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ORIENTAMENTO E SOCIETÀ
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Testa di guerriero atomizzato
terracotta, 1963
a vista; con una meta più o meno
definita in testa, ma pronti a cogliere
tutte le occasioni che si presenteran-
no all’orizzonte; attenti soprattutto
a riconoscere quella giusta, quella
che segnerà una svolta decisiva nel-
la propria vita e che, tipicamente,
nell’immaginario del nostro tem-
po, si presenterà in modo del tutto
imprevisto e dunque fuori da ogni
piano. È all’interno di questo tema
culturale, che trova giustificazione
quell’atteggiamento
(abbastanza
diffuso specie fra i giovanissimi) per
cui l'avere un progetto ben definito
riguardo al proprio lavoro futuro vie-
ne percepito quasi come un impe-
dimento, un voler limitare la piena
delle esperienze e rinunciare a priori
all’incontro con le tante sorprese che
la vita potrebbe riservare. Ed è dun-
que con questa sorta di strisciante
ideologia del peso della fortuna (con
l’inevitabile attesa del colpo di sce-
na che sovvertirà piani e posizioni,
comunque acquisite) che deve fare
i conti il lavoro dell’orientatore, con
il suo supportare la paziente costru-
zione e ricostruzione di un persona-
le progetto, che riconduca ad unità
esperienze molteplici e frammenta-
rie, e la ricerca di un‘filo narrativo’ at-
traverso cui dare senso e significato
a quanto ci accade.
In questo quadro (potremmo dire
di opportunità e minacce per l’orien-
tamento) cosa cambia con la crisi in
atto nel sistema economico-finan-
ziario e nel mercato del lavoro? Po-
tremmo dire innanzitutto che, come
ogni crisi, tende a radicalizzare ten-
denze già in atto e a far emergere
quanto già si muoveva sul fondo.
Il lavoro dell’orientamento sembra
farsi ancora più difficile. I numeri,
i ritmi e l’affanno propri della crisi,
tendono inevitabilmente a compri-
mere lo spazio di azione possibile.
Dove trovare il tempo, l’orizzonte, la
motivazione da dedicare ad esem-
pio a quella necessaria analisi di sé,
delle proprie competenze, dei pro-
pri punti di forza e debolezze, delle
proprie aspettative, analisi che costi-
tuisce uno dei passaggi fondamen-
tali del lavoro di orientamento?
Inoltre, quello della scelta, sembra
porsi come un problema di lusso, che
molti oggi sono convinti di non esse-
re nelle condizioni di potersi porre.
Quanto più si riducono i margini del-
la scelta, tanto più l’orientamento (in
particolare inteso nella sua funzione
di supporto alle scelte), vede drasti-
camente restringersi le sue possibili-
tà di azione di influenza?
I lavoratori e le lavoratrici che sono
stati espulsi o in via di espulsione
dai processi produttivi chiedono
risposte immediate (in termini di
sostegno al reddito, innanzitutto) e
non sempre sono disposti ad impe-
gnarsi attivamente nella ricerca di
un nuovo lavoro o in un programma
di seria riqualificazione. Che spazio
rimane, rispetto a queste categorie
di lavoratori/lavoratrici, per il lavoro
di orientamento?
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