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QUADERNI
DI
ORIENTAMENTO
ORIENTAMENTO E SCUOLA
guadagnarsi la fiducia delle parti
in conflitto, senza la quale la
mediazione è destinata a fallire fin
dal principio. Egli non deve schie-
rarsi né da una parte né dall’altra,
mantenendo una posizione di
equilibrio in un continuo movi-
mento che Monticelli (2001) defi-
nisce di
equivicinanza ed equidistan-
za
. Il suo compito consiste nel
rimanere sufficientemente vicino
ai contendenti (in modo da poter
entrare in relazione empatica con
entrambi) ma, allo stesso tempo,
in una posizione sufficientemente
distante in modo da potersi inter-
rogare autonomamente sulla vi-
cenda e mantenere le proprie opi-
nioni distinte da quelle delle per-
sone coinvolte nel conflitto. Come
ha sottolineato Resta (2001) non
stiamo parlando, in questo caso,
di una imparzialità
super partes
, o
di una posizione di superiorità
rispetto alle parti; si tratta, invece,
di un atteggiamento
inter partes
,
esattamente come richiamato dal
significato etimologico del verbo
mediare (“essere in mezzo”,
“stare nel mezzo”, “situarsi fra”,
Castelli, 1996). Diverse situazioni
conflittuali, poi, sono caratterizza-
te da squilibri fra le parti dovuti,
ad esempio, a differenze di potere;
il mediatore, in queste circostan-
ze, ha il compito di non ignorare
né sottovalutare questa condizio-
ne, facendo il possibile per riequi-
librare eventuali sbilanciamenti
che potrebbero indurre soluzioni
ingiuste o inique.
Oltre a queste condizioni essen-
ziali, la mediazione assume poi
alcune caratteristiche “formali”
che ne specificano ulteriormente il
senso. Anzitutto un procedimento
di mediazione deve essere
limitato
e circoscritto nel tempo
: può risol-
versi in un solo incontro oppure
in un numero ristretto di appunta-
menti. L’importante, in ogni caso,
è che non venga mai a crearsi un
rapporto di dipendenza fra le
parti e il mediatore perché, come
afferma Six (2001), in vero media-
tore è colui che vigila affinché gli
antagonisti non si rivolgano a lui
troppo facilmente e che, anzi, li
spinge continuamente ad impe-
gnarsi in prima persona e ad agire
per la loro libertà. In secondo
luogo il procedimento deve essere
riservato
: è un atto privato, non
pubblico, e il mediatore ha il com-
pito di garantire la riservatezza
sia in merito al suo svolgimento,
sia per quanto riguarda i contenu-
ti, che devono rimanere confiden-
ziali. Infine la mediazione rientra
in quelle procedure che, nel mon-
do anglosassone, vengono defini-
te ADR (
Alternative Dispute Re-
solution
), cioè alternative alla giu-
stizia ordinaria e tradizionale. Il
procedimento di mediazione,
dunque, è considerato una moda-
lità informale ed extragiudiziale
di regolazione dei conflitti che,
tuttavia, avviene nel rispetto del
diritto in quanto non persegue
soluzioni al di fuori della legge
(Ardone, Baldry, 2003).
IL CONFLITTO
A SCUOLA
Ora, tornando ai contesti scolasti-
ci, è abbastanza evidente che
molti dei conflitti che quotidiana-
mente si verificano all’interno
degli istituti possono essere rego-
lati proprio da procedimenti
informali ed extragiudiziali come
la mediazione (purché, natural-
mente, vi sia la disponibilità a
ricercare soluzioni alternative
allo scontro). Molto spesso, pur-
troppo, le situazioni conflittuali
fra insegnanti e alunni si conclu-
dono con provvedimenti sanzio-
natori (le note, le sospensioni, i
rimandi dal preside, ecc.) che,
pur non condannabili in senso
assoluto, rappresentano il più
delle volte una rinuncia al con-
fronto ed alla ricerca di soluzioni
alternative. Al contrario l’invito
di Novara (2001) per chi svolge
un ruolo educativo è di rafforza-
re la capacità di stare dentro al
conflitto e di imparare a convive-
re con le situazioni dissonanti,
con l’informalità più che con la
formalità. Ed è anche sulla base
di queste considerazioni che
negli ultimi anni si stanno segna-
lando, soprattutto in Francia,
percorsi per la formazione del
mediatore scolastico. Questa fun-
zione, secondo Funes Lapponi e
Saint-Mezard (2000), può essere
ricoperta sia dagli stessi alunni
(nella mediazione fra pari), sia da
adulti esterni all’istituzione sco-
lastica (come professionisti o
esperti), sia da adulti interni
(insegnanti o genitori). Nel pro-
gramma di mediazione scolasti-
ca proposto da Seijo (2003), ad
esempio, possono diventare me-
diatori tutti i membri della comu-
nità educativa (alunni, professo-
ri, genitori, personale non docen-
te) che sono interessati ad assu-
mere questo compito e che, una
volta completato il training for-
mativo, andranno a costituire l’é-
quipe di mediazione nella pro-
pria scuola. Nei programmi di
mediazione fra pari, invece, ven-
gono formati gli stessi studenti
anche con precise finalità educa-
tive: alcuni progetti prevedono
che la formazione venga rivolta
solamente a quegli alunni che
diverranno in seguito mediatori
nei conflitti fra i compagni; in
altri casi, invece, la formazione è
destinata a tutti gli alunni dell’i-
stituto (Baldry, 2001).
Intesa in questi termini la media-
zione scolastica si configura non
solo come tecnica di regolazione
dei conflitti, ma è una forma di
educazione alla responsabilità, in
quanto offre alle parti in conflitto
la possibilità di regolarlo in
prima persona senza deleghe a
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