QUADERNI DI
ORIENTAMENTO
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Cercate sulla rete ‘orientamento
scolastico’ e vi vedrete comparire
circa 563.000 risposte. Sfogliatele a
caso. Vi troverete tutto, dai test psi-
codiagnostici, a lezioni più moder-
ne del problema.
Scelgo un sito del secondo tipo
ed estraggo una sintesi di orienta-
mento dall’aria attuale: “
Fare orien-
tamento, sia che si tratti di
orienta-
mento scolastico
o
orientamento
professionale,
significa fare in modo
che la persona acquisti consapevo-
lezza nel momento in cui si trova a
dover fare una scelta, scolastica o
professionale che sia, e fare in modo
che affronti tale scelta (o scelte), nella
maniera migliore possibile per sè„
.
Il punto focale è quindi la persona
sotto tutti gli aspetti, da quello emoti-
vo, cognitivo, a quello sociale.
Si fa in modo che
sia la persona
stessa a capire,
ad
auto-orientarsi
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.
L’innovazione rispetto allo slogan
‘l’uomo giusto al posto giusto’ po-
trebbe trovarsi in quel “si fa in modo
che sia la persona stessa a capire, ad
auto orientarsi
„.
Ma agli estensori
del periodo sfugge l’ossimoro:
si fa
inmodo che
sia la persona a capire…
Fra
‘capire’
e
‘far capire
’ corre infatti
una differenza ingombrante, anche
se mimetizzata dal fogliame di sen-
so comune.
La stessa che c’è fra ’scoprire’ e
‘imparare’.
Tutto si aggiusterebbe con la me-
tafora socratico/platonica della mai-
eutica: se ciò che t’insegno è ciò che
sai già, allora posso fare in modo
che tu capisca, facilito cioè la sco-
perta di ciò che è già in te. E, come
vedete, si ricadrebbe così al (meno
subdolo, appunto) ‘ti dirò io chi sei’,
cioè alla teoria/tecnica che stava
dietro al paradigma dell’”uomo giu-
sto al posto giusto„.
Ma a rileggere con attenzione
l’esempio di abilità maieutica pro-
posto da Platone nel Menone, non
può sfuggire che l’eroe (Socrate),
fa scoprire all’altro ‘verità’ comuni,
grazie al fatto che il giovane schia-
vo/interlocutore ha già in prece-
denza (infanzia?) appreso nozioni
di matematica e di calcolo. Gli fa
credere insomma di essere uno che
‘ricorda’ leggi geometriche (perché
presenti nell’anima, prima della na-
scita), ma senza guida il giovanotto
non avrebbe appreso nulla. Avreb-
be dovuto insomma, quel giova-
ne schiavo, ricordare di ricordarsi.
Sempre ricordo è, ma l’anima non
lo possiede.
Vera è, quindi, l’affermazione
della pedagogia più illuminata:
puoi insegnare solo ciò che l’altro
sa già, ma guai a dimenticarsi quel
piccolo
plus
: occorre comunque…
insegnarlo. E, inoltre, per uscire
dal mito dei saperi innati, ribadia-
mo che quello slogan intelligente
sta a dire che ciò che voglio inse-
gnare passa facilmente nell’altro
se percorro col mio insegnamento
strade già precedentemente note
anche all’altro, perché anche da lui
percorse,
non perché già presenti e
nascoste in lui dalla nascita
.
Ciò vale non solo per la matema-
tica, ma anche per i valori culturali
e tutto ciò che sembra naturale e
vero: “
La forza delle idee riguardan-
ti la mente [...] non deriva dalla loro
verità, ma, a quanto pare, dal potere
che esse rivestono in termini di pos-
sibilità incorporate nelle pratiche
di una cultura. Puoi sbarazzarti del
concetto di delitto, quando ci sono
tribunali, polizia e prigioni? Forse,
quando una possibilità gode di un
credito sufficientemente vasto, si tra-
sforma in necessità nella mente stes-
sa degli uomini
„ (Bruner, 2000).
E ancora,
“C’è [...] una nutritissi-
ma quantità di ricerche che vanno
dalla rivoluzione cognitivista agli
studi contemporanei sui filtri con cui
selezioniamo e analizziamo le infor-
mazioni; ne emerge che ogni modo
di rappresentare il mondo porta con
sé delle prescrizioni circa ciò che è
“accettabile
„
come input; come a
dire che l’esperienza non è “teoria-
indipendente
„
.
(Ibidem)