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NOTE
1) Tale confronto, introdotto dal
Preside di Scienze della formazione
e referente scientifico della scuola
di psicoterapia “Gestalt” di Trieste
Franco Fabbro e dal Presidente del-
l’Associazione “Don Gilberto Pres-
sacco” e Preside della Facoltà di
Agraria, Angelo Vianello, ha visto la
partecipazione di: Giuseppe Longo:
Professore ordinario di Teoria del-
l’Informazione alla facoltà d’inge-
gneria di Trieste; Luciano Galliani:
Professore ordinario di Pedagogia
sperimentale presso l’Università di
Padova, Presidente della Facoltà di
Scienze della Formazione presso la
stessa Università e Presidente della
Conferenza dei Presidi di Scienze
della Formazione; Paolo Baiocchi:
medico psichiatra e psicoterapeuta
della Gestalt, direttore dell’Istituto
Gestalt Trieste, Ginetta Pacella: psi-
cologa e psicoterapeuta della Ge-
stalt, direttore del “Centro Gestalt
per lo studio della personalità”di Bo-
logna; Roberto Albarea: Professore
straordinario di Pedagogia generale
presso la facoltà di Scienze della
Formazione dell’Università di Udine.
2) Termine usato da M. Gimbutas in
riferimento al dominio culturale dei
valori femminili e non alla supposta
superiorità delle donne implicito nel
termine matriarcale
Elisabetta Damianis
Università di Teramo
Spazio aperto
peutica derivante dalla psicanalisi
classica, nel suo aspetto eccessiva-
mente interpretativo e assolutistico,
si è rivelata arrogante come se do-
vesse dare una soluzione a tutto. Al-
l’inizio la psicoanalisi, come una tipi-
ca scienza moderna, si è spinta mol-
to avanti nelle sue pretese. È stata
formulata dogmaticamente e, in re-
trospettiva, possiamo notare che il
mondo della società moderna di
massa ha voluto credere ingenua-
mente a questo dogmatismo, ma
successivamente ne è rimasto delu-
so. Questa delusione ha creato una
sorta di reazione allergica da parte
delle istituzioni le quali ancora oggi
si rendono immuni da tale interfe-
renza. Ora però abbiamo risorse mi-
gliori, mezzi migliori, che ancora non
sono giunti agli educatori e nean-
che nelle università. Ora non si può
più educare senza educare il cuore.
Non si può evitare di occuparsi del-
la condizione spesso patologica dei
bambini. Molti di essi sono danneg-
giati psicologicamente e togliere
l’elemento spirituale significherebbe
perpetuare ed ampliare il danno. Si
può togliere l’influenza di un’auto-
rità religiosa, ma non si può togliere
all’educazione il compito di occu-
parsi della profondità della mente. Il
senso della vita non si può scoprire
attraverso il pensiero razionale,
neanche tramite l’amore inteso nel
senso ordinario del termine: le per-
sone sono spesso infelici nelle loro
relazioni. Non si può trovare nem-
meno il senso solo nell’istinto. Il senso
della vita è la scoperta del Sé
profondo. Questo messaggio non
viene trasmesso dall’attuale sistema
educativo, lo si può solo imparare
attraverso la vita spirituale di perso-
ne che sono maestri veri.
Se ci fossero governi illuminati, si po-
trebbero convocare personalità
sagge di diverse culture per contri-
buire con le loro opinioni. Ho saputo
da poco che Edgard Morin, perso-
na di profonda saggezza, ha avuto
l’incarico di riformare l’educazione
francese ma dopo un anno o due
ha rinunciato. Ha detto che non po-
teva portare a termine il lavoro per-
ché la burocrazia è troppo forte ed
il sistema è molto arrogante. Il siste-
ma ha la sua inerzia. C’è bisogno di
un metodo per la rieducazione dei
professori finalizzato ad offrire loro
qualcosa che il mondo accademi-
co non gli ha dato. Un nutrimento,
un aiuto allo sviluppo personale.
L’autoconoscenza non è forse parte
dell’educazione, ma è parte della
vita. Si rendono molti omaggi a So-
crate, ma non si pone in essere ciò
che lui affermava. L’educazione im-
plica che gli educatori conoscano
se stessi. Se qualcuno vuole la tra-
sformazione dell’educazione per
trasformare il mondo deve incomin-
ciare con la trasformazione di alcu-
ni educatori perché diventino un lie-
vito, un fermento. La trasformazione
non può avvenire solo da una ridefi-
nizione curriculare, anche se è mol-
to importante ridefinire, affinché
non ci si riduca solo ad imparare a
fare ma anche imparare ad impa-
rare, imparare a convivere, impara-
re ad essere. Il metodo che ho ela-
borato, pur lavorando in un altro
campo, credo possa contribuire,
senza un eccessivo impiego di risor-
se in termini di tempo e denaro, so-
stanzialmente ad una riforma di
questo tipo.
Ritornando alla tua domanda ini-
ziale: “Cosa richiede la società at-
tuale?” La società attuale ha biso-
gno di umanizzarsi, di andare con-
tro la tendenza a disumanizzare, ad
alienarsi. I problemi sociali derivano
essenzialmente dalla disumanizza-
zione o comunque si aggravano a
causa di essa. L’umanizzazione, per
come io la intendo, offre una ca-
pacità creativa che risolve cose
che non si possono risolvere in altre
forme.
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QUADERNI
DI
ORIENTAMENTO
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