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QUADERNI
DI
ORIENTAMENTO
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Orientamento e scuola
to. Per esempio, quando inizia la
vita umana? É sacra? Gli embrioni
creati in provetta costituiscono
una vita umana? Senza dubbio,
non si dovrebbero utilizzare argo-
mentazioni logiche o empiriche
per rispondere a queste domande.
Dopotutto, i fatti e la logica con-
tribuiscono a una decisione solo
quando i valori sono già in campo.
Un’educazione che non favorisca
una profonda discussione sui
valori lascia i propri studenti
sostanzialmente senza mezzi. Si
ritrovano sulla scena globale di
profondi conflitti di valore senza
alcuna risorsa per capire, per ten-
tare una negoziazione flessibile e
una fusione fra essi, tutti ingre-
dienti utili ad evitare il conflitto.
3) Coltivare il dubbio
Ricordo un episodio di quand’e-
ro alle scuole medie, che ha a che
vedere con la geometria dei soli-
di. Dovevamo memorizzare delle
formule per calcolare il volume
dei vari solidi. Un giorno ritenni
di averne trovata una più effi-
ciente rispetto a quella che ci
chiedevano di utilizzare. Quando
proposi questa possibilità in clas-
se il giorno seguente, l’insegnan-
te mi zittì immediatamente. “Il
libro contiene le soluzioni corret-
te”, mi fu detto perentoriamente,
e “il tuo compito è impararle”.
Rivendicare la chiarezza della
verità è qualcosa che in una certa
misura ha l’effetto di zittire. Ci
avviciniamo ad una condizione
in cui non è più permesso il dia-
logo. È così sia per le comunità
che statuiscono la conoscenza che
per coloro che rivendicano verità
politiche o religiose.
Questa ricerca di una sola rispo-
sta corretta spiega anche perché
le scienze naturali godano di
maggiore considerazione rispet-
to a discipline come la letteratu-
ra, la filosofia, la sociologia. Nelle
prime, ci sono risposte uniche e
chiare a molte domande, mentre
le ultime sollevano interrogativi
che non producono soluzioni
chiare e convincenti. Eppure, è
proprio questa ricerca della chia-
rezza che deve essere at-
tutita/ammorbidita in un’educa-
zione alla pace. È stato spesso
detto che le persone hanno un
bisogno innato di risposte chiare
e semplici alle loro domande. Ne
dubito molto. I bambini non
vogliono questo tipo di risposte;
la maggior parte di loro sarebbe
contenta di scoprire che persone
diverse hanno differenti opinioni
riguardo a un problema. I nostri
sistemi educativi sono largamen-
te responsabili dell’insegnamen-
to della logica dell’unica risposta
esatta alle varie domande. Non
dovremmo escludere le varie
opzioni, ostacolare l’ impulso
creativo, e scoraggiare il dialogo
attraverso i nostri programmi e i
nostri metodi di valutazione
degli studenti, dovremmo fare
esattamente il contrario.
Questo non significa che la chia-
rezza e la precisione non debba-
no trovare posto nei programmi.
Entro una logica circoscritta
(come l’ algebra), solo certe solu-
zioni sono permesse. Tuttavia, il
mio punto di vista è che la rispo-
sta “corretta” dovrebbe essere
quella più adeguata alle conse-
guenze pratiche che ci interessa-
no. Di solito, per esempio, valu-
tiamo i nostri studenti in base al
fatto che padroneggino le regole
della grammatica e dello spel-
ling. In questi frangenti, non
intratteniamo discussioni su cosa
sia giusto e cosa sbagliato. Le
regole sono in questi casi molto
chiare. E ciononostante, per un
notevole numero di studenti,
queste regole non soltanto ap-
paiono incomprensibili (dal
punto di vista delle loro sotto-
culture), ma addirittura, se
dovessero modificare il loro lin-
guaggio in accordo ad esse, ne
distruggerebbero l’efficacia so-
ciale. Allo stesso modo temo che
spesso la scrittura sofisticata della
comunità scolastica sia illeggibile
per la grande maggioranza della
popolazione. Nel compiaciuto or-
goglio della nostra superiore pa-
dronanza di linguaggio, perdia-
mo la capacità di proporci nella
lingua di senso comune, che dà
forma al futuro della società.
UN FARE SCUOLA
PROFETICO
A lungo ho creduto che l’insegna-
mento riguardasse i contenuti;
bisognava costruire dei corsi
attorno a specifici corpi di cono-
scenze, e avere successo in un
dato corso significava padroneg-
giare questi contenuti. Non ne
sono più convinto. Ho avuto
successi considerevoli nel tradi-
zionale percorso scolastico, ma
cosa resta ora del contenuto dei
corsi che ho seguito? Senza dub-
bio, ricordo a grandi linee alcuni
concetti guida, ma i particolari
della civilizzazione dei Greci, la
grammatica latina, i re d’In-
ghilterra, o le strutture del cervel-
lo sono ora vaghi ricordi. E non
sono il solo. Varie ricerche hanno
ampiamente dimostrato che gli
studenti raramente ricordano il
20% dei contenuti di un corso,
anche solo pochi mesi dopo la
sua conclusione.
Ma, allora, che cosa ho portato
con me dei molti temi di lettera-
tura, storia o filosofia, per fare
alcuni esempi, che ho scritto a
scuola? Solo una piccola parte dei
contenuti è rimasta, ma sicura-
mente so come scrivere. Cosa ho
imparato dai tanti dibattiti all’u-
niversità? Molto poco riguardo a