Tutto ha funzionato finché c’è stata
una scuola deliberatamente finaliz-
zata alla creazione di una netta dif-
ferenziazione tra lavoro manuale e
lavoro intellettuale, ma quando tale
separazione ha perso parte del suo
senso, il modello ha finito col mo-
strare i suoi punti di debolezza che
secondo alcuni esperti, segnano
una reale frattura tra le modalità di
come si impara dentro la scuola e
come si impara fuori dalla scuola, e
per flash:
- le attività scolastiche non pre-
miano le attività socialmente
condivise;
- la formazione scolastica è sem-
pre meno svolta implicando la
manipolazione di oggetti e la
capacità di usare strumenti;
- le lezioni sono prevalentemente
simboliche e scarsamente con-
nesse a oggetti, strumenti, risul-
tati, ecc.
Detto questo si comprende perché
la differenza non sta tanto tra la di-
stinzione tra teoria e pratica, tra sa-
pere teorico e sapere pratico, ma tra
ciò che sta dentro e ciò che sta fuori
la scuola, e che ogni sapere anche il
più astratto ha imprevedibili risvol-
ti pratici, al punto che ha senso af-
fermare che non esistono discipline,
ma pratiche disciplinari ed ancora
comunità di pratiche.
Se ciò è vero, c’è da concludere che
le discipline, come collezione di
concetti e principi generali esistono
solo a scuola, nelle situazioni effet-
tive esse sono sempre contestualiz-
zate. E si potrebbe azzardare l’ipo-
tesi che quelli che, nel recente pas-
sato prossimo, hanno saputo coglie-
re intelligentemente questa ultima
peculiarità, sono probabilmente le
cosiddette generazione di mezzo
degli attuali imprenditori artigiani,
nostri possibili partners del proget-
to in questione. Come è dato imma-
ginare potrebbero risultare anche
un valido paradigma (con differen-
ti sfumature) del vissuto del disagio
formativo; infatti il divenire del lo-
ro successo professionale, per molti
versi, è il frutto della lenta commi-
stione tra sapere teorico e neces-
sità/sapere pratico.
L’IMPRESA
ARTIGIANA
UNA COMUNITÀ
DI PRATICHE
PER ACQUISIRE
COMPETENZE ED
UNO STILE DI VITA
Le
comunità di pratiche
sono le
orga-
nizzazioni spontanee
che si costitui-
scono nei contesti lavorativi a sup-
porto di processi collettivi di condi-
visione delle conoscenze e di tra-
smissione delle stesse. In particola-
re di quei saperi che costituiscono
patrimonio specifico della comu-
nità, quel genere di saperi praticabi-
li o osservabili in azione, ma diffi-
cilmente
"insegnabili"
. E’ una condi-
zione di apprendimento "situato",
fortemente ancorato al contesto e al
linguaggio che in esso si sviluppa e
le modalità in cui esso ha luogo so-
no varie. Un principiante che entra
a far parte di una comunità di pra-
tiche (ancor meglio se in una azien-
da artigiana di eccellenza) inseren-
dosi in una posizione periferica può
imparare immerso nel contesto se-
condo una molteplicità di modi:
guardando altri che agiscono; rice-
vendo informazioni linguistica-
mente mediate e di seguito agendo
sempre in situazioni protette.
Nei contesti si imparano le pratiche
guardando gli altri che fanno e mo-
strano come si fa, assorbendone infor-
mazioni anche implicite, esposti alle
situazioni in cui le attività si attuano,
in uno stato di osservazione automa-
tica di ciò che gli esperti fanno.
Gli attori delle
comunità di pratiche
sono effettivamente tre: i princi-
pianti (nel nostro caso gli utenti in
formazione), gli esperti (artigiani e
loro collaboratori, ecc.) e le organiz-
zazioni. L’efficacia dei processi di
trasferimento e condivisione delle
conoscenze dipende dalle interazio-
ni che tra essi si realizzano. I ruoli
di chi apprende non sono fissi, pos-
sono variare col cambio di posizio-
ne di un soggetto all'interno della
comunità e sono, in un certo senso,
il risultato di una negoziazione so-
ciale sulle competenze.
Il nostro utente dovrà autocollocarsi
in modo corretto nella comunità di
pratiche, gestendo con buon senso le
relazioni critiche a rischio di conflit-
to; dovrà partecipare con interesse e
motivazione alle attività, dosando
con equilibrio la possibilità di fare o
stare a guardare, che la posizione di
principiante legittima. Oltre che dal-
l'organizzazione e dai principianti, il
processo è determinato dagli atteg-
giamenti dei maestri/imprenditori
artigiani che possono essere più o
meno adeguati. Ci sono maestri/im-
prenditori artigiani che adottano
strategie comunicative sbrigative, al-
tri che assumono atteggiamenti pa-
ternalistici, altri che interpretano con
buon senso il ruolo di supporto all'a-
zione del principiante.
L'interazione positiva tra i diversi at-
tori permette di realizzare una sorta
di "curricolo situato" che segue rego-
le empiriche e non è possibile defini-
re nei tempi e nelle sequenze. Le oc-
casioni d'apprendimento nei contesti
lavorativi accadono quando accado-
no e non è possibile predeterminarle.
È un curricolo che segue criteri di
economicità guidati dal processo di
apprendimento, non ad esso esterni.
Ha perciò forti dosi di ridondanze,
UN PROGETTO FORMATIVO
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QUADERNI
DI
ORIENTAMENTO
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