10
QUADERNI
DI
ORIENTAMENTO
21
ca odierna. Il postulato fondamentale
di quest'approccio sembra in effetti es-
sere il seguente: se "ognuno gestisce al
meglio le proprie risorse personali", al-
lora la società nel suo insieme si tro-
verà in una posizione migliore, nel-
l'ambito di una competizione mondia-
le in materia di risorse umane, e in par-
ticolare di risorse umane qualificate.
II. 1.3 Mantenere l'ordine sociale por-
tando gli individui ad attribuirsi la re-
sponsabilità del loro fallimento (o del
loro successo)
Alcuni considerano che questa pro-
spettiva dello sviluppo del potenziale
umano sia soltanto un'illusione. Se-
condo loro, la finalità reale delle prati-
che di orientamento è il mantenimento
dell'ordine sociale. Questa riflessione
si fonda sulla constatazione che le pra-
tiche di aiuto all'orientamento sono
centrate più sul soggetto che sul suo
ambiente.
Sylvie Boursier (2001) rileva così che
queste pratiche poggiano su due postu-
lati. Il primo afferma che la conoscen-
za di sé rappresenta i preliminari del-
l'orientamento: meglio ci si conosce,
meglio si verrà orientati. Il secondo,
corollario del primo, fa dell'ambiente
una fonte potenziale di costrizioni, un
ostacolo alla realizzazione dei proget-
ti. Essendo i progetti elaborati partendo
da una riflessione su di sé, si esamina
poi la "fattibilità". Questa dipende es-
senzialmente dall'ambiente: o permet-
te la realizzazione di progetti oppure li
impedisce. In queste condizioni, si
può pensare che l'impossibilità di rea-
lizzare i progetti trovi la sua origine
molto di più nelle insufficienze del
soggetto a soddisfare le costrizioni che
nel carattere eccessivo o discutibile di
queste. Il soggetto appare allora come
il responsabile dei suoi fallimenti: i fat-
tori sociali all'opera passano in secon-
do piano o vengono semplicemente
annullati. Le pratiche di orientamento
avrebbero pertanto il compito di ma-
scherarli e quindi di assicurare la pace
sociale, alienando gli individui.
È un'argomentazione di questo tipo
quella sviluppata da Bernard Gangloff
(1999) riguardo ai bilanci di compe-
tenze. Dopo aver sottolineato "tanto la
difficoltà della conoscenza obiettiva di
sé quanto il carattere limitato dell'aiu-
to che altri, anche specialisti, possono
procurare a questa conoscenza", affer-
ma che la pratica del bilancio è para-
dossale "a meno che non si prenda in
considerazione che il vero obiettivo
del bilancio porti non sulla conoscen-
za autentica di sé ma sull'accentra-
mento su di sé: in questo periodo di di-
soccupazione (…) quest'accentramen-
to, che porta alla responsabilizzazione
dei richiedenti, permette in effetti di
salvare il mercato del lavoro da qual-
siasi problematica causale". In breve, il
bilancio di competenze sarebbe "un'u-
topia necessaria all'anestesia sociale".
In base a quest'analisi, una delle con-
dizioni dell'efficacia di questa pratica
è che coloro che si rivolgono al consu-
lente dell'orientamento si smarriscono
da soli per quanto riguarda la realtà
della loro attività: pensando di aiutare
l'individuo a sviluppare il suo poten-
ziale, nei fatti, lo condurrebbero sol-
tanto a pensare a se stesso come pie-
namente responsabile della sua attuale
situazione e dunque, in fin dei conti,
ad accettare la sua sorte.
Quest'analisi critica delle pratiche di
orientamento, e in particolare delle
pratiche di bilancio di competenze,
viene spesso condotta dai sostenitori di
una quarta concezione delle finalità
delle pratiche di orientamento. Secon-
do loro, queste devono mirare a:
II. 1.4 Ridurre le ineguaglianze sociali
e portare ad uno sviluppo personale e
sociale durevole
Questo punto di vista è quello dei
riformatori sociali. Si basano sulla con-
statazione di un aumento delle inegua-
glianze sociali ed economiche, tanto
in seno alle diverse società quanto tra
queste società stesse. In questa pro-
spettiva, la mondializzazione dell'eco-
nomia e del lavoro non viene vista co-
me un fattore di sviluppo globale, ma
come all'origine di una differenziazio-
ne crescente tra i benestanti e gli
squattrinati. Una tale situazione viene
considerata potenzialmente molto pe-
ricolosa, tanto da un punto di vista
ecologico che "polemologico".
In base a quest'analisi, la finalità delle
pratiche di orientamento non potreb-
be, di conseguenza, essere primordial-
mente individuale. Infatti, darsi come
obiettivo quello di fare di ogni indivi-
duo un gestore avvisato delle sue risor-
se individuali significa semplicemente
aiutare ognuno ad occupare una posi-
zione migliore in una competizione
dove i dadi sono fondamentalmente
truccati, tenendo conto precisamente
delle differenze considerevoli delle ri-
sorse personali.
Le finalità ultime delle pratiche di
orientamento sembrano dover di con-
seguenza essere "la realizzazione del
bene comune" come condizione indi-
spensabile allo sviluppo individuale di
ognuno. In base a questo punto di vi-
sta, la questione centrale dell'esperto
dell'orientamento non può più quindi
essere: "come permettere ad ognuno di
realizzarsi pienamente?". Deve essere:
"come permettere ad ognuno di realiz-
zare la propria umanità permettendo
agli altri di realizzare la loro, piena-
mente e a modo loro?".
Questa nuova prospettiva per l'orienta-
mento avrebbe come regola quella di
basarsi su valori che possano ergersi a
principi "universali" per l'azione, valo-
ri tali da "permettere a ciascuno di svi-
luppare, a modo proprio, le sue carat-
teristiche pienamente umane".
In modo generale, i sostenitori di que-
sta posizione considerano che le prati-
che individuali di consulenza e di bi-
lancio di orientamento trovino un loro
significato solamente nell'ambito di un
impegno dell'individuo in certe azioni
collettive e, più particolarmente, nelle
azioni collettive di sviluppo.
II. 1.5 Due concezioni divergenti del-
lo sviluppo economico
In fin dei conti, questi vari tipi di di-
scorsi sulle finalità delle pratiche di
orientamento si distinguono fonda-
mentalmente per la risposta che danno
alla questione dello sviluppo economi-
co mondiale. Per alcuni, le forme at-
tualmente dominanti dell'economia,
cioè la mondializzazione dei capitali e
del lavoro, sono la condizione indi-
spensabile per il migliore sviluppo
possibile delle potenzialità di ogni in-
dividuo e di ogni società. Per altri, in-
vece, queste forme economiche domi-
nanti oberano gli sviluppi della mag-
gior parte.
Questa demarcazione fondamentale si
manifesta in materia di concezione
delle pratiche di orientamento per una
differenziazione tra coloro che consi-
derano che devono focalizzarsi unica-
mente sull'individuo e coloro che le
concepiscono solo rapportandosi ad
uno sviluppo collettivo. I primi mirano,
esplicitamente, a fare di ognuno un
competitore migliore nel gioco della
concorrenza attuale. I secondi, svilup-
pando un'analisi critica di questa fina-
lità manifesta, considerano che con-
viene portare ognuno ad essere un at-
tore dello sviluppo economico durevo-
le.
II. 2 La necessità di conoscenze rigo-
rose relative alla costruzione di sé e
allo sviluppo delle competenze
Questo dibattito sociale riguardo alle
finalità delle pratiche di orientamento
non è l'unica fonte di difficoltà, dato
che si tratta della sistemazione di pre-
cise pratiche di aiuto all'orientamento.