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gnare tutto ciò, senza essere au-
tentici, accoglienti, aperti al-
l’Altro.
Il cuore dell’accoglienza è la ca-
pacità d’ascolto, di fare silenzio
iniziando da noi stessi. La parola
che nasce dall’accoglienza di sé
sgorga dal silenzio e si rivela pa-
rola autentica che esprime l’es-
sere. Come quando gli alunni
fanno silenzio in aula e in
questo modo si può sentire ciò
che dice il professore, così suc-
cede anche dentro di noi:
quando si mettono a tacere le
voci più piccole provenienti dal-
l’Io, può farsi udire una voce,
che sta ad un altro livello.
Questo ha a che fare con l’a-
scolto delle nostre emozioni,
delle nostre parti interne ed
averne consapevolezza crea il
giusto spazio interiore per acco-
gliere l’Altro esterno, ascoltare i
suoi vissuti, comprendere i suoi
punti di vista, vestire i suoi
panni. La riscoperta di queste
capacità umane rattrappite dal
loro scarso utilizzo di lunga
data, crea la possibilità di acqui-
sire maggiore consapevolezza
del livello di interdipendenza
nel quale effettivamente vi-
viamo, fino a toccare l’aspetto
più sacro e trascendente che ci
caratterizza in quanto esseri
umani. Ciò è fortemente con-
nesso con le personali capacità
di andare al di là dell’Io, di su-
perare l’aspetto meccanico del
nostro agire e consente di con-
tattare l’Altro, di scoprire l’uni-
versalità insita nel Sé e l’inter-
connessione tra identità diverse
di cui siamo parte. A livello d’in-
segnamento significa cambiare
prospettiva. Nella classica divi-
sione dei ruoli, l’insegnante in-
segna e l’alunno passivamente
impara. L’insegnante identifi-
cato nel suo ruolo, non può ap-
prendere dall’alunno, egli guarda
l’alunno dall’alto in basso. Tut-
tavia, reputo che nulla sia più
educativo del sapersi far piccoli e
guardare l’Altro, negli occhi.
Solo così può risultare possibile
scoprire le capacità, la specialità
di chi abbiamo di fronte, solo
così possiamo accogliere l’Altro
ed imparare da lui, dal suo vis-
suto, dal suo essere. Osservando
dall’alto tutto appare piccolo,
ma più siamo noi a farci piccoli
più permettiamo all’Altro di
emergere, di crescere di essere
ciò che é. Come si diceva, tale
percorso non può essere tra-
smesso come una mera tecnica
di comunicazione, di acco-
glienza, utile forse nei corsi per
venditori scadenti, ma richiede
uno sviluppo profondo dell’in-
tera persona e la volontà di ap-
profondire una verità, una giu-
stizia, un’intesa che superi le
singole parti. L’accoglienza così
intesa diviene vera, spontanea,
fondata sul dialogo altrettanto
autentico tra diversità, appare
come un punto d’arrivo di un
lungo e periglioso cammino che
trasforma il problema straniero
in risorsa, in capitale sociale e
diviene fonte di sviluppo soste-
nibile per la società intera. L’a-
gire (attraverso l’essere) uno
stile educativo che includa
questa tipologia profonda di ac-
coglienza equivale a generare,
per mezzo di un’educazione in-
terculturale sostenibile ed uma-
nizzante, maggiore equilibrio
che cura lo sviluppo della per-
sona in senso olistico. Ciò tra-
sformerebbe il ruolo della scuola
da strumento ufficiale di conser-
vazione dell’ordine e meccanica
clonazione del sociale, a elemento
centrale,
Axis mundi
di rinnova-
mento e sviluppo, profonda scin-
tilla di cambiamento per un fu-
turo forse ancora possibile.
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L’ACCOGLIENZA DELL’ALTRO
TRA SCUOLA E SOCIETÀ
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QUADERNI
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