Spazio aperto
che succede. La panchina è un
“monstrum”, un’esibizione di quel
grido silenzioso che la città ancora
non ha raccolto. Il grido si spegne
nella frattura che c’è tra i due grup-
pi sociali, che mal si sopportano vi-
cendevolmente. Ma le morti, quelle
morti, rendono palese un malessere
sommerso che per svariati motivi si
era lasciato andare alla deriva.
Le strutture di competenza, Servizio
Tossicodipendenza e Servizi Sociali,
si trovano impreparate a gestire
un’esplosione di aggressività così
improvvisa; per contro i ragazzi si
sentono frustrati, hanno appreso nel
corso degli anni ad essere impoten-
ti e non sanno come uscire da que-
sta situazione. Lo fanno in maniera
rivendicativa, cercando i colpevoli
di quella situazione; lo fanno in ma-
niera disperata, perché il tempo
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QUADERNI
DI
ORIENTAMENTO
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Pordenone, nord est d’Italia: picco-
la città, ricca, con un reddito pro
capite medio alto, città con impor-
tanti insediamenti industriali e in cui
vi è pressoché piena occupazione.
Città, anche, in cui il rapporto per-
centuale tossicodipendenti/popo-
lazione era, nel corso degli anni ot-
tanta, tra i più alti d’Italia. Per com-
prendere il fenomeno “Ragazzi del-
la Panchina” è forse utile partire pro-
prio da qui: da una città che pre-
senta in quegli anni una forte con-
traddizione, in termini di qualità del-
la vita, tra la maggioranza della sua
popolazione e una minoranza signi-
ficativa della sua giovane genera-
zione. Il problema, trascurato in quel
periodo, mostrerà il suo volto più
drammatico a dieci anni di distan-
za, quando la sieropositività porterà
a termine il suo percorso allora inevi-
tabile. Per una realtà come Porde-
none sarà un brusco risveglio, quello
della metà degli anni novanta, an-
che in considerazione del fatto che,
in rapporto alla popolazione, le mor-
ti si portano via, in quei dieci anni,
molti giovani.
Un brusco risveglio, dunque. Un ri-
sveglio causato da alcune morti
drammatiche che scuotono una
comunità tranquilla come quella
pordenonese: in una casa abban-
donata muore un ragazzo bruciato
dal fuoco che aveva acceso per
salvaguardarsi dai topi; a poca di-
stanza di tempo muore di overdose
un altro ragazzo in un bagno dell’o-
spedale civile: viene ritrovato sei, di-
co sei, giorni dopo. Improvvisamen-
te qualcosa scuote la città: il caso fi-
nisce sui giornali e, contempora-
neamente, i ragazzi della “piazza”
iniziano a guardarsi in faccia. C’è la
paura, paura di morire. E c’è un pri-
mo, rabbioso, grido silenzioso.
I ragazzi si trovano presso una pan-
china all’uscita dell’ ospedale civile.
Il luogo di ritrovo non è nascosto ai
più, anzi: c’è un continuo viavai di
persone che vedono e passano ol-
tre, incuranti all’apparenza di ciò
I “RAGAZZI
DELLA PANCHINA”
UN PROGETTO
PER INTEGRARE
IL GRUPPO
ALLA CITTA’
La Poe, 1938