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QUADERNI
DI
ORIENTAMENTO
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stema tecnico di lavoro – che la nozio-
ne di competenze trova il suo posto al
cuore stesso delle questioni di orienta-
mento. Questo sistema tecnico è lega-
to allo sviluppo dell'informatica che
rappresentò uno dei fattori più impor-
tanti dell'evoluzione, da una parte, del
processo di produzione e, dall'altra,
dell'organizzazione del lavoro. In que-
st'organizzazione del lavoro legata al-
l'automazione, la qualifica corrispon-
de ad uno statuto riconosciuto nel si-
stema sociale di produzione. Questo
"sistema tecnico del lavoro" sollecita
diverse capacità specifiche dei salaria-
ti, diverse da quelle richieste dal "me-
stiere" del "sistema professionale del
lavoro".
Queste capacità sono fondamental-
mente legate alle interazioni costituite
ormai dalla situazione del lavoro. L'at-
tività al lavoro prende infatti la forma
di una "funzione professionale" che si
inserisce in una rete. In una tale corni-
ce, come osservano sia Even Loarer e
Michel Huteau (1997) che Philippe Za-
rifian (1988; 2001), alcune competen-
ze diventano essenziali: il potere di
cooperazione (che implica la socievo-
lezza e l'arte di comunicare), il pren-
dere iniziative (che necessita una fles-
sibilità nell'adattarsi), il prendere delle
responsabilità (che rinvia alla capacità
di fronteggiare eventi inattesi e che
presuppone lo sviluppo di nuove abi-
lità), l'esigenza di rigore (in particolare
per quanto riguarda la qualità dei risul-
tati).
Tre punti differenziano in modo fonda-
mentale questo modello dai due pre-
cedenti:
- Prima di tutto, il lavoratore vi è visto
come detentore di un capitale di
competenze, a differenza dell'ope-
ratore dell'organizzazione "fordista".
- Poi, questo lavoratore viene anche
considerato in grado di sviluppare
nuove competenze, in particolare in
funzione dell'evolversi delle situa-
zioni di lavoro nelle quali si trova. Si
parla così di "organizzazione qualifi-
cante" e di "formazione lungo tutto
l'arco della vita".
- Infine, a differenza del modello del-
le attitudini, queste competenze
sembrano essere strettamente legate
ai contesti nei quali si manifestano.
Sembra che ormai siano più centrali
le interazioni professionali (azioni,
interlocuzioni, ruoli, ecc.) dell'attore
professionale in sé.
È in questo contesto che le tecniche di
bilanci di competenze e le procedure
di convalida e di riconoscimento delle
esperienze si formalizzeranno. Rap-
presentano le pratiche di orientamento
paradigmatiche del sistema tecnico del
lavoro.
I. 2.4 Il mercato secondario del lavoro
e la questione delle transizioni: come
aiutare l'individuo a fronteggiare nu-
merose transizioni?
Le trasformazioni economiche nell'ul-
timo periodo (cioè la mondializzazio-
ne dell'economia e del lavoro) hanno
portato ad un'accresciuta segmenta-
zione del mercato del lavoro. In base
alla teoria della segmentazione, non
esiste uno solo, ma due mercati del la-
voro separati (vedere, ad esempio, Tan-
guy (Ed.), 1986, pp. 217-221):
- Il segmento primario è quello dei la-
vori interessanti e meglio pagati.
- Il mercato secondario, dal quale di-
pendono sempre più salariati, è quello
dei lavori mal pagati, a volte svolti in
condizioni deplorevoli. Su questo mer-
cato, i lavoratori hanno bisogno di po-
ca formazione. Devono essere molto
flessibili. "Fanno parte dei gruppi vitti-
me di discriminazioni: donne, giovani,
stranieri" (Orivel e Eicher, 1975, p.
407).
Ora, queste forme precarie di lavoro e
d'impiego "corrodono il carattere" per
riprendere il titolo inglese dell'opera
del sociologo Richard Sennett (1998,
2000). Secondo lui, la flessibilità del
lavoro e dell'impiego ha infatti conse-
guenze umane maggiori: colpisce la
personalità, la determinazione e le di-
sposizioni dell'individuo. Sennett nota:
"si presume che l'instabilità sia la nor-
ma. (…) La corrosione del carattere ne
è forse una conseguenza inevitabile. Il
"niente lungo termine" disorienta l'a-
zione a lungo termine, distende i lega-
mi di fiducia e d'impegno e dissocia la
volontà del comportamento" (Sennett,
2000, pp. 37-38). Christophe Dejours
(2000) giunge a conclusioni simili nel-
la sua opera "Travail, usure mentale".
Lo sviluppo del lavoro precario si ma-
nifesta, per un numero crescente di sa-
lariati, con l'esperienza del dover vive-
re, in maniera ripetitiva, delle "transi-
zioni" professionali che di solito non
corrispondono allo "sviluppo di una
carriera": tali transizioni (ad esempio: il
passaggio da un periodo di disoccupa-
zione ad uno stage per il richiedente
lavoro) non permettono in effetti di ac-
cedere a funzioni professionali mag-
giormente qualificate, che corrispon-
dono a maggiori responsabilità e che
presuppongono maggiori competenze.
Come lo sottolineano Nancy Schlos-
sberg, Elinor B. Waters e Jane Good-
man (1995, p. 28), "una transizione
può essere un evento della vita dell'in-
dividuo che comporti guadagni, così
come un evento che comporti perdite".
Questa nozione di "transizione psico-
sociale" è stata formalizzata da Colin
Murray Parkes nel 1971. Indica i "cam-
biamenti di ordine maggiore nell'arco
della vita che hanno effetti duraturi,
avvengono in un lasso di tempo relati-
vamente breve e colpiscono in modo
determinante la rappresentazione del
mondo" (citato da Dupuy, 1998, p. 49).
Ripresa nel campo dell'orientamento
lungo tutto l'arco della vita, la transi-
zione psicosociale è stata definita co-
me "qualsiasi evento che produca
cambiamenti nelle relazioni, occupa-
zioni quotidiane, credenze e ruoli"
(Schlossberg et al., 1995, p. 27).
In un tale contesto, le pratiche di
orientamento si prefiggono obiettivi
meno ambiziosi rispetto a quelli espo-
sti nella cornice del modello della
competenza. Mirano semplicemente
ad aiutare coloro che si rivolgono al
consulente a fronteggiare "al meglio"
questi vari eventi che colpiscono il
corso della loro vita. Si analizza quin-
di insieme a loro la situazione nella
quale si trovano, i sostegni di cui pos-
sono beneficiare, le loro risorse perso-
nali (ad esempio: le loro caratteristiche
psicologiche), e anche le strategie che
possono adoperare (Schlossbert et al.,
1995, p. 49).
I. 2.5 Pratiche eclettiche
I vari sistemi di lavoro che sono stati
appena descritti sono apparsi successi-
vamente. La mondializzazione delle
economie (con la divisione mondiale
del lavoro e le "delocalizzazioni" del
lavoro) è un fenomeno recente. Ciò
non significa neanche che tutti i me-
stieri che richiedono attitudini o preci-
se abilità siano scomparsi. Allo stesso
modo, gli impieghi "fordisti" coesisto-
no con funzioni che dipendono dal
modello della competenza. Allo stesso
tempo, sono numerosi coloro che co-
noscono le transizioni "ripetute", lun-
ghe o dolorose.
Le pratiche di orientamento odierne in-
contrano così questioni di varia natura.
Ecco il motivo per cui appaiono spesso
eclettiche, addirittura sincretiche, me-
scolando strumenti o metodologie trat-
ti da diversi "strati" dell'evoluzione del-
le questioni di orientamento appena
menzionate.
Ciononostante, l'approccio in termini
di competenze è oggi dominante. Pro-
babilmente perché il modello del siste-
ma tecnico del lavoro ci sembra
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