tutto proteso alla carriera e al lavo-
ro. I dati vanno tuttavia riferiti ad
un’età e ad un ambiente scolastico,
la realtà liceale, in cui i contatti con
il mondo del lavoro sono assai rari.
Ma se vogliamo soffermarci ad ana-
lizzare il dato significativo che attri-
buisce ai giovani un notevole stato
di insicurezza (che è poi l’assunto
principale della ricerca), nella scelta
del futuro, ritengo che le cause sia-
no imputabili sia alla particolare
contingenza del momento storico-
politico della società italiana, (simi-
le da questo punto di vista a quella
di molti altri Paesi europei), sia ad
una tendenza a procrastinare il mo-
mento della scelta, che corrisponde
ad un atteggiamento di evitamento
della decisone da prendere, atteg-
giamento sempre riconducibile ad
una situazione di incertezza. Ci so-
no anche altre ragioni, evidente-
mente, che si possono far risalire sia
all’ambito familiare, che all’eccesso
di offerta formativa proveniente
dall’Università (alludo alla struttu-
ra della laurea triennale e della spe-
cialistica), sia ad un problema di au-
tovalutazione e di conoscenza di sé.
Se questo è il fine dell’orientamen-
to, a cui si dà sempre più importan-
za, al punto che sono stati istituiti
corsi universitari e master per pre-
parare orientatori (sono sorte nu-
merose associazioni di professioni-
sti di orientamento, di consulenti
etc.,) ovvero
aiutare i ragazzi a legge-
re dentro se stessi
per imparare a de-
cidere il loro futuro e per saper
fronteggiare ogni transizione im-
portante della loro vita, dobbiamo
capire che cosa non funziona nell’o-
rientamento e quali comportamenti
è necessario assumere.
È opportuno, prima di tutto, distin-
guere le buone pratiche da quelle
negative, perché in questi anni ab-
biamo assistito al consolidarsi di abi-
tudini che non corrispondono ai
principi che ci prefiggiamo di rag-
giungere e che a mio avviso sortisco-
no l’effetto contrario, con il risultato
di creare disaffezione per le iniziati-
ve di orientamento e insicurezza. Mi
riferisco, quando sottolineo che si
tratta di pratiche negative, per esem-
pio, alle iniziative note come “saloni
di orientamento” dove si mettono
insieme, come negli stand di una fie-
ra, le più svariate offerte formative
presenti nel territorio, oppure alle
conferenze organizzate dalle univer-
sità o da associazioni di ambiti lavo-
rativi d’élite che sembrano organiz-
zazioni più volte a operare presele-
zioni, utili a coloro che assumono e
non a coloro che entrano nel mondo
del lavoro) che a fornire un valido
aiuto ai giovani. Senza considerare
che il maggior rischio che si corre è
quello dell’autoreferenzialità.
5
Un eccesso di informazioni, non fil-
trate da un vaglio critico e non ac-
compagnate da una riflessione, por-
ta ad un accrescimento di insicurez-
za, come d’altra parte la modalità
della conferenza, rivolta a gruppi
troppo ampi di persone, non si rive-
la efficace; meglio un gruppo ri-
stretto, meglio a volte un colloquio
individuale, meglio partire dai bi-
sogni dell’orientando, meglio forni-
re un servizio di consulenza, attra-
verso un colloquio, un’attività di
counselling
e poi erogare le informa-
zioni che si richiedono, mirate a fo-
calizzare pochi aspetti, in uno spet-
tro di variabili che si è già critica-
mente ristretto. Finalità dell’orien-
tamento, nella società attuale, è più
che informazione, costruzione di
competenze trasversali, relaziona-
li, la capacità di gestire situazioni
complesse, approcci culturali di-
versi, di progettare, coordinare e in-
tegrarsi, per acquisire il senso di
una partecipazione attiva ad una
società allargata, verso la consape-
volezza dei problemi collettivi e di
una cittadinanza comune.
6
Se ragioniamo poi sui meccanismi
che conducono alla decisione, tro-
viamo le strategie del
problem solving
e della riflessione critica, che muo-
vono dalla conoscenza di sé, dall’au-
tovalutazione, e dalla riflessione sui
processi di apprendimento. Impor-
tante è allora adottare un didattica
orientativa fondata sulla soluzione
dei problemi e sul gusto della sco-
perta. Evidentemente sono molte le
azioni che si raggruppano in un’a-
zione orientativa, fatta di informa-
zione-formazione e consulenza.
Per aiutare a scegliere dobbiamo es-
sere consapevoli che scegliere signi-
fica prima di tutto razionalizzare,
analizzando i dati di un problema,
scartando le opzioni che non si cor-
relano alla propria natura, vaglian-
do interessi, motivazioni, desideri
capacità e attitudini, semplificando
le alternative possibili.
Tra le scelte che gli adolescenti sono
chiamati a compiere, quella relativa
al loro futuro è sicuramente una
delle più impegnative. Decidere in
quale ambito lavorativo collocarsi è
molto difficile, individuare di con-
seguenza il percorso universitario
più consono alle proprie esigenze e
attitudini è arduo, (senza conside-
rare che in alcune facoltà c‘è il nu-
mero chiuso e questo può compor-
tare la necessità di invertire la rotta,
nel caso di un insuccesso alle prove
di selezione).
Bisognerebbe imparare a scegliere i
percorsi che aiutano la realizzazione
di sé, che permettono una crescita
personale, la costruzione di un pro-
getto autentico di crescita e di auto-
valorizzazione, eliminando impulsi-
vità ed emotività. Il supporto a que-
sto processo deve servire ad indivi-
duare questi aspetti superando i pro-
Orientamento e scuola
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QUADERNI
DI
ORIENTAMENTO
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