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QUADERNI
DI
ORIENTAMENTO
ORIENTAMENTO E SCUOLA
Altro interno e di entrare dunque
in empatia con noi stessi, ma an-
che di saper uscire dal nostro
egocentrismo per rivolgere ascol-
to ed attenzione all’Altro esterno,
saper vestire i suoi panni, ricono-
scere le sue emozioni, saper cam-
biare il proprio punto di vista,
migliorare il livello di contatto
umano e di comunicazione attra-
verso un allenamento all’ascolto
attivo e ad un atteggiamento re-
sponsabile, proattivo e collabora-
tivo. Portare a coscienza e risco-
prire tali attitudini già insite nel-
l’essere umano, ma spesso di-
menticate e poco o mal utilizzate
nel quotidiano, va, come si dice-
va, nella direzione di ampliare la
personale capacità di ascoltare ed
accogliere. Riuscire a rendersi
accoglienti ed ospitali richiede di
saper far spazio dentro di noi per
percepire la presenza dell’Altro,
ascoltare i suoi bisogni, valoriz-
zarlo nella sua diversità, apprez-
zarlo per le sue risorse, festeg-
giarlo per la sua crescita e auto-
realizzazione. Se l’accoglienza
viene meno si può passare da un
atteggiamento di ascolto, di com-
prensione, ad uno di colpa, di
giudizio e spesso di pregiudizio
accompagnato da dinamiche di
bullismo, espulsione, esclusione,
emarginazione, perfino di razzi-
smo.
Attraversare questi ambiti educa-
tivi consente inoltre di migliorare
la consapevolezza che “essere in
gruppo” non significa “essere un
gruppo”. Si diventa gruppo, o al-
cuni direbbero comunità scolasti-
ca, quando i membri stabiliscono
dei legami relazionali e si impe-
gnano al benessere e all’autorea-
lizzazione di ciascun componen-
te (M. Polito 2000). Riconoscersi
gruppo implica di riuscire a sti-
mare gli altri componenti per la
loro singolarità, per le risorse di
ognuno che, se condivise in un
clima collaborativo, diventano ri-
sorse della classe, del gruppo, del-
la comunità. Significa (come af-
ferma la scuola gestaltica), consi-
derare l’insieme come maggiore
della somma delle parti ovvero ri-
conoscere la relazione che le par-
ti hanno tra di loro come una
parte di per sé e forse quella più
importante. Per dirla in altri ter-
mini, significa passare da una
mentalità o paradigma della
“scarsità culturale” (che vede il
mondo come una grande torta
dove se qualcuno mangia una
fetta più grande a tutti gli altri
toccherà di meno), alla mentalità
dell’
abbondanza culturale
secondo
cui questo non è il migliore dei
mondi possibili, ma un mondo
pieno di possibilità migliori, se
tutti riescono a riconoscere il per-
sonale valore di ognuno ed il plu-
ralismo delle identità. Nel pro-
porre uno stile collaborativo an-
ziché esclusivamente competiti-
vo, non si può tuttavia prescinde-
re dal considerare, far emergere,
valutare, i conflitti presenti all’in-
terno del gruppo al fine di favo-
rirne una gestione non distrut-
tiva. La collaborazione come ap-
proccio relazionale, infatti, non
nega, ma riconosce il conflitto co-
me inevitabile componente socia-
le. La valorizzazione positiva
della differenza (a cui si riferisce
il titolo del saggio) attraversa ine-
vitabilmente il conflitto contri-
buendo a ridefinire anche le rela-
zioni di potere. Questo stile di
trasformazione dei conflitti in
forme relazionali maggiormente
empatiche, si sposa infine con i-
deali di pace, intesa in quanto
convivenza fondata sul riconosci-
mento dell’alterità come necessa-
ria premessa per lo scambio, la
relazione e la partecipazione ad
un processo comune. Si tratta in
sostanza più che di ‘fare la pace’
di ‘essere pace’ e di ‘sentirsi nel
mondo’, con la consapevolezza
che nessuna identità può costi-
tuirsi senza l’alterità o meglio
non vi può essere alcun Sé senza
al contempo la presenza dell’Al-
tro.
PERCHÉ DIFFERENZA
E SOLIDARIETÀ
SONO
COMPLEMENTARI
Considerare il pluralismo cultu-
rale non come un problema per il
processo dell’integrazione socia-
le, ma come una fonte di “conflit-
ti virtuosi”, significa anche attua-
re un cambiamento di prospetti-
va. Tale trasformazione consiste
nel riformulare la concezione, ti-
pica del paradigma integrazioni-
sta, per cui differenza e solida-
rietà vadano considerate come
polarità opposte ed inconciliabili.
Questo mutamento di approccio
permette anche di connettere in-
terventi finalizzati al dialogo cul-
turale (Todorov 1990), con azioni
che hanno come obiettivo la pre-
venzione del disagio. Nella so-
cietà postmoderna, infatti, il disa-
gio, specie in agenzie di socia-
lizzazione come la scuola, non
nasce esclusivamente da proble-
mi relativi alla struttura della
disuguaglianza, ma deriva sem-
pre più da una gestione “pa-
tologica” della differenza. Questo
passaggio comporta approcci di-
versi. L’obiettivo di una società di
“eguali” è il superamento-annul-
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