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lità della crescente fattibilità
(Offe,
1988). Fare i conti con i propri li-
miti genera un senso di sfiducia
verso il sapere scientifico. Ciò
contribuirà a produrre quella che
viene tecnicamente definita
fine
delle grandi narrazioni. Per
grandi narrazioni
si intendono
univoche spiegazioni del mondo.
Nella postmodernità anche l’ul-
tima fede pratica nel progresso
viene posta in discussione. Ci si
rende conto che l’espansione in-
finita dell’Io indipendente con-
duce all’autodistruzione in un
contesto sempre più interdipen-
dente ed interconnesso. Il mondo
pare più che mai scisso in due
parti: da un lato il globo scruta-
bile, razionalizzato, confutabile
ma soprattutto sfruttabile econo-
micamente, e dall’altro l’aspetto
vitale, il pianeta, lo spazio a cui
ognuno di noi appartiene e senza
il quale l’intera umanità rischia
la sopravvivenza. Agire attra-
verso il paradigma dell’indipen-
denza (fare esclusivamente i
propri interessi senza curarsi
delle conseguenze più globali) in
un contesto tale è inefficace oltre
che pericoloso (per tutti e
dunque anche per l’individuo
agente). Per tale motivo appare
sempre più necessario recupe-
rare il rapporto con l’Altro a tutti
i livelli. In primo luogo con
l’Altro interno o meglio nel rap-
porto con noi stessi. Sintomatico
del mutamento sociale appare
dunque il diffondersi del bisogno
di autenticità. L’individuo post-
moderno più che autonomo mira
ad essere autentico, in altri ter-
mini spontaneo. Tuttavia in
questa fase spesso si confonde
l’autenticità dell’essere completo
(in contatto con le sue parti in-
terne) con atteggiamenti reattivi
di tipo egoico legati più alla ne-
vrosi individuale e collettiva. Chi
per abitudine, giorno dopo
giorno, indossa una maschera di
apparenza al fine di rispondere
alle richieste del mercato (effi-
cienza, salute, bellezza), finisce
con il pensare di essere quel
volto e scorda l’altro che rimane
celato anche a se stesso. Questo
si riscontra per esempio nella
tendenza altrettanto diffusa a
confondere i desideri (che appar-
tengono all’ego) con i bisogni
profondi. Esempio: si crede di
aver bisogno dell’automobile ul-
timo modello o delle iniezioni di
botulino, in realtà il bisogno è
spesso celato dal desiderio del-
l’oggetto; in tal caso il bisogno
reale potrebbe essere quello di es-
sere stimato, riconsociuto dagli
altri o semplicemente amato. Per
essere amati è necessario, fonda-
mentale, possedere quell’automo-
bile? O avere un volto perfetto?
Ognuno risponda per se stesso, a
volte l’oggetto soddisfa il bi-
sogno, a volte no. Comunque, sta
di fatto che soddisfare un desi-
derio non equivale a soddisfare
automaticamente un bisogno. Il
rischio di questa confusione è
quello di essere eterni insoddi-
sfatti, tendenzialmente depressi
nel tentativo (perso in partenza)
di riempire un vuoto interiore at-
traverso l’introiezione bulimica
di oggetti esterni. Appare impor-
tate dunque non confondere la
parte con il tutto ovvero l’Io con
il Sé, i desideri con i bisogni. Es-
sere se stessi, essere autentici,
passa per il riconoscimento ed il
contatto con l’Altro. In primis
quello interno. L’Io è la parte in
cui mi riconosco tendenzial-
mente razionale, all’Altro in-
terno appartengono le emozioni,
i sentimenti, gli archetipi ecc.
Bauman afferma che l’utilità si
connette alla ragione ed il valore
all’amore. S. Freud sosteneva
qualcosa di simile affermando
che un essere umano può consi-
derarsi guarito dalla sua nevrosi
nel momento in cui impara a fare
due cose: a lavorare e ad amare.
Attraverso il lavoro egli riesce a
scambiare con il suo ambiente ot-
tenendo quanto gli serve per so-
pravvivere. Questa capacità può
essere ricondotta facilmente alle
funzioni dell’Io. Nel rafforzare
questa parte di sé egli riesce ad
essere sempre più efficiente so-
cialmente, e a rendersi sempre
più indipendente, a distaccarsi
(in senso psicoanalitico) dalla
madre che lo aveva nutrito. In tal
senso, l’Io è utile all’individuo
ma non è l’individuo. L’amore si
lega al bisogno di contatto ricer-
cato fin dal momento della na-
scita (il primo distacco). Tutta la
vita dell’individuo può essere ri-
letta come una continua ricerca
tra bisogno di distacco, di auto-
nomia (tendenza centrifuga) e
quello di contatto (tendenza cen-
tripeta). L’amore, l’affettività, il
contatto, la relazione toccano
aspetti più intimi, il cui luogo si
colloca nella struttura più
profonda del Sé. Il Sé è relazio-
nale per se stesso, non può for-
marsi senza la presenza del-
l’Altro, è per definizione lo spazio
dell’uno e del molteplice. Per
questo si può affermare che il Sé
non è indipendente ma interdi-
pendente ed è interculturale per
se stesso. Esso non può ritenersi
utile in senso stretto, ma rappre-
senta ciò che ha valore. Il Sé come
l’Altro vale per ciò che é. Rappre-
senta un fine e mai un mezzo. La
riscoperta nella postmodernità
del valore della relazione e del-
l’affettività si riflette nell’agire
individuale. La tendenza generale
L’ACCOGLIENZA DELL’ALTRO
TRA SCUOLA E SOCIETÀ
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QUADERNI
DI
ORIENTAMENTO
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