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QUADERNI DI
ORIENTAMENTO
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In una ricerca condotta nelle scuo-
le superiori della città di Mantova
(Vezzani, Tartarotti, 1988) che inda-
gava quali erano i fattori correlati
al benessere e al malessere dei ra-
gazzi a scuola, è emerso che il 48%
degli studenti intervistati percepi-
va ‘indifferenza’ da parte degli inse-
gnanti e il 6% ‘freddezza’; i ragazzi
indicavano questa mancanza di
relazione come la causa principale
del loro malessere.
Anche dalle ricerche IARD (Caval-
li, 1992), sulla condizione giovanile,
emerge che per l’85% dei giovani il
disagio rispetto alla scuola è legato
a difficoltà relazionali nell’incontro
con insegnanti che non considere-
rebbero i problemi dei ragazzi, che
sarebbero severi in modo ingiusti-
ficato, ingiusti e non trasparenti
nella valutazione.
In una ricerca condotta in alcu-
ne scuole superiori di Milano nel
2005/2006, rappresentanti tutte le
tipologie di scuole, è emerso che ri-
spetto alla valutazione della positivi-
tà dell’esperienza scolastica al primo
posto i ragazzi collocano i rapporti
con i compagni e solo al quarto po-
sto i rapporti con gli insegnanti; più
di uno studente su tre ritiene che i
docenti non aiutino gli studenti in
difficoltà, più della metà ritiene che
siano ingiusti e parziali e uno su tre si
sentemale all’idea di andare a scuola
(cit. in Nigris, 2006).
Tutti questi dati esprimono con
forza la necessità di tener conto del
peso dell’aspetto relazionale nel
contesto educativo, sia nel determi-
nare benessere o malessere, sia nel
favorire le attività di apprendimento
e la regolazione del comportamento
degli allievi. D’altro canto, come af-
ferma Pennac i ragazzi non vengono
a scuola mai da soli, ma“in classe en-
tra una cipolla: svariati strati di ma-
gone, paura, preoccupazione, ranco-
re, rabbia, desideri insoddisfatti, […].
La lezione può cominciare solo dopo
che hanno posato il fardello e pelato
la cipolla„ (Pennac, 2007, p. 55).
Creare relazioni positive con gli
allievi a scuola è importante, ma
diventa indispensabile soprattutto
con i bambini che vivono realtà re-
lazionali ad alto rischio. Una buona
relazione con l’insegnante può co-
stituire l’unica possibilità di uscita
dal meccanismo della vulnerabilità
o è quantomeno importante che
l’insegnante non diventi egli stesso
elemento di rischio o di danno.
La tentazione di alcuni insegnanti
di rinunciare nell’azione educativa
con gli allievi che hanno alle spalle
famiglie poco collaboranti, confu-
sive, patologiche o che boicottano
il progetto educativo della scuola
è comprensibile ma, nel caso in cui
venga agita, potrebbe rappresen-
tare una sommatoria di rischio o di
danno per il ragazzo.
La percezione di sentimenti di im-
potenza, di confusione, di demotiva-
zione nella relazione con bambini e
ragazzi problematici, oltre che de-
rivare dalle difficoltà individuali di
gestione dell’insegnante, sono spes-
so lo specchio di quello che accade
nelle dinamiche relazionali dei con-
testi familiari dei ragazzi. La relazio-
ne con l’insegnante risente infatti del
fenomeno del transfert, scoperto da
Freud nel contesto della cura psicoa-
nalitica, ma che oggi sappiamo pre-
sentarsi anche in altri contesti carat-
terizzati da vicinanza e da costanza
come quelle del rapporto educativo.
Proprio per l’esistenza di questi mec-
canismi psicologico-relazionali ”[…]
la difficoltà di sviluppo di un bambi-
no può attivare a sua volta difficoltà
nel processo educativo; si può ge-
nerare una circolarità dinamica per
cui l’ambiente invece di sviluppare
risorse si costituisce quale specchio
rifrangente delle difficoltà
(Mazzon-
cini, Freda, 2000, p. 221).
Il rischio che l’insegnante sosten-
ga dinamiche dannose è più alto
quando lavora con allievi problema-
tici proprio perché essi stessi trasfe-
riscono nella relazione dinamiche
patologiche che, se non riconosciu-
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