7
QUADERNI
DI
ORIENTAMENTO
■
22
che viene segnalata. Noi diciamo
generalmente che uno dei più gran-
di rischi per un ragazzo è esser de-
finito “ragazzo a rischio”; questo
perché una volta costruita l’immagi-
ne, con tutte le implicazioni, del ra-
gazzo a rischio, è facile che si im-
bocchi, e che lui stesso imbocchi,
in un certo senso per “accontentar-
ci”, il sentiero che ripercorre narra-
zioni già note e già vissute. Come il
Franti del libro Cuore, del quale, fin
dall’inizio, si sa già come va a fini-
re la triste storia di futuro “abban-
dono”. Questo è il pericolo, quindi
per quanto riguarda il campo degli
interventi su segnalazione occorre
affilare molto i nostri strumenti per
non correre questi rischi.
C’è poi l’altro campo, quello che ri-
guarda la promozione del benesse-
re e che non può coincidere con la
segnalazione di ciò che adesso non
va bene, di ciò che si è visto essere
problematico, in crisi, ecc., questo
campo riguarda infatti un’altra atti-
vità. Promuovere il benessere vuol
dire mettere in atto da parte della
scuola, degli adulti in generale,
grandi autocambiamenti. Noi pos-
siamo dire, in modo piuttosto con-
diviso nella cultura psicologica e
sociale attuale, che se c’è un moto-
re, in qualche modo riconosciuto,
che spiega l’agire umano, è che le
persone puntano a costruirsi nella
relazione con gli altri una propria
identità, una propria riconoscibilità.
Mi aiuterò con un disegno:
Questo schema grafico dell’identità
in qualche modo cerca di riprende-
re le concezioni correnti. Il nostro
ragazzo del disegno, chiamatelo
Andrea, ha una sua identità che di-
ciamo costruita da tre grandi com-
ponenti: la componente più impor-
tante forse per definire il contesto è
quella culturale, la matrice colletti-
va, il cosiddetto “ambiente”; poi c’è
una parte che chiameremo insieme
te che ho sconvolto mentalmente la
mia relazione ascoltandoli, ho cam-
biato al momento i miei lucidi e
quindi posso sperare di dare un
contributo organico e non precon-
fezionato a questo convegno. Mi
hanno toccato gli esempi che han-
no fatto, i temi che hanno proposto,
le questioni che hanno ritenuto im-
portanti e che coincidono con le
cose che penso, che ho vissuto e
che sento nella scuola. Partiamo
dalla questione, introdotta anche da
Vattovani, del benessere e della
promozione del benessere che vie-
ne vista, da qualche anno, come
una dizione più simpatica e piace-
vole che non l’altra: lotta al disagio.
La prima cosa che vorrei dire è che,
probabilmente, questa non è una
questione solo lessicale, né siamo
di fronte ad un esempio di pensiero
positivo in senso banale, da rotocal-
co, ma che nominare la promozio-
ne del benessere ci pone di fronte a
implicazioni che suggeriranno azio-
ni assai diverse. Sia il Tutore dei mi-
nori che il professor Del Ponte, han-
no fatto cenno a problemi reali,
concreti, legati a ragioni economi-
co-sociali e culturali, e si sono rife-
riti a progetti che sono già in atto sul
territorio e che non devono, è giusto
che non debbano, essere in qualche
modo ridondati o sovrapposti da al-
tri progetti, da un arricchimento che
finisce per diventare confusione an-
ziché supporto, ma che vanno af-
fiancati da qualcosa che possa, in
qualche modo, corroborarli tutti.
L’idea allora è questa: proporre
qualcosa che possa rendere ancora
più efficace quanto è già in atto, va-
lorizzarlo e cogliere un aspetto che
in ogni caso va colto e che è anche
un punto focale dei problemi che si
vivono nella scuola oggi. Si parlava
di promozione del benessere e c’e-
ra un accenno, fatto da entrambi i
relatori che mi hanno preceduto, al-
le azioni fatte per cogliere il disagio
quando e ove si manifesta. Rimane,
infatti, da condurre un lavoro sul di-
sagio, su ciò che viene visto, su ciò
che si scopre nel corso della vita
scolastica, e questo lavoro è indi-
spensabile, ma anche rischioso, e
su “rischioso” vorrei mettere l’ac-
cento. Lavorare su segnalazioni è
necessario perché vanno colti se-
gnali che altrimenti andrebbero per-
duti, ma fa correre il pericolo di eti-
chettare-come è noto, la persona
all’interno delle istituzioni diventi-
no protagonisti gli studenti, i geni-
tori, i docenti per fondare la scuola
autonoma nel vero senso della pa-
rola. Ricordiamoci che l’innovazio-
ne vera, le idee vere, la creatività,
non nascono da quello che è codi-
ficato, nascono dal pensiero diver-
gente che hanno i giovani; sono lo-
ro che interpretano in modo diver-
so la società e sono in grado di dar-
ci degli stimoli, per cui va dato spa-
zio fisico ai giovani perché possano
incontrarsi ed esprimersi e soprat-
tutto spazio psicologico, ricono-
scendogli le capacità, i doveri, le
potenzialità che, spesso e volentie-
ri, sono “cloroformizzate” e “omo-
logate”. La nostra scuola deve
aprirsi a questo, se vuole fare in
modo che nessuno sia escluso dal-
la formazione e che sia utilizzato
tutto il potenziale presente. Dal
momento che le difficoltà sono tan-
te e le forme di disagio molteplici,
è indispensabile la collaborazione
tra tutti gli enti e le istituzioni.
Ognuno tende a guardare al parti-
colare, al proprio settore ma dob-
biamo superare questa miopia cul-
turale e abituarci ad avere fiducia
l’uno dell’altro, a sentire l’indispen-
sabilità dell’altro; dobbiamo tende-
re alla vera collaborazione, non li-
mitarci ad aspettare, a rimbalzare
responsabilità e compiti; la vera
collaborazione è fatta anche di
umiltà e di riconoscimento delle
proprie lacune e dei propri limiti.
Sarà utopia questa, al giorno d’og-
gi, quando si parla tanto di efficien-
tismo e di perfezionismo in tutti i
sensi? Si! Credo che sia utopia, ma
la storia non va avanti, secondo
me, con la legge dell’economia ma
con l’utopia.
PROMUOVERE
IL BENESSERE VUOL DIRE
METTERE IN ATTO GRANDI
AUTOCAMBIAMENTI
Marco Vinicio Masoni
Sono stati talmente ricchi gli spunti
e gli inviti negli interventi del Tutore
dei minori e del professor Del Pon-