cop. quaderni di orientamento - page 20

20
QUADERNI
DI
ORIENTAMENTO
25
IL COLLOQUIO PSICOLOGICO
Valentino Gastini
UNA PROPOSTA METODOLOGICO-OPERATIVA
PER I “CENTRI DI INFORMAZIONE E CONSULENZA”(C.I.C.)
PREMESSA
La legge del 26 giugno 1990, n.
162 all’art. 106, titolo IX, istituisce
la creazione di
“Centri di Infor-
mazione e Consulenza”
(C.I.C.), che
sono rivolti agli studenti delle
scuole secondarie superiori. Il
legislatore ha previsto che tali
attività informative e di consu-
lenza vengano erogate all’interno
della realtà scolastica e siano pre-
ventivamente concordate, trami-
te gli organi collegiali, con i servi-
zi pubblici e con gli enti ausiliari
presenti sul territorio. Questi
C.I.C. presentano alcune interes-
santi originalità. Innanzitutto
la
loro collocazione
:
essa è prevista,
come detto poc’anzi all’interno
delle stesse realtà scolastiche. I
C.I.C. vengono quindi intesi e
proposti alla popolazione adole-
scenziale non tanto come luoghi
specialistici (realtà, questa,
appannaggio di altri enti ed isti-
tuzioni) ma come spazio che l’i-
stituzione stessa offre all’adole-
scente perché egli possa espri-
mersi nel suo tutto e non solo per
quanto attiene alla mera realtà
didattica. Ma, contemporanea-
mente, viene chiesto all’istituzio-
ne scuola di creare entro di sé
uno spazio mentale e fisico in cui
l’adolescente sia presente non
solo, o non tanto, come studente,
ma come persona. Una volta
creato lo spazio ‘mentale’ e fisico
esso deve essere riempito.
Qui si può cogliere un secondo
elemento significativo del dispo-
sto legislativo:
il personale pensato
per i C.I.C. si caratterizza per non
essere obbligatoriamente perso-
nale specialistico, ma comprende
anche figure a varia valenza pro-
fessionale. Possono quindi essere
psicologi, assistenti sociali, edu-
catori professionali, assistenti
sanitarie, ecc. ma anche, e soprat-
tutto, docenti della scuola stessa.
La tipologia dello spazio indivi-
duato, l’a-specificità delle figure
che possono essere presenti in un
C.I.C. evidenziano il fatto che ad
esso si è voluto dare una conno-
tazione non clinica all’incontro
con l’adolescente
.
L’ambito della consulenza di un
C.I.C.
dovrebbe svilupparsi entro
la realtà del quotidiano, delle
manifestazioni del presente. Il
C.I.C. non è stato pensato come
luogo in cui, attraverso l’incon-
tro/dialogo con l’altro, si cerca di
ricostruire la mappa storica degli
eventi significativi del soggetto
da cui, attraverso proposte a sti-
molo regressivo, ricostruire un
passato per evincere e dare senso
all’attuale, alla realtà dell’oggi.
Men che meno è chiamato a “far
diagnosi”. Il C.I.C. si caratterizza
fondamentalmente per essere un
luogo deputato all’ascolto. Un
luogo ove viene favorito il dialo-
go tra un adulto e un adolescen-
te. Tale dialogo, per sua natura,
non è fine a se stesso:
1) innanzitutto perché tale dia-
logo avviene tra due persone
che si posizionano in maniera
asimmetrica l’una rispetto
l’altra, e si struttura in modo
aprioristico;
2) perché il colloquio si sviluppa
attorno ad una richiesta for-
mulata da un soggetto, che in
maniera più o meno chiara, e
più o meno profonda, richie-
de un aiuto. Aiuto che può
esplicitarsi attraverso la ri-
chiesta di una ‘semplice’ in-
formazione, oppure può de-
clinarsi attraverso formula-
zioni molto più complesse;
3) vi è quindi da gestire sia la
parte delle aspettative, sia la
parte della comunicazione,
sia quella della restituzione.
Cioè, rispetto a quanto l’altro
(l’utente) ha portato all’opera-
tore del C.I.C., questi deve
rendere alla persona qualcosa
che soddisfi, se non appieno,
almeno in parte l’aspettativa
dell’altro. Tale risposta si ori-
gina attraverso una rielabora-
zione del materiale, delle
informazioni, che il soggetto
ha portato, che l’operatore ha
fatto inizialmente proprio e
successivamente ha integrato
con le proprie conoscenze (W.
R. Bion, 1962).
Questa particolare realtà operati-
va porta, inevitabilmente, gli o-
peratori del C.I.C. a superare le
‘competenze’ definite nell’art.
104 della Legge di istituzione dei
C.I.C., in quanto essi difficilmen-
te possono astenersi dal formula-
re un parere, una risposta, rispet-
to a quanto l’adolescente è anda-
to ad esporre. Anche se la
domanda dell’utente si è svilup-
pata attorno ad una semplice
richiesta informativa. Sarà questo
‘auto-parere’ che si forma inevi-
tabilmente nella mente dell’ope-
ratore, quale esso sia, che struttu-
rerà la risposta che verrà data al
ragazzo.
Tale parere si forma nella mente
dell’operatore/ascoltatore aggre-
uso dello strumento
del colloquio nei C.I.C.
va inteso come modalità
per ordinare e strutturare
il suo divenire.
Non ha finalità
diagnostiche
e si attiene strettamente
al “qui ed ora”
L
1...,10,11,12,13,14,15,16,17,18,19 21,22,23,24,25,26,27,28,29,30,...56
Powered by FlippingBook