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ORIENTAMENTO
re, l’empatia, la creatività, l’etica e le
infinite sfumature delle percezioni
sensoriali e dei moti interiori.
Le emozioni non sono dunque solo
un problema, ma anche una risorsa. Le
emozioni in sé non sono né positive
né negative e svolgono un compito
essenziale nel nostro organismo. Ma
altresì hanno perso quella funzione
più legata alla sopravvivenza che con-
sentiva all’uomo primitivo di attaccare
rapidamente o altrettanto rapidamen-
te di scegliere la fuga. Per l’uomomo-
derno hanno assunto invece valenza
vitale le emozioni secondarie, cioè le
emozioni apprese durante la crescita,
dalla famiglia, dagli amici, dai media,
dalla società, che vanno a formare e
condizionano la sua personalità con
il carico di giudizi, valori, confronti,
pregiudizi, che si portano appresso.
L’individuo, nella vita di tutti i giorni,
deve allora fare i conti in determinate
circostanze con quel mix di reazioni
fisiche, che si scatenano associate
alle emozioni, unite però a catene
di pensieri, generalmente negativi e
spesso ripetitivi, evocate dalle stesse.
Le emozioni, catturate dal pensiero,
che le mantiene artificialmente in vita
quando si sono esaurite, si trasfor-
mano nell’umore, “
che rappresenta
un’inclinazione del sistema affettivo
verso una determinata emozione fon-
damentale, che tende a influenzare i
processi percettivi, il modo di pensare,
di riflettere su se stessi e di ricordare
(Fabbro, 2011)
Allora il problema fondamentale
non è più il come ricercare e coltivare
le emozioni piacevoli/positive e con-
trollare o gestire quelle disturbanti/
negative, ma come non restare im-
prigionati da questo corto circuito fra
emozione e pensiero, che impegna
i circuiti cerebrali, consuma buona
parte dell’energia emotiva a disposi-
zione dell’individuo, tiene occupato
il canale emozionale ostacolando l’in-
contro con le impressioni e gli stimoli
reali del presente, che così rischiano
di rimanere sullo sfondo piatti, inco-
lori e privi di qualsiasi energia per
la comprensione e per l’interazione
con il mondo reale. Questo semplice
ma pregnante concetto è stato ben
espressomolte volte metaforicamen-
te paragonando la mente ad un vaso
pieno che per ricevere il nuovo deve
prima essere svuotato dal vecchio
contenuto.
In pratica, però, come abbiamo
visto, essendo il processo di attiva-
zione emotiva velocissimo, automa-
tico, circolare, impossibile da fermare
con l’azione o il pensiero intenzionale
quando è già in atto, si devono tro-
vare delle strategie alternative per
intervenire e aggirare l’ostacolo della
loro possibile ingovernabilità. Si pos-
sono individuare due linee di lavoro:
una che sfrutta i legami tra emozio-
ni e pensieri, e l’altra le connessioni
con il corpo. La prima, partendo dalla
constatazione che la ripetitività e la
permanenza delle emozioni dipendo-
no dai pensieri e dagli atteggiamenti
mentali, suggerisce di intervenire in
primo luogo nellamodifica delle strut-
ture di pensiero che sostengono le
emozioni negative e disturbanti (Ou-
spensky 1979; Hillman, 1996). Abbia-
mo infatti più possibilità di intervento
diretto sui nostri pensieri che sulle
nostre emozioni. L’auto-osservazione
di come pensiamo di essere e di come
pensiamo che gli altri ed il mondo
siano rispetto a noi è già una buona
premessa al cambiamento, affinché
riesca finalmente ad emergere pri-
ma la percezione e poi la concreta
possibilità di sentire e di vedere le
cose anche da altri punti di vista. La
seconda linea di lavoro utilizza in-
vece quello strumento formidabile,
che abbiamo a disposizione, che è il
corpo, sempre nel presente reale, nel
qui ed ora. Poiché c’è una strettissima
correlazione fra l’emozione e le sue
manifestazioni fisiche, possiamo sfrut-
tare la circolarità di questo processo
per intervenire sugli stati emotivi, ap-
proccio utilizzato per esempio dalle
tecniche del training autogeno, della
desensibilizzazione sistematica e della
bioenergetica (Lowen, 2004).
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