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QUADERNI
DI
ORIENTAMENTO
ORIENTAMENTO E SCUOLA
ci dirà che la superficie è sferica e
che la distanza tra due punti non
è una linea retta che li unisca. Ma
nemmeno un mappamondo rive-
lerà montagne e valli, né le pro-
fondità dei fondali oceanici. E
ancora le cartine potrebbero ri-
portare i confini tra nazioni con
degli indicatori di densità etnica,
distribuzioni agricole, qualità del-
l’aria, variazioni della temperatu-
ra, e così via. Ogni carta renderà
una percezione diversa del
mondo, una per ogni tipo di indi-
cazione. Non c’è una sola carta
vera, ma solo carte con differenti
possibilità.
È in questo contesto che sono
particolarmente colpito dall’ ini-
ziativa italiana “un giornale in
classe”. Negli ultimi anni gli stu-
denti di circa 29.000 scuole hanno
confrontato per un’ ora alla setti-
mana quanto diverso fosse il
modo in cui i giornali racconta-
vano le notizie. Questa iniziativa
non ha solo avvicinato gli stu-
denti alle realtà costruite da chi
scrive le notizie, ma li ha invitati
anche a vedere in quanti modi
diversi potesse essere costruito il
mondo. Ogni giornalista sostiene
di dare un resoconto accurato e
oggettivo dei fatti, ma le parole
che usano possono essere dram-
maticamente diverse. Praticamen-
te lo stesso effetto può essere
creato confrontando diverse espo-
sizioni di fatti storici, o spiegazio-
ni contrastanti offerte da diffe-
renti gruppi etnici, o ancora il
diverso comportamento di uomi-
ni e donne nella medesima situa-
zione.
Nei miei corsi universitari metto
abitualmente gli studenti a con-
fronto con le molteplici realtà
create dalla psicologia. Ne seguo-
no dialoghi affascinanti su come
scegliere tra diverse prospettive,
e se sia il caso di essere devoti ad
un solo punto di vista. I miei col-
leghi non sono del tutto soddi-
sfatti da questa forma d’insegna-
mento. Mi dicono che i giovani
hanno bisogno di sviluppare
qualche “certezza”. Mi dicono
che più tardi, ai corsi superiori,
potranno cominciare ad accor-
gersi che il loro è solo uno tra i
tanti punti di vista. I miei critici
fanno riferimento a quelle ricer-
che sugli studenti universitari
che dimostrano come l’abilità di
pensare in tale maniera relativi-
stica non emerge generalmente
prima dell’ultimo periodo della
carriera universitaria. Eppure,
raramente trovo i miei studenti
più giovani in difficoltà a causa
del confronto tra molteplici pro-
spettive. Al contrario. Se infatti
gli studenti si sentono persi
senza una “vera verità” alla
quale aggrapparsi, allora dobbia-
mo darne la responsabilità a
quelle loro esperienze educative
nelle quali è stata celebrata una
sola verità. Il fatto che gli studen-
ti non svilupperebbero una sana
capacità di valutazione delle
molteplici diversità fino all’ulti-
ma parte della loro carriera edu-
cativa, la dice lunga non sulle
loro capacità innate, ma sugli
assunti tradizionalmente sotto-
stanti ai nostri programmi scola-
stici.
2) Confronto di Valori
Dove sono finiti tutti i valori? Con
la progressiva secolarizzazione dei
sistemi educativi, che andavano
sempre più abbracciando l’oggetti-
vità e la ragione, i valori sono in
gran parte scomparsi dai program-
mi. Alla fine del diciannovesimo
secolo gli insegnanti potevano
comprensibilmente preoccuparsi
dei sistemi di valori dei loro stu-
denti. Potevano inserire nel loro
programma lezioni entusiastiche
sulla bontà. Ma ora, siccome le
questioni relative ai valori sono
“sfocate” e “soggettive”, sono sta-
te in gran parte abbandonate.
Peggio ancora, se qualche inse-
gnante inserisse oggi dei valori
nel proprio programma, sarebbe
probabilmente marchiato come
ideologo. Come largamente rite-
nuto, l’educazione pubblica
dovrebbe essere politicamente e
ideologicamente neutrale; le que-
stioni relative ai valori morali
sono personali, e l’insegnamento
morale non è responsabilità del
sistema educativo.
Sebbene vi sia una certa saggezza
in questa posizione, tuttavia viene
meno su due punti importanti. Per
prima cosa manca di rendere conto
dei valori impliciti che inevitabil-
mente portiamo nei nostri pro-
grammi. Come proposto preceden-
temente, tutte le culture della
verità supportano un certo modo
di vivere e i valori che lo custodi-
scono. Così, insegnare l’evoluzio-
ne della specie è già discreditare la
creazione divina; operare semplici
distinzioni tra due generi significa
preparare il campo al patriarcato,
e insegnare la natura del nostro
sistema di governo vuol dire pre-
sumere che l’istituzione è giusta e
normale. A dispetto dei nostri rifiu-
ti, insegniamo inevitabilmente dei
valori. E con questo tocchiamo il
secondo difetto dei nostri attuali
programmi: non riuscire a ricono-
scere e discutere i nostri valori.
Ricche discussioni su cosa sia
buono, cosa valga la pena di fare,
cosa sia importante nella vita,
sono lasciate languire.
Non sto sostenendo un completo
ritorno all’educazione morale o re-
ligiosa. Piuttosto, quello che vera-
mente ritengo importante è con-
frontarsi con i valori impliciti pre-
senti nei nostri programmi. Non
basta, per esempio, insegnare
come mantenere in salute il corpo.
Dobbiamo anche confrontarci con
le difficili questioni relative ai
valori, ovvero quelle questioni che
spingono le società verso il conflit-
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