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ORIENTAMENTO E SCUOLA
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te e comprese dall’insegnante, pos-
sono ripetersi in modo distruttivo
all’interno della relazione educativa.
Tuttavia, proprio per l’asimmetria
della relazione allievo-insegnante,
fermo restando l’attività di entrambi,
è responsabilità dell’insegnante, in
quanto adulto di riferimento, interve-
nire per migliorare la qualità della re-
lazione o per evitare la sua dannosità.
Questa considerazione a volte
porta a degli equivoci cioè l’idea
che la comprensione e l’accoglienza
dell’insegnante escludano di per sé
la frustrazione e che risolvano sem-
pre i problemi, oppure, che capire e
comprendere equivalgano ad una
funzione materna consolatoria so-
stitutiva (Blandino, 2008).
In realtà gli insegnanti svolgono,
come tutti gli adulti di riferimento,
diverse funzioni fondamentali nel
promuovere lo sviluppo del bambi-
no o del ragazzo. Le stesse funzioni,
che si possono esprimere per esem-
pio in quella
protettiva, consolatoria,
facilitativa o di sostegno e aiuto, ripa-
rativa, formativa, esercitativa, nor-
mativa, di investimento o aspettativa
positiva, di stimolo e di modello
, pos-
sono essere svolte anche da altre fi-
gure di riferimento. Le modalità con
cui queste funzioni vengono svolte
cambiano in base al ruolo dell’adul-
to, diverso è il genitore dalla baby
sitter, dall’insegnante o dallo psico-
logo. Ognuno di loro è tenuto però,
proprio per la responsabilità adulta
che gli appartiene, a svolgerle; non
è possibile sottrarsi, pena un’espo-
sizione del bambino a un maggiore
rischio di malessere.
L’aspettativa positiva nelle capa-
cità di riuscita di un bambino, è un
esempio di funzione dell’adulto di
riferimento che condiziona il suc-
cesso di un bambino, come ben
spiegato dal fenomeno della ‘profe-
zia che si autoavvera’, o cosiddetto
‘effetto Pigmalione’; tale investi-
mento è importante non solo da
parte del genitore fin dai primi anni
di vita, ma anche da parte dell’inse-
gnante, come dimostrato da diver-
si esperimenti compiuti proprio in
ambito scolastico dove le prestazio-
ni scolastiche sono state fortemente
condizionate dall’aspettativa positi-
va degli insegnanti.
Le diverse modalità di svolgi-
mento delle funzioni di riferimento
dipenderanno anche dall’età del
bambino e dallo specifico momen-
to evolutivo che sta vivendo; sap-
piamo come con i bambini in tene-
ra età sia fondamentale utilizzare
un canale non solo verbale, come
invece sarebbe preferibile con gli
adolescenti, e come in un momento
di crisi o di regressione può essere
utile accompagnare le parole con la
vicinanza fisica, anche quando ab-
biamo a che fare con degli adulti.
Ritornando all’equivoco che la
comprensione costituisca una pre-
rogativa materna e che escluda in-
terventi normativi, esso deriva da
una interpretazione banalizzante
dell’azione del comprendere, come
se fosse sinonimo di una benevola
complicità dell’insegnante. Com-
prendere le cause relazionali di un
comportamento inadeguato non
esclude affatto interventi disciplina-
ri, ma la sanzione non accompagna-
ta dalla comprensione di ciò che l’ha
prodotta rischia di essere un inter-
vento svuotato di senso, derespon-
sabilizzante e quindi inefficace.
Comprendere il senso relaziona-
le di ciò che accade, oltre ad esse-
re un’azione di considerazione nei
confronti della persona dell’allievo,
persona comunque dipendente e
con meno responsabilità dell’adul-
to-insegnante, è anche un mezzo
per raggiungere gli obiettivi didatti-
ci e gli obiettivi sociali. Comprende-
re perché un allievo non apprende,
non significa essere benevoli, ma
poter intervenire più efficacemente.
Non ultimo, l’attenzione dell’inse-
gnante agli aspetti relazionali può
produrre un miglioramento anche
della sua soddisfazione persona-
le, poiché le maggiori difficoltà del
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