle, anche sapendo che
forse non a tutte troverà la risposta,
ma continuerà ad avere il gusto di
ricercarla.
Alla base di questo impianto ci sono
delle teorie pedagogiche ben precise
e consolidate e dei concetti di fondo
che si possono esprimere in alcune
parole-chiave: l’idea che il bambi-
no/alunno è una “macchina non
banale”, per sua natura complessa e
non programmabile; l’idea di
“apprendimenti socialmente signifi-
cativi”, utili a modificare le strutture
mentali e le strategie cognitive; l’i-
dea di “stile di apprendimento”; di
“aiuto reciproco”; l’idea fortissima
del rapporto insegnamento/appren-
dimento; l’idea dello “star bene a
scuola” perché la scuola diventa un
luogo significativo, dove vengono
appagate le proprie curiosità, viene
trovata una risposta ai propri bisogni
di conoscenza e di relazione.
Entrano in gioco quindi altri elemen-
ti fondamentali che contribuiscono a
formare un insieme coerente e fun-
zionale all’apprendimento e alla for-
mazione della persona.
Per primo l’instaurazione di un buon
clima di classe, creato con una
buona accoglienza e lo sviluppo del
sentimento di appartenenza attraver-
so occasioni di parlare e di ascoltare
da un lato, e l’assunzione di respon-
sabilità nella gestione della classe
con gli incarichi dall’altro. Sentirsi
accolti e sentire di appartenere ad
un gruppo, ad una comunità, fa sì
che i ragazzi non si sentano turisti
della scuola, ma sentano che nella
scuola possono essere riconosciuti
nelle loro caratteristiche e nella loro
identità, che possono essere valoriz-
zati nelle loro richieste e nelle loro
proposte. Allora la scuola diventa un
luogo significativo nel quale si è cit-
tadini, si partecipa alla gestione del
lavoro, si riconoscono le necessità
degli altri come le proprie. La scuola
diventa allora un luogo di incontro,
di negoziazione, in cui le differenze
soggettive, di genere, di stili di
apprendimento, di quantità di risorse
che ciascuno può avere, trovano un
collegamento.
Quindi la co-costruzione della
conoscenza, attraverso l’uso del
lavoro di coppia e del gruppo di
apprendimento cooperativo, in cui i
ragazzi imparano l’uno dall’altro
attraverso lo scambio di idee, attra-
verso l’impiego di strategie di studio
e di procedure di lavoro diverse
dalla propria.
Ultimo tassello, ma non meno
importante, l’attenzione continua
rivolta all’apprendere ad apprendere
monitorando costantemente, indivi-
dualmente o nel gruppo classe, il
percorso e il processo di apprendi-
mento: momento essenziale nella
formazione della consapevolezza,
l’imparare dai propri errori scopren-
done l’origine e l’impegno dichiara-
to ed effettivo nel superamento delle
proprie difficoltà.
L’autore che costituisce il riferimento
scientifico fondamentale è Antoine
De La Garanderie. Nelle sue opere è
data importanza grandissima alla
comprensione dei processi di
apprendimento sia da parte dell’in-
segnante (che deve rendersi conto
del proprio prima che di quello dei
bambini) sia da parte dei bambini
stessi (che devono essere anch’essi
in condizione di utilizzare nella
maniera più adatta le loro potenzia-
lità): ciascuno di noi infatti possiede
la propria “lingua madre pedagogi-
ca” e in base a questa organizza la
propria memoria, il proprio appren-
dimento, la propria attività mentale:
c’è chi utilizza immagini mentali
“visive” e chi adopera immagini
mentali “uditive”. Se insegnante e
allievo usano modalità differenti, c’è
il caso che non si intendano mai...
Secondo De La Garanderie il disa-
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QUADERNI
DI
ORIENTAMENTO