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cativo garantito per i suoi figli ecc.
Il soldato anch’esso inquadrato in
un ruolo determinato difende tale
sicurezza da eventuali incursioni
nemiche. Difendendo la nazione,
il gruppo in cui egli stesso si iden-
tifica, il soldato difende se stesso,
la sua famiglia e trova un senso al
vivere ed al morire. Nell’analisi
simbolica della nazione, egli va a
morire per la propria Madre Patria
che lo genera, lo nutre, ma che
(nel suo volto terrifico) ne ri-
chiede anche il sacrificio estremo.
Nella salvezza della Madre Patria
l’individuo proietta la propria sal-
vezza, traslando su un piano arti-
ficiale la sua realtà vitale che da
bambino lo aveva legato alla sal-
vezza della madre
5
. All’Io indivi-
duale si sostituisce il noi collettivo
nazionale. Questa sostanziale per-
dita dell’individualità identificata
nel collettivo nazionale, impedisce
o comunque ostacola fortemente
la possibilità di individuazione di
sé e di espressione dell’autenticità
del singolo. In altri termini, pre-
clude il contatto con l’Altro in-
terno ed identifica l’Altro esterno
in quanto nemico. L’individuo in-
serito nel proprio gruppo d’appar-
tenenza nazionale avverte il ne-
mico pubblico (hostis) come se
questo fosse il suo nemico perso-
nale (inimicus) e su di esso ten-
derà a scaricare ogni responsabi-
lità di ogni male interno alla col-
lettività. L’Altro esterno non è più
dunque un individuo ma diviene
un collettivo, una massa informe
priva di volto e dunque di identità.
“Quando l’Altro si dissolve nei
Molti, la prima cosa da lavare via è
il volto. L’Altro (gli Altri) è (sono)
ora senza volto. Sono persone
(“persona” deriva dall’etrusco
phersu che significa maschera, e le
maschere nascondono i volti, non
li svelano)”
(Bauman, 2001)
.
Gli
individui devono (soprattutto in
questa fase sociale) confrontarsi
con maschere omologanti (classi,
stereotipi, gruppi d’appartenenza,
nazioni, ecc.) e non più con volti.
Così ognuno imparerà a compor-
tarsi sulla base della maschera che
ha davanti indossando egli stesso
la propria e finendo con identifi-
carsi con essa. La nazione si de-
linea dunque come collettivo (noi)
che si definisce rispetto ad altri
collettivi appartenenti a nazioni
diverse (essi). Nel suo originario
mitologico essa si fonda sull’ucci-
sione del nemico-fratello (Caino e
Abele, Romolo e Remo ecc.). Sul-
l’Altro esterno, il nemico, la na-
zione proietta la propria Ombra e,
nell’uccisione del nemico in
guerra rigenera i propri confini.
L’eroe della patria, il sopravvis-
suto, il vincitore che ritorna dalla
guerra, è colui che ha ucciso lo
straniero-fratello colui che pos-
siede la sua Ombra. In tal senso il
soldato vittorioso, lascia sul
campo assieme al nemico morto,
trucidato dalla battaglia, dilaniato
nei campi di sterminio, la sua
parte più preziosa e non si accorge
così di aver ucciso nell’Altro se
stesso, la sua anima.
In sintesi, nel contesto della
prima modernità, l’Altro interno
appare difficilmente contattabile
in quanto l’individuo che risulta
tendenzialmente identificato con
la propria nazione d’apparte-
nenza è costretto ad agire sulla
base del ruolo affidatogli; quello
esterno s’incarna nella figura del
nemico appartenente ad un’altra
nazione; l’Altro trascendente si
proietta in una fede terrena, seco-
larizzata, che vede precipitare
nell’immanente dell’ideologia na-
zionalista i simboli un tempo ap-
partenuti al sacro. La nazione, in
tale contesto sociale, diviene una
trascendenza pratica (E. Nolte).
Questa, a differenza della trascen-
denza mistica, è una totalità che
non riesce mai ad essere univer-
sale, a rappresentare un senso per
tutta l’umanità, e distingue chi vi
appartiene, il noi, da chi non vi
appartiene, l’essi. È una piccola
porzione di totalità elevata a cuore
del mondo o dell’universo, è la
parte che venera se stessa.
Con la perdita di potere dello stato
nazione e l’avvento della globaliz-
zazione, questo triplice rapporto
con l’Altro muta. In primo luogo
decade l’identificazione dell’Io nel
Noi nazionale e mutano i ruoli so-
ciali che risultano sempre meno
prestabiliti. A livello relazionale si
assiste ad un graduale muta-
mento. Le relazioni non sono più
gestibili sulla base della fissità di
ruoli, la coppia rimane unita
finché resiste il rapporto e non per
dovere, muta l’organizzazione del
lavoro. Dal lavoratore dell’impresa
fordista, che compie mansioni
meccaniche e ripetitive in cambio
di sicurezza si passa ad un tipo di
organizzazione postfordista. Que-
st’ultima si caratterizza per una
maggiore flessibilità ed il lavora-
tore diviene sempre più imprendi-
tore di se stesso. La società rigida
(fordista) diviene flessibile (po-
stfordismo), il lavoro non è più un
diritto del singolo di cui la società
deve farsi carico ma un impegno
individuale sempre più flessibile
ed anche sempre più precario. La
progressiva tecnicizzazione del
mondo assume una posizione
centrale a livello sociale che ac-
compagna il processo di progres-
L’ACCOGLIENZA DELL’ALTRO
TRA SCUOLA E SOCIETÀ
26
QUADERNI
DI
ORIENTAMENTO
31
5
D. Mazzù
, Violenza, colpa e riparazione. Il
circuito della responsabilità e la lotta tra fra-
telli” in “La contesa tra fratelli”
G. M.
Chiodi, a cura di, op. cit. p. 187.
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