SPAZIO APERTO
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I CLICHÉDEL
MULTICULTURALISMO
Davide Zoletto
Le parole che usiamo quando pro-
gettiamo, realizziamo, valutiamo i
nostri percorsi educativi, in particola-
re i nostri percorsi educativi intercul-
turali, non sono mai parole neutre.
Molto spesso usiamo queste parole
come se niente fosse, come se una
equivalesse all’altra, ma ciascuna di
esse rimanda in realtà a certi modi
di pensare a noi stessi, alle culture, ai
rapporti fra le persone e le culture...
Il sociologo Alfred Schütz chiama-
va tutto questo il nostro “bagaglio
di conoscenze” o il nostro “pensare
come al solito”, cioè di quel modo di
pensare da cui deriva il modo in cui
ci muoviamo nelle situazioni di ogni
giorno.
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Questo nostro“pensare come al so-
lito” è in molti casi anche un “parlare
come al solito”, e il nostro “bagaglio
di conoscenze” è anche e soprattut-
to un “bagaglio di parole” che orga-
nizziamo, o che altri hanno organiz-
zato ieri e oggi per noi, in forma di
discorsi. Un po’ come se avessimo a
che fare, in questo come in altri casi,
con alcuni cliché, ma in senso quasi
letterale, cioè proprio con delle strin-
ghe di parole o argomentazioni a cui
potremmo fare ricorso in ogni circo-
stanza in cui sentiamo il bisogno di
dare un significato, non tanto o non
solo alle differenze in cui ci imbattia-
mo, ma al modo in cui ne facciamo
esperienza.
2
Prendiamo per esempio parole
come “multiculturalismo”, “multicul-
turale” o “interculturale”. Quali sono i
cliché, nel senso letterale di stringhe
di parole, a cui facciamo ricorso per
parlare del nostro quotidiano rap-
porto con quel tanto di eterogeneità
che ci circonda? Possiamo chiamarli
“equivoci”, cercando di sottolineare,
con questo termine, la loro natura
ambigua, spesso ingannatrice, ma
non per questo del tutto evitabile, o
sempre e comunque negativa.
3
Per
sottolineare cioè, come, in quanto
equivoci, si sottraggano, sfuggano
in qualche modo a una trattazione
solo in termini di verità e falsità. Per
mostrare cioè come non si possa
dire che identità e culture, così come
oggi circolano in noi e intorno a noi,
siano semplicemente autentiche o
inventate, genuine o posticce. Per-
ché sono invece entrambe le cose. O
cessiamo di usare parole come que-
ste, oppure accettiamo di usarle in
modo diverso.
È per questo, per osservare meglio
l’accumularsi di queste parole, che
vorrei trattare ora questi equivoci
come dei cliché. Perché il clichéman-
tiene il carattere ambiguo che carat-
terizzaogni equivoco: unclichédopo
tutto non è mai né vero, né falso, è
ambivalente, e, nel senso comune, è
una generalizzazione, quindi qualco-
sa che ci serve, di cui (come nel caso
degli stereotipi) non possiamo fare a
meno, ma che è, proprio per questo,
er acquisire uno
sguardo critico ed
efficace nei nostri
percorsi educativi
dobbiamo rinunciare
all’idea di liberarci
una volta per
tutte dei cliché e
cercare piuttosto di
combinarli nei modi
migliori
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