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Spazio aperto
fossero già riuscite a operare una di-
stinzione tra gli aspetti legati alla
coppia e quelli legati al loro essere
genitori. Invece è chiaro che se la
relazione con la propria storia non è
sufficientemente rielaborata nella
separazione, gli accordi presi duran-
te la mediazione familiare possono
avere vita molto breve” (de Bernart,
Francini, Mazzei, Pappalardo, 1999).
Nel corso della disputa, spostata
dalla dimensione coniugale su quel-
la genitoriale, una delle questioni
che assumono particolare rilevanza
è quella della lotta per il possesso dei
figli: ottenerne l’affidamento esclusi-
vo, in alcune circostanze, significa
sottolineare la vittoria sull’altro, co-
me se l’affido congiunto avesse a
che fare non tanto con un impegno
condiviso e compartecipe di cre-
scere i figli, bensì con l’idea che ciò
che si finisce per condividere siano
le responsabilità, le “colpe” del falli-
mento. Nella mente di coloro che si
trovano implicati in un processo di
separazione chi ha prodotto la rottu-
ra, o ha creato le condizioni perché
sopraggiungesse, deve infatti pa-
garne il prezzo: si chiede pertanto al-
la Giustizia che, definendo vittime e
colpevoli, stabilisca anche assoluzio-
ni e condanne. Il possesso dei figli
per alcuni diventa così ciò che, san-
cendo il risarcimento per il danno su-
bito, sottolinea soprattutto da che
parte stanno le colpe.
Ciò che in questi casi dovrà acca-
dere è che il genitore affidatario fa-
vorisca e non ostacoli la relazione
tra i figli e l’altro genitore e che il
genitore non affidatario sappia tol-
lerare il dolore che si determina a
seguito dell’eventuale rifiuto dei figli.
Compito della mediazione familiare
è evitare che gli ex coniugi riman-
gano bloccati a questo livello di
contesa e di guerra e questo potrà
avvenire nella misura in cui un aiuto
alla funzione genitoriale favorirà “il
rispetto dell’altro come genitore,
nonostante la frattura coniugale”
(Scabini, 1995, 262).
La mediazione familiare sistemica,
per realizzare tale compito, si pone
anche l’obiettivo di favorire il man-
tenimento dei confini genitoriali
che, nella disputa tra ex coniugi,
coinvolge in modo diretto anche le
famiglie d’origine. Difatti, nelle si-
tuazioni di pesante conflittualità tra
due genitori si possono verificare
delle circostanze nelle quali è la fa-
miglia d’origine a divenire “il vero
sostituto del partner per il genitore
affidatario e non affidatario, sicché
sono i nonni a esercitare la funzione
coparentale, venendo chiamati in
causa nell’accudimento dei figli
anche quando vengono contem-
poraneamente sentiti responsabili
delle incomprensioni tra i coniugi e
del fallimento del loro rapporto”
(Malagoli Togliatti e Ardone, 1992,
220).
Una ridefinizione dei confini genera-
zionali ha tre finalità:
1. evitare nei figli non solo una con-
fusione di ruoli e di funzioni du-
rante il loro percorso di crescita,
ma anche il rischio di una possi-
bile totale esclusione di uno dei
due genitori o comunque la sua
costante squalifica.
2. Favorire nei genitori l’elaborazio-
ne della propria crescita rispetto
alle famiglie d’origine, perché
solo questo passaggio potrà
permettere un’adeguata assun-
zione di compiti genitoriali e, nel
contempo, una possibilità di ri-
lanciare la propria vita affettiva.
3. Permettere ai nonni di godere
della loro posizione di non
coinvolgimento diretto nelle re-
sponsabilità relative alla cresci-
ta dei nipoti. Un eccessivo
coinvolgimento in tali funzioni
determinerebbe, infatti, uno
spostamento verso preoccu-
pazioni, timori e ansie che fa-
rebbero venire meno quelle
occasioni di gioco spontaneo
e quelle relazioni serene e rilas-
sate delle quali hanno così tan-
to bisogno sia i minori che i
nonni in una fase così delicata
della vita familiare.
Nel corso degli incontri di mediazio-
ne il professionista potrà, a sua scel-
ta, coinvolgere in una o più occa-
sioni i figli stessi, sia per dare acco-
glienza alla loro sofferenza, sia per
conoscere quale comunicazione è
stata loro data circa la separazio-
ne, e tutto ciò aiuterà i genitori a
comprendere l’importanza decisi-
va del raggiungimento di un accor-
do ai fini educativi. Nel caso si trat-
ti di bambini, uno strumento parti-
colarmente utile è quello del dise-
gno congiunto, di cui si parlerà in
seguito.
Il mediatore, per ottenere gli scopi
sopra citati, dovrà fare in modo che
i genitori prendano consapevolezza
delle proprie capacità, delle proprie
risorse e delle modalità per superare
gli eventuali momenti di impasse e
di conflitto. Il mediatore non dovrà
però fornire soluzioni preconfeziona-
te, ma dovrà, maieuticamente, far
emergere e far sviluppare, facendo
leva sull’amore che i genitori co-
munque e sempre sentono verso i
loro figli, la capacità di ognuno di
assumersi fino in fondo le responsa-
bilità che gli competono in quanto
genitore e che sono state attenuate
dalla sofferenza legata alla separa-
zione.
Se i genitori, al termine del percor-
so di mediazione, avranno appreso
come usare quelle stesse differenze
che in passato avevano generato
una serie infinita di conflitti come
meccanismo propulsore per effet-
tuare le scelte più idonee alla cre-
scita dei figli, saranno successiva-
mente in grado di trovare altri ac-
cordi senza il ricorso ad un aiuto
esterno. Pertanto, il passaggio da
effettuare è quello che va da un
percepire le differenze come fonte
di chiusura, di contrasto, di rifiuto,
ad un accoglierle come lo stru-
mento più idoneo per affrontare il
compito più difficile che ogni indivi-
duo si trova a sostenere nella pro-
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QUADERNI
DI
ORIENTAMENTO
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