QUADERNI DI
ORIENTAMENTO
Sfera in apertura
pietra napoleon e nero di Gorizia, 1968
D’altro canto, proprio la crisi può
rappresentare l’occasione per rimet-
tere a fuoco il ruolo dell’orientatore
ed evidenziare la centralità dei pro-
cessi di orientamento rispetto all’in-
sieme degli interventi per l’occupa-
zione e l’occupabilità.
In particolare, sono fattori che
spingono in tale direzione:
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l’accento posto, in primis nei do-
cumenti di indirizzo dell’Unione
Europea, rispetto all’impiego del-
le risorse messe a disposizione
dal FSE e conseguentemente nei
Programmi Operativi regionali -
sull’individualizzazione e flessibi-
lizzazione dei percorsi di lifelong
learning e di accompagnamen-
to all’ingresso/ricollocazione nel
mondo del lavoro;
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l’impiego crescente, da parte delle
Regioni, di forme di finanziamen-
to diretto alle persone al fine di so-
stenerne la domanda individuale
di servizi per l’istruzione, la forma-
zione, il lavoro (dal Voucher all’In-
dividual Learning Account sino al
concetto di Dote personale).
Dunque, tanto più si tenderà a
fare dell’individuo e della sua do-
manda il punto di attivazione e di
composizione personalizzata di un
mix di servizi possibili per l’occupa-
zione e l’occupabilità, tanto più sarà
necessario irrobustire la sua capaci-
tà di auto-orientamento. Quale mi-
gliore garanzia di efficacia nell’im-
piego delle risorse e degli strumenti
messi a disposizione dell’effettiva
capacità della persona di progetta-
re, affrontare e monitorare le scelte
relative alla costruzione e gestione
dei propri percorsi di istruzione, for-
mazione, lavoro, in tutte le fasi del
suo ciclo di vita e in particolare nei
momenti di transizione fra diverse
condizioni e percorsi?
A ciò si aggiungano gli effetti de-
rivanti dal così detto Piano anti-crisi
e in particolare l’impegno, ratificato
dalle Regioni in accordo con il Mini-
stero del Lavoro, a tenere insieme
politiche passive (sostegno al reddi-
i diversi servizi, strumenti e interfac-
ce previsti dai protocolli per la ge-
stione della crisi e, soprattutto, se si
vorrà evitare che gli investimenti in
termini di politiche attive del lavoro
vadano semplicemente, e burocrati-
camente, ad aggiungersi agli inter-
venti di sostegno al reddito, senza
creare vero valore aggiunto e senza
intercettare veramente i bisogni del
lavoratore, allora occorre rimettere
al centro la figura dell’orientatore.
E, tuttavia, riconoscere la centra-
lità dell’orientatore è solo il primo
passo. Gli orientatori sanno bene,
ritengo, quanto questa posizione
possa essere scomoda, difficile da
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to dei lavoratori espulsi dai processi
produttivi) e politiche attive (eroga-
zione di voucher formativi, tirocini,
bonus assunzione, ecc.). Se si vorrà
evitare di scaricare completamente
sui destinatari finali il necessario la-
voro di integrazione e di cucitura tra