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Spazio aperto
stazioni di violenza verso i figli, ecc.)
deve essere, a mio avviso, affianca-
ta una corretta valutazione di come
ognuno dei due genitori è in grado
di sviluppare la relazione genitoriale.
Ovviamente tale capacità è forte-
mente condizionata dal livello di
elaborazione dell’avvenuta rottura
coniugale.
Sono ormai numerose le ricerche e
gli studi che approfondiscono e de-
finiscono le varie tappe della sepa-
razione; la stessa esperienza clinica,
nell’ambito della psicoterapia di
coppia e degli incontri di mediazio-
ne, pone costantemente i professio-
nisti di fronte ad una complessità di
aspetti che richiede sempre più una
specifica formazione. È pratica or-
mai consolidata per gli esperti in di-
namiche familiari avviare una riela-
borazione dei numerosi processi di
riorganizzazione intrapsichici e rela-
zionali che si verificano nel corso di
una rottura coniugale, in quanto la
fine di un matrimonio o di una con-
vivenza implica non soltanto la se-
parazione dal partner, “ma soprat-
tutto una separazione da aspetti
della propria storia di vita” (Scabini
op. cit., 255). Ad esempio, dopo la
rottura coniugale ognuno dei part-
ner dovrà “lavorare per riprendersi
la responsabilità e l’iniziativa per la
soddisfazione di tutte le aspettative
che l’altro aveva accettato di sod-
disfare e deve elaborare la rottura
della reciprocità affettiva costruitasi
nell’evolversi della relazione coniu-
gale” (Busso, 2001b, 36).
L’esperienza ci insegna inoltre a sa-
per distinguere il dolore, la sofferen-
za che i personaggi coinvolti speri-
mentano a seguito della rottura
coniugale, da quello che può esse-
re prodotto da una gestione alta-
mente conflittuale dei momenti
successivi la decisione di separarsi.
Difatti la separazione provoca sem-
pre e comunque un livello più o
meno consapevole e intenso di sof-
ferenza, anche in coloro che si as-
sumono la responsabilità della rot-
tura, che andrà ad incidere nella
rete di relazioni in cui ognuno è in-
serito: “separazione e divorzio sono
la conseguenza di una frattura
che, come tale, lascia inevitabil-
mente tracce profonde nella vita
di un nucleo familiare” (Scabini op.
cit., 255). Le ricerche longitudinali
circa gli effetti della separazione ci
consentono comunque di dire che
le conseguenze più distruttive e ne-
gative sono in realtà il risultato del-
la cattiva gestione, da parte dei
genitori e/o delle famiglie d’origi-
ne, delle fasi successive alla sepa-
razione stessa che si realizza in par-
ticolare attraverso la guerra per il
possesso dei figli. Da segnalare, in
proposito, gli studi condotti da
Emery (1994) il quale, ad esempio,
sottolinea che “lo stato di tensione
indotto dall’assistere a manifesta-
zioni di rabbia e di ostilità è forse la
conseguenza più grave che il con-
flitto tra i genitori ha per i figli” (pag.
250).
Il passaggio da una separazione sì
dolorosa, ma matura e responsabi-
le, ad una separazione carica di
rancore, aggressività e aggravata
da sofferenze che a volte produco-
no veri e propri sintomi psichici e fisi-
ci, è strettamente collegato alla
realizzazione o meno, da parte degli
ex-coniugi, di quell’operazione
complessa che la Scabini definisce
“il compito chiave”, ovvero “realiz-
zare il cosiddetto divorzio psichico,
che implica principalmente l’elabo-
razione e la comprensione del falli-
mento del legame. Obiettivo di
questo lavoro psichico è definire in
maniera non ambigua i confini del
proprio legame, mantenendo un
equilibrio di distanze che non ecce-
da nei due estremi dell’attacca-
mento confusivo o dell’esasperato
conflitto (Iafrate, 1994)” (Scabini,
op. cit., 257).
Sono esattamente queste ultime al-
cune delle caratteristiche che più
frequentemente si ha modo di os-
servare in quelle coppie che non
riescono ad accedere al “divorzio
psichico” (Bohanan, 1970). Sono
coppie caratterizzate da una qua-
lità del legame che, sin dal suo esor-
dio, si distingue per l’incapacità da
parte dei partner di rielaborare le
iniziali aspettative di cambiamento
proiettate, durante la fase dell’inna-
moramento, nell’altro. La loro vita di
relazione è stata contraddistinta nel
corso degli anni soprattutto da sen-
timenti di delusione: l’altro non solo
non è stato capace di aiutare il
partner a modificare alcune delle
sue caratteristiche, ma non è stato
neppure in grado di cambiare qual-
cosa di sé. A questo punto la solu-
zione è: o continuare a sperare che
l’altro cambi, o eliminarlo.
Sono coppie caratterizzate da
un’alta conflittualità e l’obiettivo è
farsi reciprocamente la guerra, per
definire vinti e vincitori. È proprio a
queste dinamiche relazionali che fa
riferimento Cigoli (1988) quando
parla di legame disperante, che
unisce due ex coniugi che non
smettono di sperare in un cambia-
mento dell’altro, e di famiglie sci-
smatiche, laddove il conflitto è cen-
trato sul possesso totale ed esclusivo
dei figli da parte di un solo genitore
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QUADERNI
DI
ORIENTAMENTO
21
Tina Modotti,
Piccolo stand con giocattoli
,
Messico 1927 ca.
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