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QUADERNI
DI
ORIENTAMENTO
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normali secondo i canoni tradizio-
nali, e quindi dati personali, per
esempio, ma usare le presentazioni
come forma di espressione molte-
plici. Ci può essere una persona
che è bravissima a parlare e un al-
tro che è bravissimo nel lavoro di
ricerca, ma non sa parlare e i due
insieme però formano una squadra
perfetta. O uno che è bravissimo in
arte e l’altro in scienze e insieme
creano una cosa che nessuno dei
due potrebbe fare da solo. E ciò
crea un senso di apprezzamento
delle capacità dell’altro.
(Mary)
Adesso dovremmo parlare un po’
della motivazione. Penso che ci
siano alcuni spunti rispetto a quel-
lo che stavi dicendo prima, su un
ragazzo che si mostra poco parte-
cipe. Penso che ci possano essere
altre possibilità, che questa sia so-
lo una delle ali che possiamo ve-
dere, che lui ci permette di vedere,
ma nascoste dietro ci sono altre ali
alternative che possiamo in qual-
che modo portare in evidenza se si
cambiano i processi relazionali.
Come insegnanti abbiamo un con-
trollo sull’organizzazione dei pro-
cessi relazionali della classe, quin-
di non dovremmo pensare a noi
come a uno contro quaranta, ma
facilitare altre dinamiche relazio-
nali che potrebbero essere portate
in evidenza a seconda delle attività
che possiamo proporre alle classi.
Noi non siamo il focus, non siamo
il centro della classe ma piuttosto
noi vediamo e supervisioniamo i
processi relazionali che possono
evidenziare capacità diverse tra i
bambini. Ad esempio vorrei citare
il mio nipotino. Gli abbiamo porta-
to libri di matematica e di scienza,
letture diverse, ma sembrava che a
lui non interessassero.
Abbiamo anche pensato che lui
fosse stupido, abbiamo proprio uti-
lizzato questa parola in privato:
“stupido”. Ma poi abbiamo capito
che per affrontare queste attività
che gli avevamo presentato, lui
aveva a che fare con il suo senso di
adeguatezza. Ha una sorella più
grande che pensa di essere la mi-
gliore creatura mai esistita e lui
sente questo contrasto da fratello
minore.
Devo dire però a questo punto che
sono andata ad una scuola di golf
ultimamente e ho avuto la stessa
sensazione degli ultimi della clas-
se, perché ero una pessima gioca-
trice. Come gli ultimi della classe
che sanno che stanno per sbagliare
e quindi sono imbarazzati e che
non riescono a seguire l’insegnan-
te, che non sanno quello che do-
vrebbe sapere, e non riescono a
migliorare. Allora ho pensato: noi
insegnanti siamo insegnanti perché
andavamo piuttosto bene a scuola
e forse abbiamo dimenticato quel-
le sensazioni terribili che alcuni
studenti possono provare; e penso
che questa é la stessa cosa che pro-
vava nostro nipote di fronte a que-
sti importanti membri della fami-
glia. Pensava di non riuscire ad af-
frontare quei testi di matematica.
Ma c’era un’altra ala, che poi si è
spiegata: era riuscito ad ottenere
delle carte da gioco giapponesi
chiamati “YU-KIO” forse anche voi
le avete qui. Ha cominciato a col-
lezionarne una serie e quando non
poteva più acquistarle, a cinque
anni non si hanno molti soldi, ha
cominciato a disegnarle da solo
perché aveva visto le altre carte.
Quindi ha sviluppato un gioco e la
capacità di memorizzare e di co-
noscere tutte le diverse caratteristi-
che di 200 powercards giapponesi.
È brillante, in questo gioco è un
vincitore, bisognava solo trovare la
giusta occasione per dargli le pos-
sibilità, che prima non aveva, di
esprimersi attraverso le sue relazio-
ni con i giochi. Le sue capacità so-
no ottime, è intelligente.
(Ken)
Prenderò spunto da qui.
Per me è stato molto noioso anda-
re a scuola. Quando mi chiedeva-
no di imparare qualcosa e io non
capivo perché era importante o in-
teressante: perché devo conoscere
tutta questa storia?, perché devo
imparare la geometria?, non mi
sembra che mi aiuti in qualcosa,
non so perché mi danno questo
compito. Succedeva che l’inse-
gnante mi trasmetteva una nozione
che lei possedeva e semplicemente
me la buttava addosso dicendomi
che la dovevo sapere, ma per me
non aveva importanza; quindi la
domanda è, in termini di motiva-
zione, trovare qualcosa che abbia
senso o che fa la differenza in ter-
mine di narrazione che lo studente
possiede.
Potrei parlare di alcune lezioni di
statistica sull’analisi multivariata.
Era così noioso che non riuscivo a
tenere gli occhi aperti, ho passato
l’esame ma è stata una lotta. Ma da
quando sono diventato un profes-
sionista, quando sono con i miei
pari, la mia stima viene misurata in
base al numero delle pubblicazio-
ni, di ricerche condotte, il mio
contributo dipende da questo.
Quindi ho capito che potevo fare
delle ricerche migliori con un’ana-
lisi multivariata e allora sono tor-
nato a quei libri ed ero affamato di
quella lettura, cercavo di appro-
priarmi della materia nel più breve
tempo possibile.
Quindi per me il problema è stato
di cercare il modo di trovare come
cogliere le narrazioni degli studenti
e creare l’educazione come un’e-
stensione di quelle narrazioni.
Per esempio una cosa che faccio
spesso è dire “potete usare qualsia-
si tipo di presentazione, scegliete
un argomento e presentatelo nel
modo che volete ma cercate di
usare cose nuove”. C’era un ragaz-
zo che era molto bravo in musica
voleva diventare un musicista rock.
“Cercate di usare la musica per di-
re quello che volete dire, ma colle-
gatelo a quello che la classe sta fa-
cendo. Usate la musica per dire
qualcosa di storia, i cambiamenti
legati agli stili musicali”. Ho avuto
studenti che hanno danzato per
esprimersi.
Nelle nostre scuole ci sono sempre
studenti molto forti fisicamente e
spesso fanno i bulli, hanno la loro
gerarchia, sono bravi in atletica; e
poi abbiamo quelli che invece so-
no i gruppi di studenti più raffinati
e sono molto più interessati allo
stile, al modo di muoversi e di at-
teggiarsi e quindi c’è questa sorta
di antagonismo tra i due gruppi.
Uno dei modi più creativi di muo-
versi dialogicamente e collaborati-
vo che ho mai visto è quello di una
scuola in cui si faceva danza. Il
gruppo di ballerini di questa scuo-
la invitò gli atleti a proporre le co-
se che facevano sotto forma di
danza, dicendo loro: “I movimenti
che fate nel basket o in atletica so-