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QUADERNI
DI
ORIENTAMENTO
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rispetto alle configurazioni concrete
nelle quali egli si ritrova. Questa rap-
presentazione ci porta a formulare una
specie di regola morale fondamentale
della condotta individuale che potreb-
be essere enunciata nel seguente mo-
do: "costruisci te stesso, da te".
Per di più, consideriamo che l'impe-
gno in un'attività professionale sia
un'occasione privilegiata di questa co-
struzione di sé. "Costruire se stesso rea-
lizzandosi tramite la propria vocazione
professionale": questa sembra essere la
forma dominante della concezione
dell'esistenza nel ventesimo secolo,
nei paesi ricchi. Bisogna sottolineare,
ricordando i lavori di Judith Schlanger
(1997) sulla vocazione o quelli di Do-
minique Méda (1997a, 1997b), che
non è necessariamente così e che, in
alcune culture, si considera che la me-
ditazione sia alla fonte della realizza-
zione di se stesso.
Infine, il nostro modo di concepire i
problemi di orientamento viene anche
determinato dai nostri interrogativi re-
lativi alla nostra capacità di anticipare
l'avvenire. Lo concepiamo come in-
certo. Lo immaginiamo volentieri co-
me instabile. Vedremo tra qualche
istante che numerosi lavori contempo-
ranei (Riverin-Simard, 1996; Boutinet,
1998; Dubar, 2000) sottolineano che
le "carriere professionali" corrispondo-
no oramai meno ad uno "sviluppo vo-
cazionale" che ad un "caos": formano
sempre più raramente una continuità e
gli individui vengono sempre più spes-
so confrontati a fratture nella loro vita
professionale. È lo stesso nella vita pri-
vata. Questi vari fenomeni di "frattura"
sono stati sussunti sotto la denomina-
zione comune di "transizioni". Questa
nozione di transizione si trova oramai
al cuore stesso delle questioni di orien-
tamento.
I. 2 L'organizzazione del lavoro: un
contesto fondamentale nella definizio-
ne delle questioni di orientamento
Se le cornici ideologiche hanno un
ruolo nella concezione delle questioni
latenti alle pratiche di orientamento,
queste dipendono anche dai contesti
sociali nei quali vengono formulate.
Due di questi contesti vi hanno un ruo-
lo fondamentale. Si tratta, da un lato,
di forme di organizzazione del lavoro,
e dall'altro dei sistemi e delle procedu-
re di orientamento scolastici. Nella mi-
sura in cui ci interessiamo essenzial-
mente alle questioni di orientamento
degli adulti, mi limiterò qui a menzio-
nare i legami tra:
- primo, le forme di organizzazione
del lavoro,
- secondo, le concezioni della qualifi-
ca,
- terzo, le questioni di orientamento.
Sin dal 1955, Alain Touraine ha de-
scritto tre forme di organizzazione del
lavoro che si sono sviluppate nel corso
del 20esimo secolo (Touraine, 1955;
Dubar, 1996). Ad ognuna di queste
corrisponde una concezione particola-
re della qualifica professionale. Le pra-
tiche di orientamento sembrano essere
state strettamente determinate da que-
ste rappresentazioni della qualifica.
Queste attività sembrano in effetti rien-
trare in tre grandi modelli di cui ognu-
no corrisponde ad una di queste con-
cezioni. Vi si aggiunge, da qualche an-
no, una quarta figura, legata allo svi-
luppo dell'impiego precario.
I. 2.1 Il sistema professionale di lavoro
e l'orientamento verso le professioni:
come abbinare l'individuo ad una pro-
fessione?
L'organizzazione che domina all'ini-
zio del secolo è il sistema professiona-
le del lavoro. Si tratta di un modo di
produzione vicino all'artigianato: il la-
voratore deve avere "abilità manuale",
deve essere "del mestiere". Possiede un
capitale di conoscenze e di abilità che
può acquisire con un apprendimento
metodico, di solito lungo. Questo ca-
pitale rimanda al suo stesso essere: il
lavoratore "è" meccanico, falegname
(lo stesso, trattandosi di professioni, "è"
avvocato o medico). Il mestiere contri-
buisce alla definizione dell'identità in-
dividuale di cui è spesso una delle
componenti maggiori.
L'apprendimento è lungo; di conse-
guenza è costoso. La scelta di una vo-
cazione è una cosa seria che richiede
tecniche sicure. Si danno consigli. Il
consulente è un esperto la cui scienza
è la psicotecnica. La nozione d'attitu-
dine è centrale. Si tratta di prevedere il
più obiettivamente possibile il mestiere
al quale il giovane sta per prepararsi e
che dovrebbe fare per il resto della sua
vita. "L'esame psicologico di orienta-
mento" rappresenta la forma di prototi-
po dell'intervento dei consulenti.
I. 2.2. Il "fordismo" e l'orientamento
verso impieghi: come abbinare l'indi-
viduo ad una situazione di lavoro?
Queste nozioni di "mestiere" e di
orientamento professionale fondato
sulle attitudini furono messe nuova-
mente in causa in numerosi settori del-
la produzione dalle due invenzioni –
relative all'organizzazione del lavoro –
di Henry Ford che si ispirava a Frede-
rick Winslow Taylor: dapprima l'as-
semblaggio e, successivamente, la li-
nea di produzione.
La conseguenza di questa organizza-
zione del lavoro fu che numerosi agen-
ti di produzione non ebbero più un
mestiere. La nozione fondamentale
non è più quindi quella del "mestiere"
ma quella dell'"impiego" ("job"). La
qualifica prende un altro significato.
Non è più definita in relazione alle
abilità incorporate dai salariati. Si rife-
risce ormai al posto di lavoro (Dubar,
1996, p. 182): sono le specificazioni
tecniche delle macchine che portano a
precisare la qualifica del posta (è fati-
coso? È complesso?).
In questa organizzazione fordista del
lavoro, "il nocciolo duro della compe-
tenza è la formazione in massa" osser-
va Dubar (1996, p. 186). Il lavoratore
non può più identificarsi partendo da
un mestiere che lo definirebbe in mo-
do essenziale: è un semplice "agente di
produzione", "operatore". Se cambia
lavoro, la sua qualifica può essere mes-
sa nuovamente in causa. In questo si-
stema di lavoro, l'identificazione prin-
cipale dell'individuo si basa sui legami
che lo legano al suo collettivo di lavo-
ro. Quest'ultimo rappresenta una vera
e propria "comunità professionale" con
il suo linguaggio, i suoi modi di essere,
d'interagire e tutte le sue norme infor-
mali (vedere, ad esempio: Willis, 1997
e 1998).
In questo contesto, la consulenza in
orientamento prende un altro significa-
to rispetto a quello che aveva nel mo-
dello di orientamento verso un mestie-
re. La questione delle attitudini perso-
nali non è più il cuore del problema. Si
tratta, invece, di determinare se il gio-
vane si adatterà a queste condizioni di
lavoro, cioè se si riconoscerà in quei
collettivi di produzione. L'obiettivo è
ormai quello di effettuare un accoppia-
mento "individuo – situazione di lavo-
ro" che si fondi su considerazioni rela-
tive alla personalità sociale del lavora-
tore. Sin dalla fine degli anni Venti ap-
paiono "strumenti" di aiuto all'orienta-
mento che rispondono a questo genere
di preoccupazioni: ad esempio, il que-
stionario d'interessi di Edward Strong
(1936) che si propone di verificare se
l'individuo ha effettivamente gli stessi
"gusti" di quelli con cui lavorerà.
I
. 2.3 Il sistema tecnico di lavoro e il
modello della competenza: come aiu-
tare l'individuo ad individuare e a svi-
luppare le sue competenze?
È con la terza forma di organizzazione
del lavoro descritto da Touraine – il si-
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