Quaderno 36 - page 83

SPAZIO APERTO
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caso, non si tratterebbe di evitare
il conflitto ma di superarlo assie-
me. Il conflitto o meglio la tensio-
ne che si può verificare quando
si percepisce che l’altro può met-
tere in discussione i propri valori
o punti di vista, non può essere
superata attraverso la rimozione,
la negazione o l’evitamento, ma
solo attraverso il contatto che
spesso può essere faticoso. Stare
nel contatto ha in sé la capacità di
saper reggerne la tensione senza
scivolare nell’
escalation
. Questo
significa in termini pratici riu-
scire a vedere nell’Altro sempre
un altro essere umano e non un
nemico assoluto, un essere, che
per il fatto di non condividere la
nostra stessa visione, i nostri stes-
si valori o pensieri diviene una
sorta di ombra completamente
nera senza nulla di positivo. Una
specie di maschera su cui poter
proiettare ciò che di noi stessi
non possiamo scorgere o che
non ci piace. Se riusciamo a stare
nel contatto attraverso un atteg-
giamento di apertura, di ascolto
ed assertività, potremo renderci
conto di quali sono i nostri valori,
ma anche i miti su cui si regge la
nostra cultura. Spesso li abbiamo
dati per scontati, ma poi, quando
qualcuno ci pone in questione,
scopriamo che cosa vale per noi.
Come per il crocefisso, appeso
alla parete da così tanto tempo,
veniva quasi dato per scontato,
un oggetto, parte dell’arredo che
pochi notano; ora che qualcuno
lo ha messo in discussione, ci ha
fatto ricordare che quell’oggetto
appeso ha anche un valore, un si-
gnificato che ci tocca intimamen-
te. In questo modo, riusciamo a
comprendere quali sono le nostre
priorità quando qualcuno ci con-
fronta, ci rimette in discussione
altrimenti molto spesso restereb-
bero inconsce. Il contatto profon-
do è spesso un istante di tensio-
ne, saper cogliere questo attimo
come un’occasione di crescita
anziché di distruzione reciproca
è un’arte che si può apprendere e
che permette di vedere il mondo
con gli occhi dell’altro. Ciò con-
sente di avvicinare quello che
è il personale modello (mappa
rappresentazionale
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) o percezio-
ne spesso ridotta della realtà, ad
un modello più ricco, più ampio
e per questo più rispondente al
reale, al mondo in cui viviamo,
quindi più efficace, più forte e
re-
siliente
.
Ricapitolando, questa seconda
modalità presenta alcuni aspetti
positivi che possono così essere
sintetizzati:
rimane aperta alle diverse esigen-
ze del gruppo, permette attraver-
so il confronto maggior dialogo
tra diverse opinioni educando at-
tivamente alla gestione democra-
tica dei conflitti.
Trasmette il messaggio implicito
che a scuola, come nella società,
c’è spazio per tutti ed ognuno
può essere ciò che è, senza paura
di mostrarsi se il suo comporta-
mento è frutto di una libera scelta
e non viola leggi o lede altre per-
sone.
Che ogni simbolo religioso è por-
tatore di significati universali an-
tichi che ci legano gli uni agli altri,
e che proprio in questo spazio
profondo ed ampio è possibile un
dialogo autentico.
Che dialogare autenticamente è
un’arte che non insegna a con-
vincere l’altro ma a comprender-
lo, a sentire e vedere ciò che egli
sente e vede perché anche il no-
stro vedere e sentire diventi mi-
gliore.
Che è possibile la distinzione tra
comportamento ed identità per-
sonale e culturale. Ciò significa
che ogni comportamento lesivo
può e deve essere discusso, senza
per questo considerare le culture
di provenienza in termini di supe-
riorità o inferiorità.
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