QUADERNI DI
ORIENTAMENTO
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getti ed eventi sarebbero perce-
piti come casuali, privi di legami:
pezzi singoli di un puzzle che
non si riesce a costruire.
Organizzazione di Punti prevede,
dopo quattro o cinque incontri, la
presentazione di pagine in cui viene
richiesto di correggere alcuni errori.
L’obiettivo delle pagine è quello di
introdurre il concetto di errore come
di “una finestra aperta sulla mente”,
di un elemento, cioè, che permette
di individuare che cosa non ha fun-
zionato in un determinato percorso
per poter intervenire in maniera più
incisiva e puntuale. L’errore, in que-
sto modo, può perdere la sua va-
lenza di fallimento conclamato per
diventare uno scoglio da superare,
che può avere anche qualche utilità.
Domando sempre: “Che cosa ci por-
ta a fare errori, quando si sbaglia?” e
le risposte vertono sulla mancanza
di conoscenze o di attenzione, sugli
aspetti emotivi che riducono le ri-
sorse personali, su fattori distraenti
esterni, e via dicendo. Alla domanda:
“Quando si sbaglia?” D. ha risposto
“Quando si è cattivi” ricollegandosi
a delle memorie della sua infanzia in
cui si sentiva colpevole per tutto ciò
che le avveniva intorno, fallimenti
dei percorsi di affido compresi.
Al termine del primo anno di at-
tività le ho domandato quali erano,
secondo lei, le cinque cose più im-
portanti che aveva acquisito con il
nostro lavoro. La sua risposta, dopo
una lunga riflessione, è stata: “Ce
ne sono almeno sei, posso metterle
tutte?” ed ha scritto:
ritrovare me stessa;
pensare di più;
raccogliere più informazioni;
avere più sicurezza in me;
trovare meno complicazioni;
avere una risposta in più ad ogni
tipo di cosa.
Nel corsodel nostro secondo anno
di lavoro la professoressa di lettere
della terza media ha dato un tema
intitolato: “Quali oggetti salveresti
se dovessi allontanarti velocemente
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da casa tua a causa di un terremo-
to?” Riporto alcuni brani:
“La mia storia è particolare perché
sono vissuta in molti luoghi diversi,
in famiglie diverse, per due volte in
comunità. Ogni volta che dovevo tra-
sferirmi era necessario che lasciassi
molti oggetti a me cari. Però non era-
no gli oggetti a mancarmi di più: ma
le persone cui tenevo molto, ed a cui
ero affezionata, con cui avevo vissu-
to. Dovevo ogni volta lasciarmi dietro
alle spalle ritmi di vita, regole, abitu-
dini, desideri, progetti…. (diciamo
gran parte della mia vita).
In una situazione del genere in cui
non era possibile contare a lungo su
niente, le cose, gli oggetti perdono
importanza, ciò che acquista partico-
lare valore, è essere se stessi. Non è fa-
cile mantenere la propria personalità
dovendosi adattare a persone diverse
che si aspettano da te cose diverse.
Molte volte le aspettative non sono
esplicite, quindi riuscire ad assecon-
darle non è per niente facile.
Non ho degli oggetti o cose che mi
facciano ricordare bei momenti, per-
ché i ricordi li tengo amente tutti den-
tro di me (belli o brutti). I ricordi per
me sono molto importanti perché ti
fanno pensare alle cose belle e brut-
te che abbiamo trascorso nella vita; il
futuro è nelle nostre mani ed è frutto
del nostro passato!
Se mi capitasse (si spera non succe-
da mai!) che ci sia un terremoto […..].
Non avrei quindi degli oggetti a me
cari legati a ricordi… ma se proprio
dovessi, prenderei per necessità il cel-
lulare, ovviamente il mio gattoMilord
perché dopo tutto è un essere vivente
anche lui. Gli affetti non sono legati
alle cose ma alle persone, agli esseri
viventi”.
Con D. abbiamo deciso di utilizza-
re i principi ed i bridging da lei indi-
viduati di volta in volta, per scrivere
unpiccolo libretto intitolato“Questo
l’ho detto io! ….” Alcune osservazio-
ni sono talmente profonde ed acute
che meritano di essere riportate: