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QUADERNI
DI
ORIENTAMENTO
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ra, coadiuva eventuali trattamenti
fisioterapici o protesici posti al
giovane paziente per correggere
lievi scoliosi o eterometrie degli
arti inferiori.
A ciò si aggiunga l’aspetto educa-
tivo che lo sport produce: chi ha
praticato sport difficilmente va al-
lo stadio per sfasciare auto o pe-
stare l’avversario.
Ricordiamo, poi, che l’attività
sportiva quando provoca dolori
muscolari rientra nel normale
adattamento della struttura sotto-
posta a sforzo e quindi all’allena-
mento: il dolore, infatti, si attenua
con l’incremento dell’attività fisi-
ca; se il dolore è articolare è op-
portuno valutare con il preparato-
re atletico la congruità dell’eser-
cizio in rapporto all’età, al sesso
ed alla struttura del piccolo atleta
oppure con il proprio medico cu-
rante se non vi siano controindi-
cazioni concernenti quel tipo di
sport per patologie o anomalie
congenite dell’articolazione coin-
volta.
I genitori devono, inoltre, porre
particolare attenzione all’utilizzo
di reidratanti salini dopo attività
sportiva: essi, infatti, se non dosa-
ti per età e peso corporeo posso-
no provocare danni se abusati per
lunghi periodi; il preparatore atle-
tico o l’insegnante di educazione
fisica hanno le opportune cono-
scenze e possono consigliare pro-
dotti sicuri. Va precisato che vi
sono alcuni autori che sconsiglia-
no l’introduzione anche dei sem-
plici reidratanti nell’attività spor-
tiva giovanile per non indurre nel
piccolo atleta l’abitudine a dele-
gare o riporre nella “sostanza” o
nell’assunzione della stessa il rag-
giungimento di un determinato ri-
sultato sportivo.
E’ fondamentale la collaborazio-
ne fra società sportive anche di-
lettantistiche ed amatoriali con i
pediatri, i medici sportivi e gli in-
segnanti di educazione fisica per
lo svolgimento di incontri di ag-
giornamento sui programmi spor-
tivi in età pediatrica.
E’ esperienza comune nella prati-
ca ambulatoriale incontrare molte
mamme che, alla fine del primo
quadrimestre o nella seconda
metà di maggio, si recano dal pe-
diatra o dal medico di famiglia
ponendo la necessità di proporre
“ricostituenti” per aumentare il
rendimento nello studio o atte-
nuare la stanchezza di fine anno
scolastico. Molto spesso questa
richiesta sottende altri problemi
più spesso di relazione tra genito-
re e figlio oppure tra i genitori, di
eccessiva aspettativa circa i risul-
tati scolastici dei propri figli, di
non trasparente rapporto tra geni-
tori ed istituzione scolastica; li-
quidare il genitore con la sempli-
ce prescrizione di un polivitami-
nico oppure di sali minerali ci fa
venir meno nello studio della si-
tuazione familiare e di salute del
giovane paziente: va strutturata
un’attenta analisi del sintomo
stanchezza: quando capita se la
mattina o dopo la scuola, a quali
altri sintomi si accompagna come
la cefalea, il vomito, se è quoti-
diana o se aumenta con il passare
della settimana, se il calo di ren-
dimento è stato rilevato anche da-
gli insegnanti e se a ciò corri-
sponde anche un calo del risulta-
to scolastico.
A seconda delle risposte ottenute,
integrate da un colloquio con gli
insegnanti ed eventuale accerta-
mento ematologico, potremo orien-
tarci verso un sintomo organico co-
me una banale anemia, un proble-
ma psicologico o di relazione sco-
lastica, una patologia grave che
purtroppo ha sempre sintomi ini-
ziali subdoli e molto spesso misco-
nosciuti.
Man mano che l’età del piccolo
paziente cresce più si avvicina la
fase adolescenziale dove il pedia-
tra non è colto come il proprio
medico a meno che non si sia da
tempo instaurato un rapporto di
confidenza tra lo specialista ed il
giovane.
L’adolescente si sente troppo gran-
de per stare in attesa con i fanciul-
li magari con qualche lattante che
sta ciucciando, non gli interessa di
raccontare i suoi problemi di fron-
te al genitore, entrare in un ambu-
latorio che ha appeso alle pareti
fumetti: cambia completamente
l’approccio medico e sociale.
L’adolescente viene in ambulato-
rio solo per problemi di malattia
acuta, come un’influenza rara-
mente si presenta in ambulatorio
da solo per discutere situazioni
cliniche specifiche dell’adole-
scenza.
L’approccio medico deve essere
quello tipico usato per il paziente
adulto mediante un contatto che
preveda una fase preliminare pro-
lungata di ascolto del problema,
senza fretta di acquisire il sinto-
mo guida per proporre la diagno-
si e la successiva terapia, quindi
va eseguita un’anamnesi accurata
che spazi oltre il sintomo dichia-
rato dimostrando massima atten-
zione verso il paziente che deve
sentirsi al centro dell’incontro; va
condotta un’accurata visita, supe-
rando il rituale senso del pudore
tipico dell’età ed in particolare
delle giovani adolescenti. L’im-
pressione di avere di fronte un
professionista della salute incute
fiducia all’adolescente che, prefe-
renzialmente, va ricevuto per ap-
puntamento per i motivi più sopra
descritti; vanno osservati con di-
screzione ed indagati eventuali
segni di abuso di sostanze, è pos-
sibile discutere della salute del-
l’adolescente con il genitore suc-
cessivamente, previo consenso
del paziente, anche se non neces-
sario, proprio per infondere mag-
giore fiducia al giovane.
Particolare attenzione va posta ri-
guardo alla sessualità dell’adole-
scente che apprende le nozioni
base dalla famiglia più spesso da-
gli amici con le tipiche storture
legate alla fase di transizione; le
adolescenti sono più preparate e
conoscono abbastanza il proprio
corpo ed i ritmi biologici, per-
mangono ancora alcuni concetti
quali ad esempio che il dolore
mestruale si “deve sopportare”
con disagevoli ricadute nella quo-
tidianità con conseguenti assenze
scolastiche o improvvisi cali di
rendimento o riduzioni dell’atti-
vità fisica e sociale. Un’attenta
azione d’informazione permette
di fornire le basi per una corretta
gestione dei sintomi libera da pre-
concetti ed usanze familiari retag-
gio, a volte, di esperienze genera-
zionali. A tal proposito il consul-
torio familiare potrebbe essere
un’ottima fonte di sostegno così
pure come il nuovo servizio gine-