SPAZIO APERTO
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tate dai loro singoli esponenti
corrisponderebbe una e una sola
lingua, secondo un certo tipo di
rappresentazione tutta occiden-
tale della filiazione unilineare
delle lingue, che risale ancora al
Romanticismo e che linguisti e
sociolinguisti hanno smontato a
partire per esempio dal fenome-
no dei prestiti linguistici (ma basta
in realtà vedere il modo in cui, in
tempi molto recenti, nuove lingue
sono state costruite, per esempio
nei Balcani, per sostenere deter-
minati progetti politici);
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in una società che si presumemul-
ticulturale queste varie culture e
lingue potrebbero o dovrebbero
avere pari valore e dignità, cioè
uguale accesso alle risorse (sim-
boliche e non) con cui costruiamo
le nostre esistenze, mentre invece
(come dimostrano proprio le co-
siddette lotte per il riconoscimen-
to) il contesto specifico, cioè il luo-
go e il tempo (istituzionale e non,
organizzato o meno) a partire dai
quali una cultura viene rappresen-
tata, non decidesse già in larga
misura l’esito delle successive “po-
litiche dell’identità”;
a quest’ultimo problema si po-
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trebbe ovviare facilmente (direi
quasi automaticamente) coinvol-
gendo attivamente i gruppi esclu-
si in quanto tali (per esempio se-
condo le necessarie, ma spesso un
po’ ingenue politiche di coinvol-
gimento delle comunità degli im-
migrati), mentre invece è proprio
questo meccanismo (secondo cui
qualcuno viene coinvolto – cioè, in
teoria, incluso – proprio in nome
di ciò per cui lo si esclude) che
produce quell’effetto stigma che
in molti casi perpetua e alimenta
l’esclusione;
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comunque, e in ogni caso, le cul-
ture, presunte o meno, sarebbero
alla fine qualcosa a cui gli indivi-
dui dovrebbero sottostare come
a una rigida batteria di regole,
mentre invece sono gli individui
stessi che, a seconda del modo in
cui le seguono, contribuiscono in
modo decisivo a mantenere, fare
e, talora, anche cambiare le regole
stesse.
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A questi cliché (che sono in realtà
solo alcuni di quelli a cui facciamo
normalmente ricorso) ne vorrei però
aggiungere un altro, un po’ meno
diffuso (o che forse comincia un po’
a diffondersi) e che mi sembra do-
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Spiaggia la sera
olio su tela, 1969