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QUADERNI
DI
ORIENTAMENTO
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Mentre per i primi non è necessa-
rio di solito alcun intervento speci-
fico di insegnamento dell’italiano,
perché riescono a impararlo natu-
ralmente mediante il contatto
spontaneo con i coetanei, gli altri
due gruppi richiedono momenti
particolari dedicati specificata-
mente alla lingua italiana, riferiti
sia ai contesti comunicativi natura-
li che, soprattutto il secondo, ai
linguaggi disciplinari.
Quindi, se è opportuno comunque
inserirli nelle classi di scuola corri-
spondenti alla loro età, non ci si
può aspettare che ciò coincida con
l’apprendimento automatico della
lingua. Vanno previsti come attività
permanente delle scuole del mon-
falconese corsi integrativi di lingua
italiana, che accompagnino il per-
corso scolastico degli alunni stra-
nieri.
A questo scopo la scuola, aderen-
do a un progetto regionale deno-
minato SAM (Stranieri/Accoglien-
za/Mediazione), ha elaborato stru-
menti di intervento linguistico a di-
versi livelli: a) l’italiano della so-
pravvivenza (il minimo per comu-
nicare oralmente nel contesto so-
ciale di riferimento), b) la strumen-
talità di base dell’italiano scritto e
orale, c) l’italiano delle discipline:
approccio alla lingua decontestua-
lizzata (microlingua) e lavoro sul
testo facilitato.
2.0 Un modello interpretativo del-
le trasformazioni sociali in at-
to
Proponiamo a questo punto un
modello interpretativo semplificato
ma, ci auguriamo, utile per inqua-
drare il problema della convivenza
a Monfalcone di gruppi o comu-
nità molto diversi per cultura, lin-
gua e abitudini di vita. Indichere-
mo successivamente perché rite-
niamo importante e prioritario la-
vorare con la componente femmi-
nile di queste comunità, passando
poi alla descrizione delle linee di
fondo e degli obiettivi del nostro
progetto.
Definiremo l'insieme delle persone
residenti da lungo tempo a Monfal-
cone (indifferente quale sia la loro
origine geografica e culturale o
quale sia la loro madrelingua) i
lo-
cali
; le persone trasferitesi a Mon-
falcone da altre regioni d' Italia ne-
gli ultimi dieci anni i
trasfertisti
(pur sapendo che al loro interno
c'è una differenza molto forte tra
siciliani, campani e pugliesi); le
persone provenienti da altre parti
del mondo gli
stranieri
(in questo
gruppo, molto composito, si distin-
guono le comunità del Banglade-
sh, quella cinese e infine quell’in-
sieme di persone non costituenti
tra loro gruppi omogenei prove-
nienti per lo più dall’area balcani-
ca).
Considereremo la compagine lo-
cale come una comunità di mag-
gioranza ( non solo per la presen-
za numerica ma soprattutto per la
padronanza del territorio e della
lingua e per la forte rete di rela-
zioni sociali e interpersonali stabi-
lite negli anni), la compagine tra-
sfertista e quella straniera come
comunità di minoranza. La comu-
nità trasfertista è, per le ragioni ri-
chiamate in premessa, numerica-
mente rilevante rispetto alla popo-
lazione locale e può contare su
una rete di relazioni familiari forti
che le agevola lo stabilirsi sul ter-
ritorio (trovare casa e lavoro), può
normalmente disporre di più che
sufficienti risorse economiche e,
essendo i suoi membri cittadini
italiani, gode di tutti i diritti civili.
Ciò nonostante, per le forti diffe-
renze linguistiche (dialetti) e cultu-
rali, si comporta come una comu-
nità di minoranza.
Per quanto riguarda la compagine
straniera, ci occuperemo in questa
sede solo della comunità del Ban-
gladesh, perché – per i motivi che
saranno qui appresso sviluppati -
rappresenta quella con cui più fa-
cilmente può essere avviato un
progetto efficace di integrazione.
Si tratta di una comunità numerica-
mente esigua, che parla una lingua
totalmente diversa e proviene da
una cultura molto lontana da quel-
la locale. Dispone inoltre di scarse
risorse economiche e non possiede
tutti i diritti civili dei cittadini ita-
liani.
La comunità locale ha indubbia-
mente il vantaggio della familiarità
con il territorio, con la lingua e so-
prattutto con le modalità di com-
portamento e i riferimenti valoriali
nuovo contesto e facciano supera-
re l’isolamento in cui si trovano i
rispettivi gruppi di riferimento.
L’accoglienza deve, in altri termini,
risolversi non tanto nell’assorbi-
mento puro e semplice dei neoresi-
denti nel tessuto sociale cittadino,
quanto nella individuazione di
percorsi di
integrazione a partire
dal riconoscimento delle differenti
identità
. Ciò può essere possibile
se si favorisce nei gruppi dotati di
una propria compattezza interna,
tendenzialmente autoreferenziale,
una progressiva assunzione di ruo-
li sociali riconosciuti, che arricchi-
scano la loro identità, ricollocan-
dola in una dimensione di scambio
e di reciprocità.
Perché tutto ciò sia possibile è ne-
cessario innanzitutto che i neoresi-
denti stranieri siano rapidamente
messi in grado di acquisire gli stru-
menti essenziali della comunica-
zione e che gli adulti delle diverse
collettività siano coinvolti in speci-
fici progetti formativi, in cui possa
essere valorizzata la loro cultura di
provenienza.
Qui di seguito ci occuperemo in
primo luogo della mediazione lin-
guistica rivolta ai minori e propor-
remo successivamente un modello
interpretativo del fenomeno nel
suo complesso, da cui discende-
ranno due possibili percorsi pro-
gettuali da sviluppare con gli
adulti.
1.1 La mediazione linguistica co-
me premessa per l’integrazio-
ne
La popolazione scolare straniera
ha subito negli ultimi due anni un
deciso incremento e pur restando
sotto la percentuale di riferimento
per le zone definite “ad alto pro-
cesso immigratorio”, necessita di
interventi mirati e previsti in antici-
po, affinché l’inserimento scolasti-
co, premessa di quello sociale,
possa aver pieno successo.
Possiamo affrontare il problema di-
videndo quest’insieme in tre grup-
pi: a) bambini in età di scuola del-
l’infanzia e di primo ciclo di scuo-
la elementare (grosso modo fino ai
sei/sette anni); b) bambini di scuo-
la elementare (fino agli undici an-
ni); c) ragazzi di scuola secondaria.