suscitato, è riuscita a spostare ciò
che in lei faceva da ostacolo per de-
scrivere la famiglia che si disfa e il
dramma delle due case diventate
piano piano la fortuna di avere due
case. Nello stesso periodo Carmen
fa progressi a scuola, comincia ad
"avere amiche", si tranquillizza e si
stabilizza. Arriva il momento in
cui parla dei suoi genitori con af-
fetto, dove riesce a tradurre nuova-
mente ciò che loro stessi hanno
detto di loro e della loro storia:
"Erano troppo giovani quando si
sono incontrati e quando mi hanno
avuta. Adesso sono cresciuti. Si
parlano tranquillamente e posso
fare alcune cose con loro".
Ariane:
Il problema di Ariane è diverso, an-
che se il suo sintomo d'agitazione
permanente e dei fallimenti che ne
conseguono, assomiglia a quello di
Carmen. Vive in una casa dove so-
no mischiate tutte le generazioni: la
figlia più giovane della nonna ha
l'età della più grande delle sorelle e
fratelli di Ariane. Il padre e il nonno
sono abbastanza assenti. La nonna
invece è molto presente e la madre
di Ariane va, viene, gira, si occupa
di varie associazioni, rientra come
un bolide. Non si capisce sempre
chi è chi per l'altro, che sia Ariane a
parlarne, o suo padre che ho visto
una volta, o sua madre o l'una o l'al-
tra delle sue zie o sorelle maggiori
venute ad accompagnarla alla sua
seduta di psicoterapia. Mi sento
smarrita quanto lei in questa fami-
glia dove mancano i punti di riferi-
mento. D'altronde, l'appartamento
troppo grande dove abitano tutte
queste generazioni rappresenta be-
ne la famiglia. Ariane tenta di com-
mentare la mappa confusa che ne
ha fatto: "non hai idea di tutte le
stanze che ci sono". Dico, per inizia-
re il lavoro dell'immaginario nel
quale confido per portare alla
realtà: "Ci racconteremo la storia di
un castello che esisteva tanto tempo
fa, molto, molto lontano da qui".
Ariane prosegue ed immagina que-
st'immenso castello dove ci sono co-
sì tante stanze che non si sa mai do-
ve ci si trova. Intere sedute sono de-
dicate a sognare questo castello, a
parlare di questo castello. Poi dise-
gna il castello che è veramente mol-
to complicato ed attribuisce stanze
diverse alla regina, alle principesse,
al re: "Metterò il loro nome dentro,
se no me ne dimenticherò". È come
l'inizio di una costruzione immagi-
naria di una famiglia immaginaria
che riflette bene ciò che percepisce
della sua famiglia. La stanza più
grande appartiene alla regina: da lì
vede tutto, sente tutto. Ed Ariane
immagina sistemi ingegnosi che
permettono alla regina di sapere
tutto ciò che accade nel castello.
Dietro alla regina onnisciente e on-
nipotente percepisco l'immagine
della nonna "così gentile", che in-
stalla generosamente "tutti quanti
allo stesso modo nel suo apparta-
mento". Semplicemente, la figura
della regina si rivela molto ambiva-
lente mentre il linguaggio conscio
che riguarda la nonna non contiene
mai una critica. Un giorno, Ariane
abbandona il castello, disegna un
fiorellino, minuscolo, in un immen-
so campo di fiori più o meno tutti
uguali. Propongo ad Ariane il "so-
gno lucido" riguardo al fiore. Molto
presto, il fiore che si è avviato per
fare visita agli altri fiori si smarri-
sce, confonde tutti, non sa più chi è
andato a trovare, ecc. Ariane ripren-
de la sua matita e traccia delle linee
per unire i fiori tra di loro, per iso-
larli gli uni dagli altri. Non si capi-
sce più niente.
La matita per aria, Ariane mi guar-
da e dice: "Tenterò di disegnarti la
mia famiglia. Vedrai.. è complica-
ta!!" Come se non ci fosse stato pro-
prio bisogno di interpretare il senso
degli smarrimenti e dei punti di ri-
ferimento mancati del fiorellino,
che questa semplice giustapposi-
zione conferma l'interpretazione
non detta. Insomma, inventa la tec-
nica del genogramma. Ma ci è arri-
vata dall'interno, non gliel'ho pro-
posto io: "Cercheremo di orientarci
nella tua complicata famiglia". Ha
incominciato a farlo dopo i sogni
lucidi sul castello, attribuendo ca-
mere personalizzate ad alcuni e de-
clamando l'onnipotenza della regi-
na madre. Ha continuato la sua ri-
cerca quando il fiorellino ha prova-
to a localizzarsi tra i fiori anonimi
ed extra-generazionali. Allora la
pressione è diventata tale che ha
sentito il bisogno di tracciare i veri
punti di riferimento della sua vera
famiglia.
"Per cominciare, mia nonna". Ci
vorrà del tempo per proseguire, ma
è con molto affetto che descrive le
relazioni, scopre "il rango" degli uni
e degli altri e finalmente paragona
il castello al goffo genogramma che
ha realizzato… Ammette allora che
"ciò che ingarbuglia tutto è la regi-
na, se crede di comandare tutto".
Un po' più tardi dirà: "Mia nonna è
la prima, è la più vecchia. Ma la
mamma è la mia mamma, e mio
papà è mio papà" e ristabilirà chia-
ramente i rapporti tra tutti questi
abitanti della grande casa in funzio-
ne della loro collocazione genera-
zionale.
David:
Il terzo ed ultimo esempio è quel-
lo di David, che ho conosciuto
quando anche lui aveva otto anni,
e che soffriva, come le due bambi-
ne, di un'instabilità controllata. I
CAMBIAMENTI DEI MODELLI FAMILIARI
16
QUADERNI
DI
ORIENTAMENTO
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