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manalmente attraverso due suoi
rappresentanti per i colloqui. In que-
sto modo la struttura riesce a funge-
re da cuscinetto al momento dell’u-
scita, riducendo il rischio di overdo-
se, che è il più alto al momento del-
la riacquistata libertà.
Cerchiamo ora di tirare un po’ le fi-
la. Si possono evidenziare numerosi
aspetti di quest’esperienza e di que-
sto tipo di approccio al problema,
che possono consentire successive
riflessioni. Ne proponiamo quattro:
- un’enfasi sull’uscita dalla devianza
piuttosto che sull’uscita dalla tossi-
codipendenza;
- l’importanza d’intervento su un
gruppo preesistente nel suo com-
plesso, piuttosto che tentare di
creare gruppi ad hoc.
- l’importanza data all’aspetto della
gratificazione e del riconoscimento
delle produzioni e delle iniziative del
gruppo deviante nell’ambito del so-
ciale;
- l’importanza, infine, della reinte-
grazione dei tossicodipendenti nel
tessuto sociale, piuttosto che la loro
esclusione da esso.
E’ una strada, nonostante il duro la-
voro di questi quasi otto anni, appe-
na iniziata.
Alessandro Zamai
Medico e psicologo,
Responsabile Progetto Ragazzi
della Panchina, Dipartimento
per le Dipendenze Pordenone
Andrea Picco
Educatore Progetto Ragazzi
della Panchina,
Cooperativa Itaca Pordenone
Francesca Merlo
Presidente Associazione
I Ragazzi della Panchina,
Pordenone
Spazio aperto
me, perché anch’io vorrei essere
come loro. E’ importante per me
avere davanti degli esempi concre-
ti, reali, perché di solito le persone
che escono dalla tossicodipenden-
za sono persone lontane, che non si
vedono più in giro, che si distacca-
no e vivono delle vite che non si in-
trecciano più con la mia e quindi
diventa anche difficile credere e
aver coscienza che esiste un’alter-
nativa positiva.” Romeo parla di
ascolto, dialogo, esempio concre-
to, persone che altrimenti non in-
treccerebbero più la loro vita con
la sua. Questo gruppo ha permesso
a chi ne ha fatto parte di non esse-
re sradicato dal suo ambiente, di
non dover abbandonare amicizie,
affetti, relazioni per ricostruire un’al-
tra vita altrove. Ha scelto un’altra
via di crescita comune, aspettando
chi ha ritmi più lenti, ha favorito il
continuo intreccio di vite che prima
avevano altri motivi per incontrarsi,
conscio che questa fosse una ric-
chezza per il percorso individuale di
ognuno. La scelta di gruppo si diffe-
renzia dall’ approccio individuale in
quanto non prevede la fuoriuscita
dal gruppo di origine e la creazione
artificiosa di un nuovo gruppo ag-
gregato intorno all’obiettivo dell’u-
scita dalla tossicodipendenza. Si è
riconosciuto al gruppo di essere
competente in fatto di devianza.
Questo ha permesso ai ragazzi un
coinvolgimento in prima persona in
un percorso terapeutico che non
ruotasse solamente attorno alla so-
stanza, ma attorno alla persona in
una collettività che non necessaria-
mente termina al confine di una
panchina. E’ così riuscito a recupe-
rare motivazioni importanti quali
quella dell’attaccamento alla vita,
anche in persone che a causa del-
la sieropositività avevano perso
ogni stimolo e vivevano “come fo-
glie su un ramo, in attesa”. E’ que-
sto, un gruppo che ha inoltre pun-
tato molto sul cambio di mentalità,
non solo dei ragazzi che lo frequen-
tano. Si è speso per cercare di mo-
dificare il contesto, per allontanare
l’indifferenza sul problema e la diffi-
denza sulle persone.
La reintegrazione implica anche
l’abbattimento dello stigma. Riusci-
re a far percepire gli elementi del
gruppo come elementi della so-
cietà, in quanto detentori di valori
condivisibili porta ad eliminare pro-
gressivamente la devianza secon-
daria. In questo senso si può dire
che l’atteggiamento nel corso di
questi anni è molto cambiato in
città. Prova ne sia che questa sede
è stata aperta, anzi, non è stata an-
cora chiusa. Sette anni orsono una
realtà di questo tipo non sarebbe
potuta nascere, perché le due parti
in causa, gruppo dei tossicodipen-
denti e città, erano entrambe im-
preparate a convivere in una strut-
tura simile. Adesso la sede è nella
testa di tutti.
Si è puntato molto sulla sede come
ponte, come luogo deputato ad
unire: non a caso la sede è in centro
città, per avere un’inclusione com-
pleta nella realtà di Pordenone. E
non è una appartenenza solo ap-
parente, quella del gruppo al con-
testo sociale. A testimonianza di ciò
va menzionato l’interesse con il
quale la città segue le proposte dei
ragazzi: si pensi al teatro pieno, lo
scorso giugno, per uno spettacolo
teatrale. Sta, nel corso del tempo,
mutando la prospettiva e questo fa-
vorisce enormemente una convi-
venza più pacifica, anche sulla stra-
da.
Nell’intervento di Romeo si faceva
riferimento anche alla facile acces-
sibilità del luogo. Non è un dato da
trascurare, in particolare se collega-
to anche alle difficoltà che incontra
chi per esempio esce dal carcere.
Spesso in questi mesi si è verificato il
caso di ragazzi che come prima
tappa dopo aver riavuto la libertà si
fermano in sede. Sanno che c’è
questo posto, lo sanno perché il
gruppo tiene una fitta corrisponden-
za con chi è detenuto, lo sanno per-
ché il gruppo entra in carcere setti-
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QUADERNI
DI
ORIENTAMENTO
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