e che avrà l’obiettivo di acquisire
informazioni circa l’incontro di cop-
pia, la nascita dei figli, l’evoluzione
della crisi coniugale fino alla deci-
sione della rottura definitiva. Nello
stesso incontro, o in uno successivo
da tenere congiuntamente, il me-
diatore dovrà effettuare una corret-
ta analisi della domanda e definire
quindi il possibile contesto di inter-
vento.
In questa fase di consultazione il
professionista sarà inoltre chiamato
a fare un’attenta valutazione ed
analisi “della qualità del conflitto
che vede coinvolti i due genitori nel
contendersi i figli” (Mattucci, Pap-
palardo, 2001, 22). Gli autori pren-
dono, infatti, in esame non tanto
l’intensità e il grado raggiunto dal
conflitto coniugale, bensì, attraver-
so lo studio della relazione di coppia
antecedente la rottura, la qualità
del conflitto, con l’obiettivo “di giun-
gere ad una corretta definizione
della possibilità di accedere o me-
no ad un processo di mediazione”
(pag. 22).
Agli abituali criteri di non mediabilità
(presenza di gravi problemi di natu-
ra psichiatrica, relazione di coppia
francamente sbilanciata, manife-
Spazio aperto
munque “altro” da loro. Abitual-
mente, se non è già avvenuto pri-
ma, è con l’adolescenza dei figli
che i genitori saranno comunque
chiamati a fare i conti con il conflit-
to, in questo caso generazionale, e
saranno costretti ad affrontarlo no-
nostante per anni lo abbiano evita-
to. È superfluo aggiungere che il
confronto con questa nuova espe-
rienza, in questo caso, sarà ben più
dura e più difficile da superare e da
risolvere.
“A differenza dell’evitamento, l’im-
pegno in un conflitto interpersonale
può consentire una soluzione co-
struttiva e reciprocamente arric-
chente. Ciò si verifica se le coppie
riescono a mettere in atto una buo-
na varietà di risposte in situazioni di
conflitto (umorismo, spontaneità,
ecc.), evitando l’espandersi del
conflitto al di là del problema che
l’ha innescato. In questo caso si ca-
pisce che ciò che conta veramente
per la coppia non è tanto la risolu-
zione, quanto il processo in se stes-
so” (Scabini, op. cit., 259). Natural-
mente, l’impegno nel conflitto non
è di per sé la modalità di funziona-
mento più adeguata. Diventa, di-
fatti, “una modalità rigida di relazio-
ne quando il conflitto tende ad as-
sorbire l’intera prospettiva tempora-
le del rapporto, allargandosi fino a
provocare attacchi sull’identità per-
sonale e toccando aree particolari
di vulnerabilità (…) infatti l’espansio-
ne del problema indica che è in gio-
co qualcosa di più: il conflitto, se
non arginato, può prendere un cor-
so distruttivo” (pag. 259).
In sintesi, l’obiettivo di ogni individuo
rispetto al conflitto è innanzitutto
quello di accettare e integrare le
differenze che lo caratterizzano co-
me persona, per poi accettare e in-
tegrare le differenze presenti nell’al-
tro (partner, figli, familiari, amici, col-
leghi, conoscenti).
Quando le coppie si rivolgono ad
un mediatore significa che il conflit-
to è divenuto insanabile, che il si-
stema delle relazioni più significati-
ve non riesce più a reggerne le
conseguenze e che i personaggi
coinvolti non riescono da soli a tro-
vare soluzioni soddisfacenti e utili
per tutti. Vedremo in seguito come,
comunque, in questa fase ci si trovi
di fronte ad un conflitto che man-
tiene delle potenzialità evolutive
positive, “sfruttabili da chi abbia un
minimo di capacità di cogliere ciò
che accomuna gli opposti” (Busso,
2001a,15).
È proprio questo uno dei compiti del
mediatore familiare: aiutare i due
genitori in conflitto a trovare soluzio-
ni adeguate per sé e per i figli, sen-
za rinunciare totalmente alla logica
antagonista che ha caratterizzato
la loro esistenza negli anni di convi-
venza. L’esperienza della mediazio-
ne diventa così esercizio su come,
partendo dal conflitto e dalla sepa-
razione coniugale, si possa acquisire
una competenza relazionale che
permetta di apprendere un nuovo
modo di collaborare sul piano geni-
toriale.
SEPARAZIONE
CONIUGALE:
QUANDO
IL CONFLITTO
È MEDIABILE
E QUANDO NO
Generalmente si perviene alla de-
cisione di rivolgersi ad un mediato-
re familiare a seguito dell’invio da
parte di un legale, di un giudice at-
tento e sensibile, di un terapeuta,
di un amico, di un familiare o attra-
verso la conoscenza avvenuta tra-
mite la diffusione di materiale pub-
blicitario.
Compito del mediatore è strutturare
un’iniziale consultazione, che potrà
coinvolgere i due genitori congiun-
tamente o, a volte, separatamente
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QUADERNI
DI
ORIENTAMENTO
21
Tina Modotti,
Julio Antonio Mella
, Messico 1928