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QUADERNI
DI
ORIENTAMENTO
Orientamento e scuola
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lamento del conflitto. L’obiettivo
di una società di “pari differenti”
diviene l’accettazione-compren-
sione del conflitto (Ungaro 2001;
2004). In linea con tale visione, ri-
sultano essere alcune circolari
ministeriali (nr. 205 del 1990, e nr.
73 del 1994)
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in cui si recita: “
la
scuola ha l’obbligo di mediazione tra
culture. Mediazione non intesa in
maniera riduttiva, degli apporti cul-
turali diversi, bensì mediatrice di un
continuo e produttivo confronto fra
differenti modelli, per la promozione
delle capacità di convivenza in un
tessuto culturale e sociale unifor-
me
”. Nell’intento di definire i
principi che stanno alla base del-
l’educazione interculturale, si af-
ferma inoltre che:
“Essa comporta
non solo l’accettazione ed il rispetto
del diverso, ma anche il riconosci-
mento della sua identità culturale,
nella quotidiana ricerca del dialogo,
di comprensione e di collaborazione,
in una prospettiva di reciproco cam-
biamento e arricchimento”.
Queste
tematiche conducono ad una ti-
pologia educativa fondata sull’i-
dea forza che può essere denomi-
nata “il Sé e l’Altro”. La relazione
con l’Altro, il diverso che può
pormi in questione (per dirla alla
Carl Shmitt), diviene occasione
di costruzione e comprensione
anche della propria identità, poi-
ché è solo nel rapporto con l’altro
da sé che gli individui possono
distinguersi, vivere e dichiarare
la propria appartenenza. La co-
noscenza di sé inoltre contiene la
capacità di contattare il nostro Al-
tro, ovvero la parte più interna a
noi stessi che non riusciamo a ri-
conoscere e che temiamo di più.
Infatti, dal punto di vista più stret-
tamente psicologico, secondo l’in-
terpretazione junghiana, il Sé
viene inteso in quanto unione de-
gli opposti tra l’Io e l’Ombra o
Altro interno, altrimenti detto in-
conscio. L’Ombra, il lato oscuro
dell’uomo, ciò che di se stesso egli
non riesce a riconoscere, viene
spesso proiettato sull’Altro (ester-
no), inteso come nemico, diverso,
emarginato, straniero per eccel-
lenza. Egli appare, nella descrizio-
ne di Escobar (1993), come colui il
cui disordine conferma il nostro
ordine, la cui disumanità confer-
ma la nostra umanità, la cui mo-
struosità conferma la nostra nor-
malità. L’Altro, il nemico-fratello,
in quanto proiezione dell’incon-
scio, non è che una maschera die-
tro la quale si nasconde il lato più
profondo, trascendente dell’uo-
mo. In tal senso, il vero nemico
sembra rivelarsi nella paura di
guardare l’Ombra, l’Altro interno,
di contattarlo, di ascoltarlo, di
ospitarlo. Accogliere l’Altro signi-
fica quindi in primo luogo acco-
gliere l’altra parte di noi stessi,
entrare in dialogo con essa, rico-
noscerne la diversità. Da questo
punto di vista, differenza e solida-
rietà non sono più polarità con-
trapposte, ma possono essere inte-
se come aspetti complementari.
L’incontro con la diversità diviene
così una grande occasione che ci
fa scendere qualche gradino,
andare un po’ più in fondo a noi
stessi, per ritrovare quel tesoro di
risorse che avevamo dimenticato
sepolto dalla polvere dei nostri
quotidiani pregiudizi. Tutto que-
sto non può sorgere solo ed esclu-
sivamente in presenza di studenti
stranieri; il loro esserci tuttavia ci
costringe ad un confronto e ad
una riflessione su noi e gli altri che
diviene fondamentale occasione
di crescita per entrambi.
In quest’ottica, inoltre, si rovescia
anche sociologicamente la catego-
ria stessa di normalità. Poiché es-
sere veramente ‘normali’ non
sembra avere altro significato se
non quello di scoprirsi diversi,
speciali, unici (individuati), ri-
spetto ad altri che sappiamo rico-
noscere (divenendo quindi socia-
lizzati) come a loro volta unici, di-
versi e speciali. Colui che ci mette
in discussione, che ci costringe al
confronto ed al contatto, dovrebbe
perciò essere non un nemico, ma
l’amico per eccellenza che consen-
te quella unione senza la quale
non vi può essere alcuna indivi-
duazione di Sé e nessun riconosci-
mento dell’Altro (socializzante).
In tal senso l’Altro deve essere sco-
perto. L’essere umano risulta dun-
que indistinguibile dalla sua di-
mensione sociale. Con l’esisten-
zialismo (Heidegger 1976), si può
sostenere che la vita umana è rac-
chiusa tra due estremi. Quello, a
partire dalla nascita, in cui l’Io
invade il mondo. Quello al termi-
ne dell’esistenza, in cui il mondo
riassorbe l’Io. Tra questi due e-
stremi ha il proprio corso la sco-
perta dell’Altro. Tale processo si
svolge attraverso diversi gradi,
l’Altro come oggetto, l’Altro come
soggetto uguale (non omologo, un
“pari differente”) all’Io, ma diver-
so, indicanti un percorso sociale e
culturale riguardante non solo
l’individuo, ma la società nel suo
complesso.
Nella sua evoluzione, la civiltà
occidentale ha dapprima dimo-
strato una grande capacità nel
‘comprendere’
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l’Altro per di-
struggerlo. Nella sua analisi sulla
conquista del Messico, Todorov
(1992) illustra in maniera convin-
cente l’abilità dell’uomo bianco
nel ‘comprendere-per-distrugge-
re’. Indica anche la sua superio-
rità tecnica nella comunicazione