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QUADERNI
DI
ORIENTAMENTO
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Spazio aperto
PREMESSA
Durante questi ultimi anni le pro-
blematiche connesse alle situa-
zioni di separazione e divorzio
hanno via via assunto una rilevan-
za sempre più marcata nella pra-
tica quotidiana concernente l’or-
ganizzazione della società e della
famiglia. Di conseguenza, una
schiera sempre più nutrita di figu-
re professionali (operatori dei ser-
vizi socio-sanitari, legali, giudici
ed anche psicoterapeuti privati)
alle prese con la specificità delle
dinamiche che caratterizzano le
varie fasi del processo di separa-
zione, ha palesato l’esigenza di
una formazione più adeguata per
poter intervenire in maniera ac-
corta ed efficace. (*)
La mediazione familiare è uno degli
interventi possibili, ma è indubbia-
mente quello più indicato nei con-
testi di elevata conflittualità, duran-
te l’articolato e complesso proces-
so della separazione coniugale,
che va a collocarsi in un nuovo
campo d’intervento quale è quello
psico-giuridico. Il mediatore si va a
situare così in una “delicata area
intermedia tra contesto giuridico-
legale e contesto psicoterapeuti-
co” (Aurilio, 1998, 73). Quest’area
potrebbe essere ridefinita come
una modalità con cui “il corpo so-
ciale” offre un aiuto alle famiglie
“nel superamento della transizio-
ne” (Scabini, Cigoli, 2000, 204), ov-
vero nell’affrontare “la fine del pat-
to (coniugale) sapendo portare in
salvo il legame medesimo” (Scabi-
ni, Cigoli, op. cit., p. 203), condizio-
ne indispensabile per tutelare il
passaggio generazionale attraver-
so la cura congiunta dei figli.
L’aiuto alla famiglia “può avvenire
mediante forme di dono-sostegno
che vanno dalla mediazione fami-
liare all’attuazione di gruppi di mu-
tuo aiuto, fino alla consulenza clini-
ca e alla psicoterapia, e forme di
protezione del danno, quali la con-
sulenza tecnica rivolta al tribunale e
gli spazi neutri d’incontro. Queste ul-
time forme sono attivate quando
manca uno spazio di dialogo co-
struttivo familiare” (Scabini, Cigoli,
op. cit., p. 204). Nel loro complesso,
tutte queste modalità di aiuto van-
no a circoscrivere un campo di in-
tervento chiamato psicogiuridico,
che richiede conoscenze e percorsi
formativi specifici. Non è difatti pos-
sibile, come accadeva in passato,
operare in detta area pensando
semplicemente di trasferirvi le cono-
scenze acquisite in altri campi, qua-
le quello psicoterapico o legale o
psichiatrico o psicologico, nono-
stante permangano tracce di tale
mentalità anche nel presente. In sin-
tesi, non è più possibile improvvisarsi
esperto nel campo della separazio-
ne e del divorzio.
COS’È
LA MEDIAZIONE
FAMILIARE?
In una recente riunione del Forum
Europeo della mediazione familiare
vi è stato un confronto tra le diffe-
renti definizioni che i alcuni Centri
italiani ed europei utilizzano per de-
finire la mediazione familiare, con lo
scopo da un lato di sottolineare e
ordinare gli elementi comuni, e dal-
l’altro di realizzare un confronto sulle
eventuali differenze. Ebbene, è
emerso che le posizioni dei Centri,
che da anni operano nel campo e
che in passato si erano contraddi-
stinti per contrapposizioni a volte
anche serrate, appaiono molto più
vicine che in passato, mentre le dif-
ferenze sembrano più legate a di-
versi ambiti di ricerca, piuttosto che
a rigide posizioni “di parrocchia”.
LA MEDIAZIONE
FAMILIARE
TRA CONTESTO
GIURIDICO-LEGALE
E CONTESTO
PSICOTERAPEUTICO
La mediazione familiare è
l’intervento più indicato nei
contesti di elevata conflittualità,
durante l’articolato e complesso
processo della separazione
coniugale, che va a collocarsi in
un nuovo campo d’intervento
quale è quello psico-giuridico
(*) Il mio personale interesse per la mediazione familiare nasce a seguito dell’attività clinica con coppie e famiglie che svolgo abitualmen-
te all’interno dell’Istituto Veneto di Terapia Familiare (ITFV) e grazie al lavoro di ricerca e di riflessione con i colleghi dello stesso Istituto e con
quelli degli altri numerosi Centri con i quali, dal 1995, condivido l’appartenenza all’Associazione Internazionale Mediatori Sistemici (A.I.M.S).
Potrei affermare che il primo approccio alla mediazione è stato frutto di una necessità operativa, ovvero la conseguenza della ricerca di
una modalità di intervento più idonea a fornire una adeguata risposta sia all’impennata di richieste di aiuto pervenute da parte di coppie
in crisi o in via di separazione, sia all’incremento considerevole di domande di sostegno a bambini e, soprattutto, adolescenti che stanno
vivendo gli effetti negativi di una gestione conflittuale della separazione tra i genitori. L’avvicinamento alla mediazione familiare è scaturi-
to quindi da un’esperienza clinica che si dimostrava poco idonea, anzi a volte improduttiva, nell’affrontare la sofferenza prima di tutto le-
gata alla separazione e successivamente alla difficoltà, dopo l’avvenuta rottura coniugale, di “mettere in atto forme di collaborazione con
l’ex coniuge per garantire l’esercizio della funzione genitoriale” (Scabini, Cigoli 2000, 213) nell’interesse dei figli.