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ORIENTAMENTO
mente la persona nel suo insieme e
non il solo canale cognitivo, che di
fronte alla complessità e alla massa
enorme di informazioni e conoscenze
superspecialistiche disponibili rischia
di paralizzarsi o perdersi in impro-
duttivi cicli analitici. Invece, la pratica
orientativa, se vuole stare nel mondo
reale, prima di un intervento tecnico è
un percorso di vita in cui vanno a con-
fluire dinamicamente, scontrandosi,
incontrandosi, separandosi e fon-
dendosi, tutte le dimensioni dell’in-
dividuo. Integrazione come processo
vitale, costante, per portare dentro di
sé e trasformare, dando significato e
valore a tutto quello che di reale in-
contriamo nei diversi contesti e nelle
variegate esperienze di vita. Cosa e
dove integrare per crescere, senza
disgregarsi o impoverirsi? Come re-
alizzare le proprie potenzialità, il pro-
prio
Daimon
come direbbe Hillman?
(1996). In definitiva, come orientarsi
nelle società dell’incertezza? Doman-
de difficili a cui ovviamente non pos-
siamo dare una risposta univoca, ma
che meritano ugualmente di essere
affrontate con lo sguardo ampio e
aperto ad un orizzonte di nuove e
non ancora conosciute possibilità.
A nostro parere infatti è necessario
un cambiamento di rotta importan-
te sostenuto da pre-condizioni a li-
vello sociale e a livello individuale.
Le affronteremo tramite tre aspetti
essenziali tra loro complementari:
a)
mettere a punto la “macchina”
; b)
andare oltre il condizionamento
; c)
sviluppare la consapevolezza e l’au-
todeterminazione
.
METTERE A PUNTO
LA“MACCHINA”
Questo è un passaggio essenzia-
le, senza il quale qualsiasi discorso
sull’orientarsi consapevolmente in
unmondo così mutevole diventa vel-
leitario. Usiamo il temine
macchina
a
ragion veduta per riferirci alle gran-
di potenzialità di movimento insite
nell’organismo umano qualora fun-
zioni in modo adeguato e conforme
cioè alla sua natura. Ci sono vari livelli
di descrizione e di analisi su cui ci si
potrebbe collocare, noi ci poniamo
prioritariamente al livello in cui i pro-
cessi psico-fisici diventano espliciti,
osservabili e modificabili dal sogget-
to stesso con l’eventuale contributo
degli altri. In questo caso, non è di
grande interesse e valore l’osserva-
zione o la comprensione proveniente
dall’esterno, scientifica o meno, ma
quella interna, quando il soggetto
medesimo osserva e riflette su se
stesso, con i suoi propri strumenti di
comprensione.
Sulla questione del buon funzio-
namento dei tre centri nell’uomo, si
è detto che sono fatti per lavorare
assieme, integrandosi a vicenda. Te-
oricamente ogni atto significativo
dell’uomo dovrebbe essere la risul-
tante di una componente motoria o
di azione (
fare
), di una affettiva-mo-
tivazionale (
sentire
) ed una riflessiva
analitica (
pensare
). Purtroppo però, a
causa di apprendimenti disfunziona-
li e/o di condizioni esterne alterate,
molto spesso i centri e le loro varie
sottopartizioni non sono più in gra-
do di lavorare in modo sinergico, ma
ciascuno funziona per proprio con-
to rispondendo meccanicamente a
impulsi/condizionamenti diversi, di-
sperdendo in questo modo l’energia
a disposizione del soggetto in mille
direzioni. Nulla di grave se questo
meccanismo portasse alla rielabora-
zione di impressioni e fatti reali e alla
spontaneità creativa, mentre invece
non fa altro che racchiuderci in una
realtà costantemente pensata, quasi
virtuale, costruita e mantenuta pas-
sivamente, tramite potenti meccani-
smi di auto-identificazione. Certo, su
questo aspetto si potrebbe obiettare
che l’uomo, in quanto essere culturale
dotato di pensiero “rappresentativo”
e non solo “percettivo”, vive sempre
in una realtà costruita. Ma allora, pro-
prio in virtù di questo fatto, diventa
essenziale considerare queste rap-