operativi. Come si è già avuto mo-
do di asserire nel primo paragrafo,
la situazione attuale, proprio per-
ché i numeri della disoccupazione
sono diminuiti, rende le politiche
del lavoro più difficili, nella loro
concezione ed attuazione; richiede
quindi maggiore riflessione, atten-
zione, competenza, capacità rispet-
to al passato. Nel caso del Friuli-Ve-
nezia Giulia, risulta pertanto decisi-
va l’accelerazione della riforma sui
servizi per l’impiego, in seguito al
recente conferimento alle Province,
da parte della Regione, delle com-
petenze in materia, anche e soprat-
tutto in un’ottica di una crescente
integrazione tra i soggetti che ope-
rano nelle politiche attive del lavo-
ro. Da più parti si ravvisa, infatti,
una situazione di
empasse
, proprio
in un momento in cui il sistema ne-
cessiterebbe di un processo di forte
e rapido cambiamento, che non ri-
guardi soltanto la
forma
istituziona-
le, ma incida sulla natura sostanzia-
le dei servizi erogati.
NOTE
1) Ricordiamo che la principale li-
nea di demarcazione tra le diverse
politiche del lavoro coincide con la
distinzione tra le politiche passive e
le politiche attive. La differenza tra
le due “famiglie” è rappresentata
dal fatto che le prime intervengono
solo ex post, in chiave “riparatoria”
nei confronti degli eventuali “difet-
ti” di funzionamento del MdL, in
particolare sostenendo il reddito
dei lavoratori disoccupati (inden-
nità di disoccupazione, mobilità,
cassa integrazione, prepensiona-
menti, ecc.). Le politiche attive in-
tervengono invece anticipatamente,
influenzando, con una strumenta-
zione varia ed articolata, i meccani-
smi di incontro tra domanda ed of-
ferta (ad esempio: incentivi per l’as-
sunzione di particolari categorie di
lavoratori, servizi per l’impiego,
formazione professionale, servizi di
orientamento, ecc.) [Reyneri 2002,
420-1].
2) Ricordiamo che per “offerta di la-
TRACCE E PROFILI DI DISOCCUPAZIONE
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QUADERNI
DI
ORIENTAMENTO
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Inverno sul Carso, 1949