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QUADERNI
DI
ORIENTAMENTO
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In questo modo si è creato un mo-
dello organizzativo che obbliga le
istituzioni coinvolte, regione, pro-
vince, ambiti, a “fare sistema”, a
essere “in rete”, in un confronto
che, pur con tutte le inevitabili dif-
ficoltà connesse al sistema stesso
(per dare un’idea della sua com-
plessità, basti pensare che nella re-
te sono coinvolte, a vario titolo,
circa 200 persone), permette un
monitoraggio preciso e puntuale
degli obiettivi previsti dalla legge.
Cosa ha significato la legge 285
per la nostra Regione?
A questo proposito credo sia ne-
cessario soffermarci su un dato.
Nel 1990 i minori e i giovani com-
presi tra 0 e 19 anni compiuti era-
no 235.408, nel 2000 erano scesi
a 181.582 con una perdita quindi,
di 53.826 unità. E’ vero che , negli
ultimi anni il dato si è stabilizzato,
grazie anche ai flussi migratori, ma
resta, comunque un dato preoccu-
pante.
E’ evidente, quindi, che le famiglie
e i minori non hanno goduto di
quella attenzione necessaria a far
sì che il nostro territorio non si im-
poverisse del suo patrimonio più
prezioso.
In un contesto del genere, è evi-
dente che una legge come la 285,
ha aperto la strada ad una filosofia
completamente nuova di conside-
rare gli interventi rivolti ai minori,
alle loro famiglie e a tutti coloro
che, a vario titolo, intervengono
direttamente o indirettamente per
promuovere il loro benessere psi-
co-fisico.
A dimostrazione del maggiore in-
teresse suscitato nelle istituzioni,
basta ricordare che nel primo
triennio di applicazione della leg-
ge, l’87% dei progetti era gestito
direttamente dai Comuni, mentre
la Scuola e le Aziende Sanitarie
occupavano una posizione margi-
nale nella progettualità.
Nel secondo triennio, il maggiore
coinvolgimento di enti, istituzioni,
pubbliche e private, ha fatto sì che
la Scuola, per esempio, fosse coin-
volta nella progettazione per il
67,6% dei progetti.
Un ultimo dato che rende conto
della maggiore attenzione che le
Comunità locali vanno prestando
al mondo giovanile, è quello fi-
nanziario.
Nel primo triennio di applicazione
della legge, i fondi impiegati per la
realizzazione dei Piani erano in
netta prevalenza fondi statali e re-
gionali (circa il 75%)
Nel secondo triennio , vi è stato
un notevole incremento di fondi
aggiuntivi che, di fatto, hanno rad-
doppiato lo stanziamento nazio-
nale, testimoniando in tal modo,
come le Comunità locali hanno re-
cepito il senso della legge che era
proprio quello di attivare interven-
ti di “straordinaria normalità” a fa-
vore dei minori.
Per quanto riguarda le attività fino-
ra svolte dal CRDA, dallo scorso
anno ha dato avvio ad una rileva-
zione sulla condizione dei minori
in base ad alcuni indicatori essen-
ziali riferiti alla dimensione demo-
grafica, al livello di scolarità, all’u-
tilizzo dei servizi sociali e assi-
stenziali.
Negli ultimi tempi, si sta lavoran-
do alla individuazione di ulteriori
indicatori (dati relativi all’abuso e
al maltrattamento, al disagio mi-
norile, alla devianza, ecc.) al fine
di poter costituire una banca dati
che sia a disposizione di tutti colo-
ro che, istituzionalmente, sono
chiamati a progettare e realizzare
interventi.
Lavoriamo nella costante convin-
zione che i dati costituiscano un
punto di partenza essenziale per
realizzare interventi che risponda-
no alle reali esigenze dei minori.
Se si opera in assenza di indicato-
ri precisi e certi, il rischio è che gli
interventi siano realizzati più sulla
spinta di istanze emotive (l’enfasi
data per esempio dai mass-media
a certi eventi) che non sulla base
delle reali necessità territoriali.
Credo che a questo punto sia più
chiaro il titolo della relazione:
“Siamo tutti nella stessa rete” è
espressione di una filosofia che ri-
chiama alla necessità rapportarsi,
confrontarsi, mettere in comune
competenze professionali diverse
ma assolutamente complementari,
per evitare che ognuno navighi a
vista, rischiando di entrare in col-
lisione proprio con coloro che per-
seguono gli stessi obiettivi, ma con
modalità diverse.
Che poi, se ci si sofferma a riflette-
re un attimo, è quello che ha inte-
so realizzare la stessa legge 285
nel momento in cui ha introdotto
come metodo di lavoro, la pianifi-
cazione concertata.
BENESSERE
IN ETÀ PEDIATRICA:
NON SOLO ASSENZA
DI MALATTIA
Fabiano Nigris
L’organizzazione mondiale della
sanità ha definito lo stato di salu-
te che, in sintesi, si può definire
non solo come assenza di malat-
tia ma come uno stato di benesse-
re della persona verso se stesso,
verso gli altri e verso l’ambiente.
L’armonia di questi rapporti, che
comprendono anche e sicura-
mente l’assenza di malattie, pon-
gono il soggetto in una sfera di
osservazione più completa nel-
l’età pediatrica e più particolar-
mente giovanile.
L’attenzione alla salute, non solo
fisica, è aumentata in maniera in-
versamente proporzionale con il
ridursi della preoccupazione ri-
spetto alla risolvibilità del proble-
ma “malattia”. Il genitore ha ini-
ziato a confrontarsi con i proble-
mi psicologici e di apprendimen-
to, ha esercitato l’osservazione
del comportamento dei propri fi-
gli, si è posto, o almeno dovrebbe
porsi in condizione di riconosce-
re la validità del proprio metodo
educazionale e di attenzione sui
figli apportando le giuste ed ido-
nee modifiche con il trascorrere
del tempo.
Il “benessere” del bambino e del
ragazzo varia con le varie età del-
la pediatria: vanno distinti, innan-
zitutto il bambino sano dal bam-
bino malato e, quest’ultimo, dal
malato cronico o grave.
L’investimento assistenziale mas-
simo del genitore verso il bambi-
no si ha nel primo anno di vita
dove non si fanno terapie, soprat-
tutto vi sono i controlli di salute,
sull’accrescimento, sullo sviluppo
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