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QUADERNI
DI
ORIENTAMENTO
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Orientamento e scuola
cesso di mediazione venga con-
sapevolmente accettato da tutti
gli attori chiamati in causa, la cui
disponibilità è determinante per
l’esito positivo della mediazione.
2^
Cooperazione
: la scuola di
Harvard definisce la mediazione
una negoziazione collaborativa
assistita da un terzo (Luison,
2000); in questa definizione si
attribuisce molta importanza
all’aspetto collaborativo dal
momento che le due parti, non
più contrapposte l’una all’altra,
scelgono assieme la ricerca di
una soluzione condivisa che
risulti soddisfacente per entram-
be, partendo non tanto dalle loro
posizioni
, che si sono dimostrate
inconciliabili, ma dagli
interessi
ad esse sottesi che, al contrario,
possono essere compatibili e non
necessariamente in contrapposi-
zione. Per illustrare questo pun-
to, Fisher e Ury (1995) portano
l’esempio di due bambine che
litigano per un’arancia. Alla fine
le due contendenti scelgono la
soluzione più ovvia e apparente-
mente equa: dividere il frutto a
metà. La prima bambina, tutta-
via, mangia la polpa della sua
metà gettando la buccia; la secon-
da, al contrario, tiene la buccia e
butta via il resto. Pertanto l’affer-
mazione “voglio l’arancia” è la
posizione assunta da entrambe le
parti, le quali, però, hanno in
realtà due interessi diversi: l’una
vuole solo la buccia, l’altra solo la
polpa. Fuor di metafora possia-
mo rappresentare gli interessi
come i bisogni, le motivazioni, i
desideri, le preoccupazioni o i
timori che sottostanno a posizio-
ni esplicite; queste ultime, invece,
rappresentano solo dei modi pos-
sibili per soddisfare gli interessi.
Il compito del mediatore, quindi,
è di essere un “aiuto di chiari-
mento” (Besemer, 1999), facilitan-
do le parti ad identificare i propri
interessi e a superare la logica
“dell’io vinco, tu perdi” in favore
di una logica “dell’io vinco, tu
vinci”.
3^
Dialogo
: la mediazione mira a
ristabilire la comunicazione
diretta fra le parti in contrasto e a
riaprire i canali comunicativi
interrotti dalla contesa. Il più
delle volte in una situazione di
conflitto le parti hanno difficoltà
ad ascoltarsi senza interrompersi,
si tolgono la parola di continuo,
parlano contemporaneamente e
il discorso dell’una si sovrappone
a quello dell’altra. I messaggi che
reciprocamente le parti si rivol-
gono si fanno carichi di accuse,
offese, insulti, che suscitano nella
parte a cui sono rivolti reazioni di
difesa e contrattacco (Besemer,
1999; Korn e Mucke, 2001). Il
mediatore, in quanto facilitatore
della comunicazione, dispone di
diversi strumenti e tecniche di
colloquio che può utilizzare nel
corso del procedimento di me-
diazione. Attraverso la
riformula-
zione
del pensiero, ad esempio, il
mediatore può rielaborare in
maniera neutrale e oggettiva i
messaggi trasmessi dalle parti,
affinché possano cogliere le reali
istanze della controparte. Può
inoltre invitare i contendenti ad
esprimersi in prima persona, sof-
fermandosi sui rispettivi punti di
vista e sentimenti, tralasciando
così le parti di accusa e/o offesa
che ostacolavano ogni preceden-
te tentativo di comunicazione.
Suo compito, infine, potrà essere
quello di
fare sintesi
dei contenuti
espressi durante il colloquio, al
fine di ricapitolare in modo ordi-
nato quanto emerso per eviden-
ziare gli elementi comuni delle
due posizioni.
4^
Autodeterminazione
: nel proce-
dimento di mediazione il media-
tore è privo di qualsiasi autorità
decisionale. Sono le parti in causa
che hanno il potere di decidere
della loro controversia e che
devono ricercare loro stesse, in
prima persona, una soluzione
adatta. Il presupposto di parten-
za è che i veri esperti della vicen-
da conflittuale siano proprio le
parti, dal momento che nessuno,
meglio di loro, è a conoscenza
della situazione in tutti i suoi
aspetti e delle ragioni che l’hanno
posta in essere (Besemer, 1999).
Fine della mediazione, pertanto, è
di rendere le parti attive e respon-
sabili, nuovamente protagoniste
della loro vicenda conflittuale,
coinvolgendole nel processo deci-
sionale e non considerarle sempli-
ci esecutrici di decisioni prese da
altri (come avviene, ad esempio,
in un procedimento giudiziario).
Come ha rilevato Besemer (1999),
le persone sono molto più dispo-
ste a modificare il loro comporta-
mento se coinvolte nell’analisi del
problema e nell’elaborazione di
una soluzione e ad attuare le deci-
sioni che hanno contribuito a for-
mulare. Il compito del mediatore,
quindi, non consiste nel suggerire
o consigliare alle parti cosa devo-
no o non devono fare per risolve-
re la disputa, poiché il consiglio
induce sempre ad una forma di
dipendenza (Gordon, 1991). Al
contrario il mediatore deve ac-
compagnare le parti nel loro per-
corso di ricerca della soluzione
senza spingerle a raggiungere un
accordo troppo in fretta, ma nel
rispetto della loro libertà decisio-
nale e dei loro tempi. Ciò presup-
pone, da parte sua, un atteggia-
mento paziente ma, al contempo,
di grande fiducia rispetto alle
capacità dei contendenti di risol-
vere il conflitto. Allo stesso modo
non compete al mediatore nem-
meno la formulazione di alcun
giudizio né di valutazioni perso-
nali o morali sui comportamenti e
sulle posizioni assunte dalle parti.
5^
Presenza di un Terzo neutrale e
imparziale
: il mediatore per poter
essere accettato nel suo ruolo deve