suoi risultati scolastici non erano
buoni, ma rifiutava l'autorità dei
maestri, degli educatori, così come
rifiutava di ubbidire o di ascoltare
i consigli di suo padre e del suo
patrigno. Le madri erano più cre-
dibili ma, diceva, "sono più forte
di loro perché io non ho pianto
quando piangeva la mamma". Da-
vid diceva di essere contento di
avere due famiglie con molti bam-
bini in totale. A nove anni di-
chiarò, ed era vero, che i suoi "pic-
coli guai" erano guariti e che per
adesso non aveva più bisogno di
me. Avrebbe ripreso i contatti più
in là se ce ne fosse stato bisogno.
Era un ragazzo precocemente ma-
turo che godeva di una certa auto-
rità sui suoi compagni ma anche
all'interno della sua famiglia. I
suoi pareri erano ascoltati, sempre
pertinenti, e ci si rallegrava dei
suoi successi scolastici di cui la
madre mi informava ogni tanto.
Ho rivisto David quando era già
entrato nella vita professionale.
Aveva preso impegni politici, si
era assunto delle responsabilità.
"Va tutto bene tranne che non rie-
sco ad avere una relazione fissa e
tanto meno a pensare a farmi una
famiglia, mentre ne avrei voglia".
È allora che è riuscito ad intrapren-
dere una cura analitica dove l'affac-
ciarsi dell'immaginario sulla scena
del sogno lucido ha rivelato un'im-
magine fragile di lui, quella di un
"principe dei miei stivali", di un
giovane romantico alla ricerca del-
l'amore eterno, sempre impossibile.
Come non pensare che questo ra-
gazzino che aveva reagito così bene
ai problemi posti da genitori dalle
leggi incerte, alle scelte e alle fe-
deltà difficili, aveva sempre messo
a tacere il bambino ferito che era,
esigendo da lui stesso l'invenzione
di una saggezza di cui non aveva il
modello, di un rigore di cui cono-
sceva solo i sentieri tracciati da lui
stesso?
APERTURE
Tutto ciò mi porta a pensare che i
bisogni del bambino che rimango-
no ciò che erano (bisogno di rico-
noscimento e d'amore), gli stili di
vita in cui molto spesso facciamo
vivere questi bambini non danno
né figure d'identificazione né rego-
le di cui hanno bisogno per la loro
sicurezza. Inoltre, la violenza che il
mondo adulto esercita su di loro,
imponendo loro una realtà che non
avrebbero desiderata tale, insieme
ad una parola appropriata ma
spesso troppo esplicativa con la
scusa della chiarezza, impedisce le
lente elaborazioni alle quali la co-
struzione e poi la perdita del ro-
manzo familiare recavano con
grande ricchezza. Così la loro sag-
gezza arriva talvolta troppo presto,
insieme al rischio costante di preci-
pitare nei disordini di cui ho parla-
to sopra.
Ammettere la coesistenza di mo-
delli familiari e parentali diversifi-
cati non potrebbe essere rimesso in
causa: si tratta del frutto di una
realtà oggi attuale. Invece spetta
agli adulti nutrire l'affettività dei
bambini tramite queste diversifica-
zioni, queste crisi che sono talvolta
la fonte di grandi disordini. Per
questo non avrei cieca fiducia nella
regola del "dire tutto", con la scusa
di non nascondere niente ai bambi-
ni. E vorrei che pensassimo all'im-
portanza dello spiegamento del-
l'immaginario creativo con il quale
il bambino s'inventa altre vie ri-
spetto al solo adattamento o alla
mera accettazione; all'importanza
dei punti di riferimento solidi, al
rispetto di chi lo circonda; all'esi-
genza etica di ognuno, senza la
quale frantumiamo i nostri bambi-
ni invece di aiutarli a costruirsi.
BIBLIOGRAFIA
1) N. Fabre “Le travail de l’imagi-
naire en psychothérapie de
l’enfant”. Dunod, 1998; R. De-
soilles “Le réve éveillé dirigé.
Ces étranges chemins de l’ima-
ginaire”. Erès, 2000.
2) M. Robert “Roman des origi-
nes, origines du roman”
3) N. Fabre “Au miroir des rè-
ves”. Desclée de Brouwer,
2001; di prossima pubblicazio-
ne presso le Edizioni Magi di
Roma.
Nicole Fabre
Membro fondatore ed ex-presidente del
G.I.R.E.P.
(Gruppo Internazionale del Sogno Lu-
cido in Psicanalisi)
Membro del Comitato di redazione del-
la rivista Imaginaire et Inconscient
(L'Esprit du Temps ed., divulgazione
P.U.F.)
Orientamento
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QUADERNI
DI
ORIENTAMENTO
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