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ORIENTAMENTO
che il sé si reifica, dal momento che
esiste già nelle persone come nucleo
immutabile; la seconda, più spostata
ai nostri giorni, afferma che il sé è un
racconto a posteriori, con il quale il
sé si costruisce e questa costruzione
rappresenta contemporaneamente
il progetto di vita. Per lo studioso
quest’ultima prospettiva appare più
consona alla “
career construction the-
ory
” perché la narrazione, come dà
forma al sé, così mette a disposizio-
ne dell’individuo gli strumenti per
ricomporre la storia della propria vita
lavorativa.
La “
career construction theory
”
distingue inoltre il sé dall’identità
personale, che comprende ciò che
le persone pensano di se stesse, in
relazione ai ruoli sociali che rivestono
e al riconoscimento di questi da parte
degli altri. Raccontare della propria
identità consente di prendere le di-
stanze da sé come entità distinta e
fornisce una comprensione più rivolta
alla relazione fra il sé e il mondo. Sog-
getta quindi alle influenze dei conte-
sti, l’identità è più variabile rispetto al
sé e quindi più fragile e sottoposta a
revisioni di significato, che possono
rappresentare delle cesure fra una
configurazione e l’altra e in quanto
tali, creare ansia e disorientamento.
Quando non si trova il filo che dà sen-
so alla propria storia, siamo costretti
a reinterpretarla e a modificarla a
posteriori, azione sicuramente non
semplice e non lineare. In questi fran-
genti, suggerisce Savickas (2012), po-
trebbe essere d’aiuto rivolgersi ad un
“
career counsellor
” per riappropriar-
si della propria identità lavorativa e
contrastare sentimenti di impotenza
e inadeguatezza. Il paradigma per il
“
life designing
” prevede a quel punto
un processo dinamico e circolare di
cui sintetizziamo le fasi tramite parole
chiave che scandiscono il percorso:
• “
costruire”
la propria carriera attra-
verso piccole storie;
• “
de-costruirle”
al fine di individuare
idee e aspettative ricorrenti e auto-
limitanti;
• “
ricostruirle
” al fine di condurre in-
trecci e sequenze di episodi in un
tutto coerente;
• “
revisionare”
con l’aiuto del profes-
sionista l’insieme delle storie, al fine
di apportare miglioramenti, per cor-
reggere errori, e aggiustamenti, che
pongono termine a vecchi conflitti,
al fine di aumentare la stima di sé e
entrare in una più ottimistica visione
della vita;
• “
agire
” dopo aver trasformato la ten-
sione in intenzione.
Per concludere questo passaggio
sull’approccio costruttivista all’o-
rientamento, ci piace sottolineare
un punto caratterizzante il metodo
narrativo: la considerazione dei clienti
come “autori”, come persone proatti-
ve, che sono caratterizzate da storie
individuali e che possono essere aiu-
tate a riflettere sulle tematiche con
cui hanno costruito la loro vita perso-
nale e lavorativa. Ma questa riflessio-
ne necessariamente porta con sé altre
domande come: “
chi sono io
?”; “
quale
è lamia identità
?”; ”
quale è lamia visio-
ne del mondo
?”; “
quali relazioni ho con
i contesti che attraverso, siano uomini,
istituzioni, organizzazioni, luoghi reali
o immaginati
?” Naturalmente nel por-
si queste domande e nel tentativo di
rispondere non si può che far ricorso
all’insieme delle proprie esperienze
e alla propria essenza.
L’UNITARIETÀ
DEL PROCESSO
BIOENERGETICO
NELL’UOMO
La costruzione dell’identità e del
sé, prima nei contesti educativi e
familiari e poi nei contesti lavorati-
vi e sociali, non è semplicemente il
risultato di un processo cognitivo,
ma viene determinata dalla totali-
tà dell’individuo, in primis dal suo
corpo e da tutti i suoi meccanismi
fisiologici ed energetici. Spesso si
lavora separatamente sui pensieri o
con i pensieri, oppure sulle emozioni