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da questo punto di vista, a Porde-
none. Ciò assume ancor più rilievo
se si considera che Trieste ha conse-
guito questo risultato grazie ad un
incremento dei posti di lavoro deci-
samente elevato e nettamente supe-
riore a quello delle altre province.
Nei cinque anni considerati, il nu-
mero di posti di lavoro è cresciuto
nella provincia giuliana quasi del
20%, mentre a Gorizia la crescita si
è fermata all’8%, a Pordenone al
6%
10
ed a Udine a poco più del 2%.
L’analisi dei dati occupazionali in
base alla disaggregazione territoria-
le consente quindi di affermare che
una descrizione in chiave dualistica
del MdL regionale non appare ade-
guata. Non è più ravvisabile, su ba-
se territoriale, una “massa critica”
della disoccupazione regionale. E vi
sono elementi per affermare che ta-
le stato di cose perdurerà nel tem-
po. È chiaro che il futuro risulta dif-
ficile da prevedere, se si parla di an-
damento dell’economia, in partico-
lare nell’attuale fase segnata da
grande complessità ed incertezza
[Anastasia-Corò 2003]. Peraltro, lo
sviluppo di questi anni di Gorizia e
Trieste è imperniato su settori (ri-
spettivamente, la navalmeccanica
ed i servizi) che indurrebbero ad
escludere rapide inversioni di rotta.
Tuttavia, al di là delle previsioni,
comunque incerte, opinabili e su-
scettibili di contro-argomentazioni,
la storia recente, in particolare la
forte ed inattesa accelerazione del-
l’area giuliana, ci dimostra che i
rapporti di forza ed i differenziali
economici tra le diverse aree territo-
riali sono tutt’altro che strutturati e
stabili, i trend economici ed occupa-
zionali appaiono poco lineari, co-
stanti e omogenei; i percorsi risulta-
no viceversa fortemente differen-
ziati, seguendo specifiche traietto-
rie, iscritte nella storia dei tanti si-
stemi locali di cui si compone il tes-
suto economico e sociale della re-
gione [Ires 2001, cap. 6].
NUOVE MAPPE
DELLA
DISOCCUPAZIONE
“DI GENERE”
Il secondo usuale criterio di disag-
gregazione, col quale si suole rap-
presentare la disoccupazione, coin-
cide con la distinzione di genere.
Da questo punto di vista, sappiamo
che il MdL italiano risulta cronica-
mente segnato da una forte seletti-
vità: la disoccupazione tende infatti
a colpire le donne in proporzioni
decisamente superiore a quello dei
maschi. Tutte le regioni italiane,
Friuli-Venezia Giulia compreso,
partecipano a tale fenomeno. Tutta-
via, anche da questo punto di vista,
si registrano rapidi cambiamenti,
che investono in particolare alcune
aree italiane. Tornando alla Fig. 1,
osserviamo infatti che le donne
hanno beneficiato della generaliz-
zata riduzione del tasso di disoccu-
pazione, registrata negli ultimi an-
ni, in maniera analoga o superiore
ai maschi; in particolare, tale feno-
meno è decisamente marcato per la
provincia di Udine (che, è bene ri-
cordarlo, rappresenta una quota su-
periore al 40% del MdL regionale).
Inoltre, grazie a tale andamento, la
disoccupazione femminile è rien-
trata entro soglie accettabili (tra il 6
ed il 7% a Udine, Gorizia e Trieste)
o, addirittura, entro soglie friziona-
li (a Pordenone). Tale constatazione
risulta significativa, soprattutto se
si confronta la situazione attuale
con quella del passato, anche recen-
te, quando la disoccupazione delle
donne aveva assunto dimensioni
decisamente elevate, collocandosi
stabilmente, ed anche in maniera
consistente (a Gorizia e Trieste), al
di sopra del 10%.
La marcata riduzione della disoccu-
pazione femminile delle donne si
spiega soprattutto in seguito al for-
te incremento dell’occupazione at-
tribuibile a tale categoria dell’offer-
ta. I dati evidenziano che quasi tut-
ta l’occupazione aggiuntiva prodot-
ta in Friuli-Venezia Giulia nel corso
degli anni Novanta è imputabile
proprio alle donne (cfr. Fig. 2) le
quali, nel frattempo, hanno note-
volmente incrementato il proprio
grado di partecipazione al MdL ed
hanno così sostenuto in maniera de-
cisiva lo sviluppo economico regio-
nale dell’ultimo decennio.
Ciò che preme qui sottolineare è
che anche la disoccupazione fem-
minile sta velocemente perdendo i
connotati di un fenomeno genera-
lizzato, per così dire “di massa”.
Con la rapida riduzione dalla disoc-
cupazione femminile, si assiste ad
un effetto di “smagrimento” di tale
“corpo sociale”; ciò consente viep-
più di rilevare, in maniera delinea-
ta, la specificità e l’articolazione
delle “nervature” e delle “forme”
sottostanti. Risulta quindi possibile
un’analisi “fine” della disoccupa-
zione di genere, ovvero la capacità
di cogliere, riconoscere, distinguere
i segmenti e le connotazioni sociali
specifiche di cui si compone. Ad
esempio pesa in modo molto signi-
ficativo il posizionamento delle
donne disoccupate all’interno del
proprio ciclo di vita: le problemati-
che della giovane ragioniera che
cerca di inserirsi nel MdL risultano
del tutto difformi rispetto a quelle
della donna adulta, con passate
esperienze di lavoro impiegatizio,
che cerca di reinserirsi nel MdL, do-
TRACCE E PROFILI DI DISOCCUPAZIONE
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QUADERNI
DI
ORIENTAMENTO
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